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9 giugno 2016

Mar Sako: unità fra cristiani e musulmani, per salvare l’Iraq dalla follia dello Stato islamico

 
Non una guerra “islamo-cristiana”, ma una “lotta per il potere e il denaro” perpetrata in “nome della religione”, contro la quale bisogna opporre le armi dell’unità, della fratellanza, della condivisione reciproca per mantenere vivo il Paese. Con queste parole, diffuse in una nota ufficiale, il patriarcato caldeo ricorda i due anni dall’invasione di Mosul da parte delle milizie dello Stato islamico, che nei mesi successivi si sono espanse sino a conquistare metà del territorio in Iraq e nella vicina Siria.
Nel messaggio, inviato per conoscenza ad AsiaNews, la Chiesa irakena esprime “tristezza, dolore e ansia” per il secondo anniversario “della tragedia” che ha colpito “la popolazione di Mosul”. Nella notte fra il 9 e il 10 giugno 2014 la cosiddetta “capitale” del nord dell’Iraq è finita sotto “l’occupazione” del movimento jihadista, dando vita ad un esodo senza precedenti “della popolazione, soprattutto i cristiani”.
Il movimento estremista islamico ha attaccato per “sradicare la cultura” dei popoli di quella terra, soprattutto i cristiani, cancellandone “la storia e le memorie”. 
Due mesi più tardi, prosegue il comunicato a firma del patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako, la tragedia si è estesa “alla piana di Ninive”, con centinaia di migliaia di persone nella notte fra il 6 e il 7 agosto costrette ad abbandonare in tutta fretta cittadine e villaggi, da Qaraqosh a Karameles.
Essi hanno trovato riparo a Erbil e in altre aree del Kurdistan irakeno, dove molti vivono ancora oggi in condizioni precarie, in attesa di rientrare nelle loro case. 
Proprio per rispondere ai bisogni dei profughi, AsiaNews ha lanciato all’indomani della tragedia la campagna  “Adotta un cristiano di Mosul”, che prosegue dopo l’emergenza immediata per rispondere ai bisogni di lungo periodo. L’obiettivo è fornire a tutte le famiglie un alloggio stabile e sicuro dove poter vivere; il costo complessivo del progetto è di circa 3,5 milioni di euro; finora la campagna ha permesso la raccolta e l'invio di circa 1,2 milioni. 
Il patriarcato caldeo sottolinea che contro “questi eventi crudeli e spaventosi” è necessario trovare una soluzione che “venga da dentro, dall’interno del Paese, dagli irakeni stessi”, che devono essere in grado di risolvere le dispute e lasciare da parte i contrasti. È necessario, avverte la nota, “cambiare il modo di pensare, l’approccio” alla realtà e ai problemi, dando vita a una “reale volontà politica di riconciliazione”. Unita a una “visione chiara” del futuro e a una “riforma organica” per affrontare e risolvere i problemi. 
Mar Sako insiste nell’affermare che questa “non è una guerra islamo-cristiana” e che, a prescindere dalle differenze della fede, del credo (anche politico) quello che conta è l’unione di intenti per affrontare e vincere la sfida posta da Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico, SI]. In questo “mese sacro [Ramadan] per i musulmani” e in concomitanza con “l’Anno giubilare della misericordia”, avverte il patriarca, “non dobbiamo permettere la divisione confessionale”, ma nutrire “fede, pazienza e speranza”.
L’auspicio, conclude la nota, è che la città di Mosul e i villaggi della piana di Ninive siano presto “liberate” e che in questa terra tornino “pace, sicurezza e uguaglianza per tutti”. Da ultimo, mar Sako chiede a tutta la comunità cristiana di “mostrare solidarietà” ai profughi e “continuare la missione gloriosa con coraggio, promuovendo cooperazione e convivenza fra concittadini”.

Déclaration a l'occasion du deuxième anniversaire de l'occupation de Mossoul par Daesh (EI)