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19 maggio 2016

A Erbil la Chiesa caldea rilancia la missione in Iraq e fra le comunità della diaspora

 
In concomitanza con l’Anno della misericordia indetto da papa Francesco, e in un periodo di crisi profonda attraversato dall’Iraq, la Chiesa caldea promuove un incontro del clero per rilanciare l’opera pastorale e la missione nel Paese e fra le comunità della diaspora. Il summit è in programma il 20 e il 21 giugno a Erbil, nel Kurdistan irakeno, dove hanno trovato rifugio centinaia di migliaia di cristiani in fuga da Mosul e dalla piana di Ninive con l’ascesa dello Stato islamico nell’estate del 2014. L’evento sarà anche occasione, come ha scritto il patriarca caldeo, per ripensare all’opera di evangelizzazione e al ruolo del sacerdote nella comunità. 
In un documento pubblicato sul sito del patriarcato, e inviato per conoscenza ad AsiaNews, mar Louis Raphael Sako sottolinea l’esigenza di “rilanciare” la missione della Chiesa caldea e il ruolo del clero nel Paese. Egli richiama gli insegnamenti contenuti nel Vangelo, per un “risveglio umano, spirituale e nazionale” di fronte alle “sfide attuali, ai rischi e alle tentazioni”. 
L’Iraq sta attraversando un periodo di profonda crisi, non solo politica dovuta allo stallo delle istituzioni e alla crisi di governo, ma pure sul piano sociale e della sicurezza, con attacchi continui nella capitale e in altre aree del Paese che mietono centinaia di vittime fra la popolazione civile. E la stessa comunità cristiana vive una forte crisi di identità, acuita dall’esodo - nell’ultimo decennio - di quasi metà della popolazione in cerca di riparo all’estero. 
I “cambiamenti rapidi” che si registrano nella politica e nel sociale, avverte mar Sako, e che hanno registrato una escalation “dalla caduta del regime” di Saddam Hussein nel 2003, “hanno interessato tutti gli aspetti della vita, compresa quella dei sacerdoti”. Uno stravolgimento che ha “fatto emergere”, aggiunge, “molteplici domande fondamentali” che vanno a toccare “la vocazione sacerdotale e l’impatto sulla missione di oggi”. 
Il futuro della Chiesa caldea, spiega il patriarca, “dipende in primo luogo dalla qualità del suo clero” e i suoi vertici devono trovare “un nuovo stile nell’amministrazione e nella formazione/insegnamento”, per rispondere ai problemi emersi in Iraq e nelle comunità della diaspora.
Mar Sako offre quindi una serie di spunti su cui riflettere, in preparazione all’incontro di giugno a Erbil: come “vivere la vocazione e la missione” in “circostanze imprevedibili”; come “testimoniare il Vangelo” con “gioia, speranza, lealtà e ammirazione”; usare le omelie per “influenzare in modo positivo” il cuore e l’animo dei parrocchiani; perché sempre più fedeli si uniscono ai gruppi evangelici, se questa crisi è dovuta a “indifferenza” o “abbandono” dei sacerdoti; e ancora, il tema dell’inculturazione, l’incontro con i non-cristiani e come conciliare l’impegno pastorale con il richiamo alla preghiera e alla meditazione. 
Analizzando il ruolo del clero, il patriarca caldeo ricorda il richiamo evangelico “all’amore, al servizio, alla cura dei più vulnerabili”, e a essere sempre “un segno di speranza” per i fedeli; inoltre, egli lancia un monito contro quanti “sfruttano l’autorità” che deriva dalla veste per un “tornaconto personale” che finisce per danneggiare la Chiesa e ne mina le fondamenta. Mar Sako chiede anche a tutti i membri della comunità caldea di guardare a Cristo, facendo seguire “con l’esempio” i principi e i valori predicati. 
Infine, il patriarca caldeo invita i suoi sacerdoti a non perseguire un modello “ideale”, ma “ammettere che facciamo errori” che vanno ammessi e ai quali è poi necessario porre rimedio, piuttosto che “accumulare segreti”. In vista dell’incontro chiede a tutti di “prepararsi in modo serio”, che dovrà “rafforzare la vocazione” e dare un nuovo impulso alla missione della Chiesa.