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7 aprile 2016

Sorrisi di bimbi nelle zone di guerra

By Il Nostro Tempo
Luigia Storti

In Egitto, a Gaza ed in Iraq, la missione di Marco Rodari, il “claun” –scritto proprio così per non confonderlo con l’artista circense– Il Pimpa, dimostra come non sia indispensabile far parte di grosse organizzazioni per contribuire ad alleviare le sofferenze delle popolazioni in zone “calde” del mondo. Da anni, da solo, Il Pimpa viaggia tra quei paesi per far sorridere i bambini e far dimenticare loro, anche se solo per il tempo di uno spettacolo, gli orrori che hanno vissuto, con l’aiuto di un naso rosso, un cappellino con un’elica ed un valigetta piena zeppa di meravigliose magie.  
Il claun, ci dice Marco Rodari, “è una distrazione positiva per i bambini ricoverati in ospedale o che vivono nelle zone di guerra, che sia ad alta o a bassa intensità.”

Come è arrivato Il Pimpa ad operare in quelle zone?
“Dopo la formazione in oratorio, e dopo essermi ispirato a maestri della clowneria come il Mago Sales ed il Mago Margherito con i quali tuttora collaboro, ho conosciuto in Egitto Padre Luis Montes, missionario dell’ordine religioso del Verbo Incarnato ed ho così deciso che anche a Gaza ed in Iraq era indispensabile
'far sorridere il cielo'”
Ci racconti la sua esperienza a Baghdad...
“Ormai da anni passo il Natale nella capitale irachena facendo capo alla diocesi latina. Incontro i bimbi che si ritrovano in chiesa, ma anche i bimbi disabili ospitati e curati dalle suore di Madre Teresa, e quelli che sono stati costretti a fuggire dal territori del nord dell’Iraq conquistati dallo stato islamico e che vivono in un campo profughi.
Sono tutti bambini che hanno davvero bisogno di distrarsi per dimenticare e per sentirsi uguali a tutti gli altri bambini del mondo. Non è facile vivere in una città dove i servizi essenziali come l’acqua e l’elettricità vengono erogate a singhiozzo, e dove ogni giorno ci sono morti e feriti per le autobombe. Per la mia esperienza calcolo il livello di pericolosità proprio dal numero di attentati, il 2013 è stato senza dubbio l’anno peggiore mentre lo scorso Natale il loro numero è stato minore. Nonostante tutto ciò, però, ci sono delle occasioni particolari, come ad esempio la giornata in cui, durante le festività natalizie, tutti i bambini cristiani di tutte le diverse confessioni si ritrovano in una sola chiesa ed è un piacere vederli riuniti e vederli sorridere.”

Lei, però, non porta il sorriso solo ai bambini cristiani...
“No, d’altra parte quando si opera anche negli ospedali non si scelgono i pazienti cui fare coraggio e stare vicini. A Baghdad, ad esempio, la fortuna mi è venuta in aiuto. Per puro caso ha assistito ad uno dei miei spettacoli un pezzo grosso del Ministero dell’Istruzione che ha apprezzato ciò che stavo facendo e che dal giorno dopo mi ha fatto avere il permesso di “far sorridere” i bambini di tutte le scuole della città, a prescindere dalla loro religione. A Gaza posso già entrare in tutte le scuole e negli ospedali, a Baghdad è un grosso passo in avanti”

Baghdad è una città vastissima, ha davvero visitato tutte le scuole?
“No, ma certamente moltissime, e mi è capitato di fare più spettacoli in un giorno.”
Lei passa a Baghdad il periodo di Natale. E poi? Cosa succede quando torna in Italia?
“Tra gli scopi dei miei viaggi c’è anche quello di formare chi mi può sostituire. Certo però a Baghdad è più difficile che a Gaza. Se, infatti, per i gazawi lasciare la Striscia è difficilissimo, in Iraq il problema è inverso. In una situazione così incerta, e con una popolazione la cui permanenza in un luogo è legata agli avvenimenti che si susseguono a volte freneticamente, posso formare un gruppo di giovani ma non è detto che i suoi componenti non fuggano via, verso altre parti del paese o verso l’estero. In ogni caso posso insegnare ai bambini delle piccole magie che a loro volta replicheranno a casa o nei containers del campo profughi facendo sorridere gli amici ed i parenti. Per adesso a Baghdad questo è già un risultato.”

Nei paesi in cui opera lei non porta solo il sorrriso ma anche aiuti concreti, ad esempio, anche nel campo profughi di Baghdad. Di cosa si tratta?
“Tutto ciò che faccio nei mesi di permanenza in Italia è finalizzato a raccogliere fondi per sostenere i vari progetti. Nel particolare a Baghdad abbiamo acquistato 135 armadietti di plastica per i containers dove vivono i profughi. Può sembrare poco ed inutile, ma non lo è. Avere uno spazio per le proprie cose, per quanto piccolo come quello di un armadietto, se si vive in condizioni disagiate è  importante. Dà il senso di 'casa' a ciò che casa, purtroppo non è. E’ un pezzo della dignità che una tale sistemazione ha cancellato. E’ difficile decidere a priori a cosa serviranno le somme raccolte ma per fortuna i sacerdoti del Verbo Incarnato che conoscono bene quelle realtà mi sono di aiuto. Ad Alessandria d’Egitto, ad esempio, abbiamo costruito una grande aula per fare scuola e per le attività ludiche, e dato ospitalità a 30 bambini che vivevano in un autobus, ma ora dobbiamo pensare ad ingrandire la “Casa della Carità” per accogliere altri 30 bambini.  A Gaza ai vari progetti abbiamo aggiunto quello di sostegno alla famiglia di un bambino disabile che ha quattro sorelline.”
Lei raccoglie fondi in Italia anche con gli spettacoli. Che reazioni vede nei bambini ai suoi racconti di realtà tanto lontane da loro e così difficili?

“I bambini italiani, ma diciamo tutti i bambini che hanno la fortuna di non vivere in zone di guerra o disagiate, hanno perso il senso della meraviglia, dello stupore. Tutto ciò che vedono e sanno passa attraverso la realtà virtuale dello schermo televisivo o dei videogiochi, ma quando quelle realtà vengono raccontate loro da una persona in carne ed ossa ecco che riaffiora la meraviglia e la generosità tipica dei bambini che, seppure divertendosi, magari  rinunciano alla merendina per donare qualcosa ai bambini meno fortunati.”
Egitto, Gaza. Iraq. Altri progetti in futuro?
“Mi piacerebbe far sorridere i bambini del Kurdistan iracheno, specialmente quelli che ancora vivono nei campi profughi, ma per adesso è ancora un pensiero che deve trovare concretizzazione nella raccolta di fondi e nella stesura di un progetto.  
 
Racconti, poesie e foto in un libro esemplare

LA GUERRA IN UN SORRISO
Il primo passo è lento e stupito,
si guarda intorno e calpesta solo terra ridistrutta.
Tutti gli altri sono forsennati!
... e passano veloci i chilometri di reticolato metallico, che segnano
il trapasso in quella terra di nessuno, che ti porta all’inferno.
Alla fine del tunnel non c’è più alcun controllo, solo il ronzare di
enormi zanzare, travestite da droni.
Fuori, non c’è più un fuori.
Oggi, non c’è domani.
Gli F16 lasciano un segno nel cielo, pungendo lontano;
perché qui, non c’è più nulla da uccidere.
Sentirsi, solo ed unico essere vivo, 
ti fa piccolo e immenso.
Baghdad è un inferno in terra dove la speranza è forse solo nel sorriso dei bimbi. In anteprima l’incipit del libro “La guerra in un sorriso” scritto da Marco Rodari ed in uscita ad aprile 2016, che riassume in 15 foto del fotografo gazawo Yazan David, 15 poesie e 15 racconti le sue esperienze di “claun” in Egitto, a Gaza ed in Iraq. Racconti come quello di Nura, che vive nella casa di Madre Teresa a Baghdad, e che al momento del pranzo: prende il manico del cucchiaio con la bocca, riempie il cucchiaio di riso, lo posiziona in equilibrio perfetto sul piatto, cattura il manico sotto l’ascella sinistra e fa un sol boccone!”
Perchè Nura è senza braccia, ma sorride, come ogni bambino vuole e può fare anche nei momenti e nelle situazioni più tragiche.
Il ricavato della vendita del libro sarà destinato al sostegno dei progetti dell’Associazione Per far sorridere il cielo. Claun Il Pimpa onlus. www.ilpimpa.it