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18 febbraio 2016

Ghanim, l’unico cristiano di Batnaya: «Io, nelle mani dell’Isis per salvare mio figlio disabile»

Riccardo Bicicchi
 

 
«Quando le milizie dell’Isis stavano per occupare il nostro villaggio tutta la popolazione è fuggita, io sono rimasto perché mio figlio è gravemente ammalato».
È iniziata così l’odissea di Ghanim, l’unico cristiano di Batnaya, villaggio a pochi chilometri da Mosul, che ha scelto di non scappare per non condannare a morte certa suo figlio, bloccato a letto da una paralisi cerebrale che lo ha condannato ad una vita da vegetale.
«Le famiglie musulmane hanno accolto i terroristi con grandi manifestazioni di gioia, ma dopo poco hanno mostrato il loro vero volto, avevano delle facce da criminali, giravano per le vie sui pick up con le mitragliatrici, entravano in ogni casa per rubare tutto quanto e portarlo via, avevamo molta paura».
Gli hanno chiesto di che religione fosse, e quando ha risposto cristiano lo hanno apostrofato «tu sei un infedele, un senza Dio».
Ha tentato di chiedere il permesso di portare il figlio, la cui salute era peggiorata, all’ospedale di Mosul, ma non gliel’hanno permesso. «Voi Cristiani siete gente senza Dio, non siamo responsabili per la salute di tuo figlio, magari vi uccideremo».
Dopo mesi di tentativi, Ghanim ha avuto il permesso di mettersi in viaggio verso Mosul, e giocando il tutto per tutto ha deciso di cambiare strada, per tentare di raggiungere le zone ancora libere, è stato arrestato dai terroristi assieme alla famiglia, e alla fine è stato salvato grazie all’incessante attività della Chiesa, che nel più assoluto silenzio tratta ogni giorno con l’Isis per riscattare e mettere in salvo quante più persone possibile. «Quando mi impedivano di far curare mio figlio, ho risposto che Dio ci ha creato tutti uguali...no, mi hanno risposto, c’è una grande differenza tra noi e voi Cristiani, noi andremo in paradiso, voi andrete tutti all’inferno».