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18 gennaio 2016

Vescovo caldeo: “Atti di terrorismo” i bombardamenti turchi contro i villaggi kurdi

By Asia News

“Bisogna avere il coraggio di dirlo: questo è terrorismo bell’e buono!”. È quanto afferma mons. Rabban al-Qas, vescovo caldeo di Amadiya nel nord Kurdistan commentando la notizia appena arrivata a lui: la notte scorsa, dalle 23 fino alle 3 di stamane aerei militari turchi hanno bombardato di continuo un villaggio curdo nel nord del Paese, distruggendo le case, i campi e perfino il deposito dell’acqua.
L’aviazione turca pensava di colpire basi del Pkk (l’organizzazione curda del Partito dei lavoratori, che in Turchia è considerata un’organizzazione terrorista). Ma in realtà le vittime sono 37 famiglie, da anni residenti nel villaggio di Sharamesh, a pochi chilometri da Zakkho. Di queste, 8 famiglie sono rifugiati della Piana di Ninive, fuggiti davanti all’occupazione e alle minacce dello Stato islamico (SI).
“Tutte queste famiglie sono fuggite e ora non potranno più andare a vivere nel villaggio perché tutto, anche il deposito dell’acqua è distrutto”, continua concitato mons. Rabban. E aggiunge: “Stamattina il patriarca di Baghdad, venuto a conoscenza del fatto, ha subito offerto una somma di 10mila dollari per aiutare in emergenza tutte queste famiglie. Ma è tempo di denunciare questi atti di terrorismo da parte dei turchi. Bisogna avere il coraggio di dirlo: questo è terrorismo bell’e buono! Questi poveracci sono ora terrorizzati e pieni di paura: come se non bastassero la minaccia di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico – ndr]”.
Ufficialmente, la Turchia è parte della coalizione internazionale a guida Usa per la lotta contro lo SI. Molti però accusano Ankara di essere connivente con i miliziani fondamentalisti del Califfato, permettendo alle sue frontiere il passaggio di armi, reclute, petrolio. I bombardamenti turchi in Siria e in Iraq, più che le basi di Daesh, hanno di mira i rifugi del Pkk. Questi interventi massicci, come quello di questa notte hanno anche uno scopo ulteriore: quello di prevenire l’unità fra tutte le componenti curde fra Siria, Kurdistan e Turchia orientale, che potrebbe portare alla nascita di uno Stato curdo.