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5 marzo 2015

Warduni: bisogna agire subito e insieme

By Avvenire (in Tracce)
Luca Geronico

Il vescovo caldeo: gli aiuti al Califfato prova di un complotto --  È da oltre un decennio la voce forse più nota della Chiesa irachena in Italia quella di Jhlemon Warduni, vescovo ausiliare caldeo di Baghdad. Una voce che grida contro la persecuzione e contrasta con la mitezza di un uomo scampato lui stesso a un attentato. Una tenacia nel resistere e nella speranza che è alimentata dalla fede: sempre più spesso pronuncia la parola «Provvidenza».
Jhlemon Warduni, la crisi umanitaria sta peggiorando, ma non si intravvede nemmeno una soluzione politica in Iraq?
Siamo stupiti, non capiamo ancora come abbiano potuto fare tutto questo. Alcune migliaia di guerriglieri dell’Is hanno potuto avere la meglio dell’esercito e hanno saccheggiato tutto. E il governo non ha potuto fare nulla mentre l’Onu per alcuni giorni è rimasto in silenzio, come pure gli Stati Uniti e l’Europa mentre i terroristi si fortificano ogni giorno di più. Avete visto i loro atti terroristici: uccidono, saccheggiano, violano le donne, rapiscono e vendono le ragazze degli yazidi tanto che alcune di loro si sono suicidate! 
Cosa potrebbe farvi sentire più sicuri, come fermare questa violenza che non sembra avere paragoni con il passato?
Lo abbiamo gridato a tutto il mondo. Non è una visione politica, ma di chi crede nel dialogo, nella convinzione del cristianesimo che Dio è amore. Ma non devono essere solo parole, tutto il mondo deve essere unito e fare subito, abbandonando gli interessi. Quello che stiamo vivendo è un pericolo per tutto il mondo: avete sentito che hanno minacciato Roma e le cellule dormienti hanno iniziato a colpire anche in Europa. Per questo dico: fare subito e insieme. C’è poi la questione delle armi. Molti ci dicono che è impossibile non vendere le armi. Io dico no. Noi dobbiamo mangiare un pane pulito, non sporcato dagli interessi delle armi per non essere corresponsabili di azioni disumane. Ora, in Iraq e nel mondo, rischiamo di ritornare all’età della pietra. 
Una barbarie che lascia esterrefatti: ma qual è il disegno di questi terroristi?
Non vogliono che l’islam e nella loro versione fanatica e impuro, non quella che legge tutto il Corano, dove ci sono anche frasi che invitano alla moderazione e all’amore e al rispetto per i cristiani. I musulmani stessi ci dicono che l’Iraq è un giardino grande e che i fiori di questo giardino siamo noi i cristiani. E allora questi terroristi da dove sono venuti? E chi vende loro le armi? Due settimane fa mi hanno detto che hanno visto degli aeroplani sorvolare le zone in mano allo Stato islamico paracadutare delle armi. Questo non è un complotto contro l’Iraq? Aiutare i malviventi, aiutare i terroristi, aiutare quelli che ammazzano sgozzano i bambini i poveri, i malati, delle donne?
Un complotto manovrato da chi?
Non so esattamente, ma il modo intero se ne fa complice. Chi vende le armi è loro complice per l’interesse del denaro. È la tentazione del maligno, ma il mondo deve genuflettersi solo a Dio. Io non sono un politico, ma ho sentito che in Europa al parlamento europeo c’è chi ha timore a definirsi cristiano. Ma questa è la libertà nel ventunesimo secolo: non potere o non volere dire sono cristiano. 
La sfida, di fronte a questo terrore, è mantenere le comunità cristiane in Medio Oriente?
Noi vogliamo che i cristiani rimangano al loro posto. I cristiani iracheni si sono detti: noi siamo cristiani fino alla morte ma mese dopo mese esausti fuggono. Anche noi gridiamo: «Dio nostro, Dio nostro non ci abbandonare». L’Onu, il mondo restano a guardare? Lasciano sradicare i cristiani dal Medio Oriente? Noi chiediamo solo giustizia, non lasciare a questi terroristi fare quello che vogliono, minacciare di andare a Roma a prendere il pastoale del Papa?. Vogliamo giustizia e i nostri diritti. Non chiediamo altro.