Sandro Magister
Proprio mentre si rincorrono le indiscrezioni secondo cui una deroga 
alla legge del celibato ecclesiastico sarebbe allo studio per le diocesi
 brasiliane dell’Amazzonia, pochi sanno che intanto il clero uxorato ha 
già conquistato nuovi spazi non solo in qualche plaga remota, ma 
nell’intero orbe terraqueo.
La novità è ufficiale. La congregazione per le Chiese orientali ha 
reso pubbliche le disposizioni approvate da papa Francesco che di fatto 
liberalizzano l’ordinazione e l’attività pastorale di preti sposati 
delle Chiese cattoliche orientali anche al di fuori dei loro territori 
tradizionali. E cioè non più solo in Medio Oriente e nell’Europa 
dell’est, ma dappertutto.
Questa libertà di circolazione era precedentemente impedita in virtù 
di una storica opposizione delle gerarchie cattoliche latine, 
soprattutto delle Americhe ma anche dell’Europa occidentale, secondo le 
quali la presenza nei loro territori di preti sposati di rito orientale 
avrebbe recato “gravissimum scandalum” ai fedeli.
Delle dispense a questo sbarramento erano state già concesse “in casi
 concreti ed eccezionali” a partire dal 2008. Ora però esse vengono 
generalizzate e normate dalla congregazione per le Chiese orientali in 
un documento intitolato “Pontificia Praecepta de clero Uxorato 
Orientali”, pubblicato nel fascicolo n. 6/2014 degli “Acta Apostolicae 
Sedis”, la gazzetta ufficiale della Santa Sede, che è da pochi giorni in
 distribuzione.
Il documento è firmato dal prefetto del dicastero, il cardinale argentino Leonardo Sandri, e porta la data del 14 giugno 2014.
Esso ricorda:
“La problematica del ministero dei sacerdoti uxorati fuori dei 
tradizionali territori orientali risale agli ultimi decenni del XIX 
secolo, specialmente a partire dal 1880, quando migliaia di cattolici 
ruteni emigrarono dalle regioni sub-carpatiche, nonché dall’Ucraina 
dell’ovest, negli Stati Uniti d’America”.
E ancora:
“La presenza dei rispettivi ministri uxorati suscitò la protesta dei 
vescovi latini, secondo i quali tale presenza avrebbe provocato un 
‘gravissimum scandalum’ presso i fedeli latini. Perciò la congregazione 
di Propaganda Fide con decreto del 1 ottobre 1890 proibì al clero ruteno
 uxorato di risiedere negli USA”.
Questo divieto fu poi esteso ad altre Chiese orientali e a territori al di fuori delle Americhe e dell’Europa.
Tra l’altro con la conseguenza – osserva il documento – che “privati 
dei ministri del loro proprio rito, un numero stimato a circa 200 mila 
fedeli ruteni passò all’ortodossia”.
Se eccezioni vi furono – specifica il documento – queste furono concesse
“solo dopo aver sentito la conferenza episcopale in loco ed aver ricevuto l’autorizzazione della Santa Sede”. A partire dal 2008 la dispensa fu riservata alla sola Santa Sede.
“solo dopo aver sentito la conferenza episcopale in loco ed aver ricevuto l’autorizzazione della Santa Sede”. A partire dal 2008 la dispensa fu riservata alla sola Santa Sede.
Il documento ricorda poi che già con la costituzione apostolica 
“Anglicanorum coetibus” del 2009 il clero uxorato ex anglicano è stato 
di fatto ammesso nei territori ancora preclusi al clero uxorato 
orientale, con una “disciplina attenta alla concreta situazione dei 
presbiteri e delle rispettive famiglie passati alla comunione 
cattolica”.
E infine riporta le nuove norme approvate da papa Francesco, con le 
quali si concede “alle rispettive autorità ecclesiastiche la facoltà di 
consentire il servizio pastorale del clero uxorato orientale anche fuori
 dei territori orientali tradizionali”.
Tre sono le modalità con cui si applicano le nuove norme:
La prima riguarda le circoscrizioni amministrative orientali 
(metropolie, eparchie, esarcati) costituite fuori dai territori 
tradizionali. In queste “tale facoltà viene conferita ai gerarchi 
orientali, che la eserciteranno secondo le tradizioni delle rispettive 
Chiese”. Non solo. In queste circoscrizioni i gerarchi “hanno altresì la
 facoltà di ordinare i candidati orientali uxorati provenienti dalla 
rispettiva circoscrizione, con l’obbligo di informare previamente per 
iscritto il vescovo latino di residenza del candidato, onde averne il 
parere ed ogni informazione utile!.
La seconda modalità riguarda gli ordinariati per i fedeli orientali 
privi di gerarca proprio. In essi “tale facoltà viene conferita agli 
ordinari, che la eserciteranno informando nei casi concreti la 
rispettiva conferenza episcopale e questo dicastero”.
La terza modalità riguarda infine i territori – è il caso dell’Italia
 – “dove i fedeli orientali sono privi di una struttura amministrativa 
specifica e sono affidati alle cure dei vescovi latini del luogo”. In 
questo caso la disciplina non cambia e quindi la facoltà di ammettere 
clero uxorato “continuerà ad essere riservata alla congregazione per le 
Chiese orientali, che la eserciterà in casi concreti ed eccezionali dopo
 aver sentito il parere delle rispettive conferenze episcopali”.
Il testo integrale del documento (senza le note):
ACTA CONGREGATIONUM
CONGREGATIO PRO ECCLESIIS ORIENTALIBUS
Pontificia Praecepta de Clero Uxorato Orientali
A) Nota introduttiva
Il c. 758 § 3 / CCEO [Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, ndr] 
stabilisce che: «A riguardo dell’ammissione agli ordini sacri dei 
coniugati si osservi il diritto particolare della propria Chiesa sui 
iuris o le norme speciali stabilite dalla Sede Apostolica».
Ciò consente che ciascuna Chiesa sui iuris possa decidere circa l’ammissione dei coniugati agli ordini sacri.
Al presente, tutte le Chiese orientali cattoliche possono ammettere 
uomini sposati al diaconato e al presbiterato ad eccezione delle Chiese 
siro-malabarese e siro-malankarese.
Pertanto, il canone prevede che la Sede Apostolica possa emanare norme speciali al riguardo.
Il Santo Padre Benedetto XVI nella Esortazione apostolica 
post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente” del 14 settembre 2012, dopo 
avere affermato che «il celibato sacerdotale è un dono inestimabile di 
Dio alla Sua Chiesa, che occorre accogliere con riconoscenza, tanto in 
Oriente quanto in Occidente, poiché rappresenta un segno profetico 
sempre attuale» ha ricordato «il ministero dei presbiteri sposati che 
sono una componente antica delle tradizioni orientali» e li ha 
incoraggiati poiché «con le loro famiglie, sono chiamati alla santità 
nel fedele esercizio del loro ministero e nelle loro condizioni di vita a
 volte difficili».
La problematica del ministero dei sacerdoti uxorati fuori dei 
tradizionali territori orientali risale agli ultimi decenni del XIX 
secolo, specialmente a partire dal 1880, quando migliaia di cattolici 
ruteni emigrarono dalle regioni sub-carpatiche, nonché dall’Ucraina 
dell’ovest, negli Stati Uniti d’America. La presenza dei rispettivi 
ministri uxorati suscitò la protesta dei Vescovi latini secondo i quali 
tale presenza avrebbe provocato un “gravissimum scandalum” presso i 
fedeli latini. Perciò la Congregazione di Propaganda Fide con decreto 
del 1 ottobre 1890 proibì al clero ruteno uxorato di risiedere negli 
USA.
Nel 1913 la Santa Sede decretò che in Canada solo dei celibi avrebbero potuto essere ordinati sacerdoti.
Negli anni 1929-1930 l’allora Congregazione per la Chiesa orientale 
(CCO) emanò tre decreti con cui proibiva l’esercizio del ministero ai 
sacerdoti orientali uxorati in certe regioni:
1) il Decreto “Cum data fuerit” del 1° marzo 1929, con cui si proibì 
l’esercizio del ministero al clero ruteno uxorato in emigrazione 
nell’America del Nord;
2) il Decreto “Qua sollerti” del 23 dicembre 1929, col quale si 
estese la proibizione del ministero a tutto il clero orientale uxorato 
emigrato in America del Nord e del Sud, in Canada e in Australia;
3) il Decreto “Graeci-Rutheni” del 24 maggio 1930, col quale si 
stabilì che solo degli uomini celibi avrebbero potuto essere ammessi in 
seminario e promossi all’ordine sacro.
Privato dei ministri del loro proprio rito, un numero stimato a circa 200.000 fedeli ruteni passò all’ortodossia.
La citata normativa è stata estesa su altri territori non considerati
 “regioni orientali”: le eccezioni venivano concesse solo dopo aver 
sentito la Conferenza Episcopale in loco ed aver ricevuto 
l’autorizzazione della Santa Sede.
Poiché la problematica persisteva, la Congregazione per le Chiese 
Orientali interessò la Congregazione per la Dottrina della Fede. Essa, 
in data 20 febbraio 2008, nella Sessione Ordinaria ha riesaminato 
l’intera questione, addivenendo alla seguente decisione: «Si mantenga la
 norma vigente – che vincola i Sacerdoti Orientali in servizio pastorale
 presso i fedeli in diaspora all’obbligo del Celibato, similmente ai 
Sacerdoti latini – prevedendo, in casi concreti ed eccezionali, la 
possibilità di una dispensa da essa, riservata alla Santa Sede». Quanto 
sopra venne approvato dal Santo Padre Benedetto XVI.
Va rilevato che anche in Occidente, nei tempi recenti, con il motu 
proprio “Anglicanorum coetibus”, benché non riguardante il clero 
orientale, si è adottata una disciplina attenta alla concreta situazione
 dei presbiteri e delle rispettive famiglie passati alla comunione 
cattolica.
B) Disposizioni approvate dal Santo Padre
La Sessione Plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali, 
tenutasi dal 19 al 22 novembre 2013 al Palazzo Apostolico, ha trattato 
la questione ampiamente ed ha in seguito presentato al Santo Padre la 
richiesta di concedere alle rispettive Autorità Ecclesiastiche la 
facoltà di consentire il servizio pastorale del clero uxorato orientale 
anche fuori dei territori orientali tradizionali.
Il Santo Padre, nell’udienza concessa al Prefetto della Congregazione
 per le Chiese Orientali, card. Leonardo Sandri, il 23 dicembre 2013, ha
 approvato la richiesta, “contrariis quibuslibet minime obstantibus”, 
con la seguente modalità:
- nelle Circoscrizioni Amministrative orientali (Metropolie, 
Eparchie, Esarcati) costituite fuori dai territori tradizionali tale 
facoltà viene conferita ai Gerarchi orientali, che la eserciteranno 
secondo le tradizioni delle rispettive Chiese. Essi hanno, altresì, la 
facoltà di ordinare i candidati orientali uxorati provenienti dalla 
rispettiva circoscrizione con l’obbligo di informare previamente per 
iscritto il Vescovo latino di residenza del candidato onde averne il 
parere ed ogni informazione utile;
- negli Ordinariati per i fedeli orientali privi di Gerarca proprio, 
tale facoltà viene conferita agli Ordinari, che la eserciteranno 
informando nei casi concreti la rispettiva Conferenza Episcopale e 
questo Dicastero;
- nei territori dove i fedeli orientali sono privi di una struttura 
amministrativa specifica e sono affidati alle cure dei Vescovi latini 
del luogo, tale facoltà continuerà ad essere riservata alla 
Congregazione per le Chiese Orientali, che la eserciterà in casi 
concreti ed eccezionali dopo aver sentito il parere delle rispettive 
Conferenze Episcopali.
Dalla Sede della Congregazione per le Chiese Orientali, 14 giugno 2014
LEONARDO Card. SANDRI Prefetto