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15 ottobre 2014

Milizia cristiana in Iraq, aumentano le divisioni tra i patriarchi

By Aleteia

Armi ai cristiani? Sempre più divisi i patriarchi cristiani. «La nostra Chiesa sostiene il fatto che i cristiani devono essere in grado di poter difendere se stessi - dice a La Stampa (14 ottobre) il Patriarca Mar Dinkha IV guida la Chiesa assira d’Oriente - in circostanze particolari come quelle realizzatesi nella piana di Ninive».
«Abbiamo visto cosa è successo a Mosul - sentenzia il patriarca - l’esercito regolare in poche ore è fuggito lasciando le armi e esponendo un popolo inerme di almeno 50 mila persone all’offensiva dei jihadisti, che poi hanno compiuto le atrocità che conosciamo». Cristo, ragiona Mar Dinka IV, «ci insegna a essere pacifici, a non aggredire neanche i nemici. Ma
è lecito che i giovani prendano le armi solo per essere in grado di difendere se stessi e le loro famiglie, mai per attaccare».L’idea di riconquistare da soli le città perdute è stata sempre respinta con forza dal patriarca caldeo Louis Raphael Sako I, secondo cui «dare le armi ai cristiani sarebbe distruttivo, le forze dello Stato devono occuparsi della difesa». D’accordo anche il patriarca maronita Bechara Boutros Rai: «Dobbiamo evitare che si instauri la legge della giungla» (Tempi.it, 30 settembre).
Anche l’arcivescovo di Erbil Bashar Warda si è sbilanciato sulla milizia cristiana: «Per il momento si tratta solo di un progetto, di un’idea. Non c’è ancora nulla di concreto. So che parecchi giovani vorrebbero offrirsi volontari. Tra loro siriaci cattolici, ortodossi, caldei e anche assiri». È importante però capire, continua, «che non si tratta di una milizia indipendente. L’idea è che i cristiani siano integrati con i militari curdi, che a loro volta sono coordinati con l’esercito iracheno, che fa capo ai comandi centrali di Baghdad».