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12 ottobre 2014

Iraq, violenze Is. Mons. Sako: cristiani sfollati testimoni di Cristo

By Radiovaticana

Ancora violenza in Iraq per mano dei jihadisti dell’Is: oggi almeno 20 morti si registrano nella città curda di Qara Tapah, a causa dell’esplosione di tre autobombe, mentre in altrettanti attacchi nella capitale Baghdad sono rimaste uccise 38 persone. Nel Paese prosegue l’esodo delle famiglie cristiane che rifiutano di convertirsi all’Islam e si trovano a essere, quindi, sfollati nella propria patria, come racconta, al microfono di Olivier Bonnel, il patriarca di Babilonia dei Caldei, mons. Louis Raphael Sako, presente al Sinodo sulla famiglia:
Tutte queste famiglie che sono sfollate, sono state costrette a lasciare le loro case perché si sono rifiutate di convertirsi all’islam: si tratta di veri testimoni di Cristo perché hanno confessato pubblicamente la loro fede. E’ per questo che i Padri sinodali hanno voluto inviare un messaggio di incoraggiamento e di gratitudine a tutte queste famiglie che hanno custodito la loro fede, nonostante tutte le difficoltà e tutte le pressioni.
Cosa si può fare perché la situazione possa cambiare?
Questo riguarda tutta la politica internazionale: ci sono presidenti, uomini politici che dicono che tutto questo proseguirà per tre anni e forse più… Questo è veramente scoraggiante! Ma credo che oggi ci sia una speranza in più, perché forse in Iraq la situazione ora potrà cambiare con il nuovo governo e anche perché l’esercito curdo, rifornito di armi dalla comunità internazionale, si è rafforzato. Io credo che sia necessario un intervento sul terreno per liberare i villaggi di questi cristiani e di queste altre minoranze, così che possano ritornare nelle loro case. Non bisogna incoraggiare le migrazioni!
Quindi, lei pensa a un intervento di terra della comunità internazionale per sradicare lo Stato islamico…
Io credo sia un po’ lenta, ma ci sono gli interessi… E’ tutto molto complicato. E questo non è un bene per queste popolazioni. La comunità internazionale cerca i suoi interessi economici, senza rendersi conto – e forse quando lo farà sarà troppo tardi – che questi gruppi fondamentalisti rappresentano un rischio per il mondo intero.
Cosa si aspettano le famiglie cristiane irachene da questo Sinodo?
Certamente, si attendono molto e sperano che la Chiesa aggiorni anche gli insegnamenti. Bisogna preparare le famiglie a vivere un ideale cristiano forte e chiaro. Ci si aspetta dal Sinodo un messaggio che sia breve, chiaro, molto solido e comprensibile perché le famiglie possano vivere la loro fede e il Vangelo della gioia nella loro vita quotidiana, nonostante tutte le difficoltà. Ci sono grandi temi, come amore, fedeltà, pazienza e anche sacrificio: il matrimonio non è una felicità egoista… E’ qualcosa più grande! E’ formare una famiglia che sia immagine del Dio Trinitario.