Fabio Colagrande
Oso dire che i cristiani iracheni di Mossul hanno più diritto di noi alla loro terra e alle loro case. Abitano la città da prima dell'arrivo dell'islam e delle tribù arabe. Noi abbiamo perciò il dovere morale di tutelarli e di proteggerli". A parlare così è lo scrittore iracheno Younis Tawfik, musulmano sunnita, nato proprio a Mossul e in Italia dal 1979.
"La cacciata dei cristiani e la devastazione di Mossul, la mia città - spiega - sono per me una ferita molto profonda". "Arrivai qui in Italia alla fine degli anni '70, proprio grazie a un cattolico, il mio maestro padre Yuosuf Habbi, studioso della Divina Commedia, laureato all'Università Cattolica, uomo aperto al dialogo tra Oriente e Occidente".
Tawfik non considera purtroppo una sorpresa l'avanzata dei jihadisti dell'Isis in Iraq. "E' il risultato di un governo fallimentare, inquinato dalla corruzione, che non è riuscito a portare avanti il processo di democratizzazione del Paese". "I cristiani iracheni, nel corso dei secoli, hanno giocato un ruolo importante per la crescita dell'Iraq - spiega ancora - sono stati molto generosi. I maggiori scrittori, artisti, medici, scienziati erano proprio di fede cristiana. Uomini che hanno saputo valorizzare la cultura araba, tanto che i primi dizionari moderni di arabo e i primi studi su questa cultura sono opera proprio di cristiani d'Oriente".
"Anche tra i miei famigliari che sono ancora in Iraq c'è molta solidarietà nei confronti dei cristiani perseguitati", aggiunge Tawfik. "Purtroppo possono fare poco per aiutarli. I miei stessi parenti sono praticamente agli arresti nella loro stessa città presidiata dagli uomini dell'Isis di Abu Bakr al-Baghdadi". "Importante però - spiega Tawfik - è stato il pronunciamento ufficiale degli ulema,dei dotti dell'islam di Mossul, che hanno condannato fermamente l'azione dell'Isis e la considerano contraria ai principi dell'islam e alla condotta del Profeta". "Non è più epoca di califfati, non siamo più nell'impero ottomano - aggiunge Tawfik - oggi siamo tutti cittadini di un Paese al quale i cristiani appartengono e dove hanno, anzi, più diritto di noi di restare". "E poi questo califfato è in realtà un'organizzazione criminale".
"Un mio amico scrittore, cristiano iracheno, mi ha inviato un messaggio via web per raccontarmi il dramma allucinante di queste persone cacciate dalle loro case, le cui porte sono state segnate con la lettera 'N'. Ho visto le immagini del quartiere cristiano di Mossul completamente vuoto. E' un fatto incredibile, mai successo nell'epoca moderna e deve essere condannato. Non solo, com'è successo, dai dotti dell'islam di Mossul, ma da tutti i musulmani a livello internazionale e dai governi arabi. E qualcuno deve poi muoversi per mettere fine a questo dramma".