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27 giugno 2014

Salvare Qaraqosh, città cristiana contesa da Isis e curdi

Fady Noun

Da una settimana mancano acqua e luce a Qaraqosh, cittadina irachena nella piana di Ninive abitata a larghissima maggioranza da cristiani, che stanno cominciando a fuggire anche da un luogo che fino a poco tempo fa era ritenuto sicuro, ma che ora vede scontri tra gli islamisti dell'Isis e i peshmerga curdi.
"No, i cristiani d'Oriente non sono un popolo errante". E' il grido d'allarme lanciato dal vescovo siriaco cattolico di Ninive, Boutros Mouchi che lancia un appello alle coscienza locali, regionali e internazionali per salvare la cittadina da una invasione ritenuta "imminente" da parte degli islamisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante.
L'appello è rilanciato da Beirut da Melhem Khalaf, docente di diritto all'università Saint-Joseph, appena rientrato dall'Iraq, dove ha visitato anche Qaraqosh. L'appello è rivolto a tutte le istanza politiche e religiose e a tutti coloro che hanno a cuore la conservazione della ricchezza sociale, della storia e del futuro di questa regione.
Il vescovo Boutros Mouchi è ancora a Qaraqosh, che sorge a una trentina di chilometri da Mosul ed è accanto alle zone controllate dai curdi. E quando l'Isis ha preso Mosul le forze curde sono avanzate su Kirkuk, la regione irachena più ricca di petrolio, estendendo il loro controllo anche su Qaraqosh.
La città, in tal modo, si è trovata nel confronto tra forze rivali, che hanno cominciato a scontrarsi. Ai responsabili dell'Isis ai quali si erano rivolti per chiedere il ritorno di acqua ed elettricità, i cittadini di Qaraqosh si sono sentiti rispondere: "chiedetelo ai curdi".
Nelle settimane scorse, la città di Qaraqosh, che contava 38mila abitanti, 35mila dei quali cristiani, aveva visto crescere notevolmente la popolazione, per l'afflusso dei cristiani in fuga da Mosul, presa dall'Isis. Analogamente era accaduto alcuni anni fa, quando vi avevano cercato rifugio cristiani che lasciavano l'inferno di Baghdad e che credevano di trovarvi una zona di pace.
All'inizio l'Isis si era impegnato a non attaccare il luogo. Con la volontà di rassicurare gli abitanti e di dare credito agli impegni delle forze islamiste vi si era recato personalmente anche il patriarca caldeo Louis Sako.
Ora tutto è cambiato e gli estremisti islamici hanno cominciato ad attaccare Qaraqosh, scontrandosi con i peshmerga curdi.
Ora, insieme con i rappresentanti di diverse Chiese d'Oriente, mons. Mouchi   lancia un appello al mondo intero per salvare la città e ciò che essa ha di più prezioso: la sua diversità religiosa, culturale ed etnica.
Si tratta di mettere il mondo libero di fronte alle sue responsabilità, impedendogli di chiudere gli occhi sulle violenze che attualmente squarciano l'Iraq e su ciò che, afferma Khalaf, accade o rischia di accadere, sotto la copertura di lotte per il potere.
Nell'ambito di tale mobilitazione, il Vaticano è chiamato in causa attraverso gli ambasciatori occidentali a Beirut. Tutti sono convinti che il gioco supera il destino di alcune migliaia di cristiani e che punta al futuro della regione. Come dice Khalaf, "Qaraqosh è un po' ognuno di noi. Lasciarla morire è firmare la condanna a morte di tutti noi".

Un appel à la solidarité lancé à partir de Beyrouth: Il faut sauver Qaraqosh!