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30 giugno 2014

Irak: esodo di cristiani senza fine


Centinaia di famiglie cristiane hanno lasciato la città irachena di Mosul nei giorni scorsi (almeno 5000). Secondo l’associazione ‘Porte Aperte’ sono fuggiti dalla città perché uomini armati dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), un gruppo militante jihadista conosciuto in Iraq come Daash, hanno preso il controllo di Mosul, la seconda città dell’Iraq, e di ampie aree della pianura di Ninive, compresa la zona petrolifera e la più grande raffineria del paese. Non sono solo i cristiani a fuggire.
L’agenzia nazionale irachena di media ‘Nina’ parla di centinaia di migliaia di famiglie in fuga e terrorizzate di fronte a questo attacco su larga scala. Il rappresentante di Porte Aperte per l’Iraq ha dichiarato che circa 200 famiglie hanno trovato rifugio nel monastero di Mar Mattai e altre 50 nel monastero di Al Qosh (parliamo di famiglie, non di singoli, ma il bilancio cambia giorno dopo giorno).
L’ISIS ormai controlla molte aree in Iraq e ultimamente si sta avvicinando al confine della regione irachena-kurda dove nell’ultimo decennio molti cristiani hanno trovato rifugio dalle violenze del resto del paese. Guidati da Abu Bakr al-Baghdadi, i miliziani dell’ISIS sono temuti perché non esitano a uccidere gli appartenenti alle minoranze (cristiani in testa), usando tattiche spietate e contando su migliaia di jihadisti in Siria e in Iraq, molti dei quali anche occidentali.
Secondo il rappresentante di Porte Aperte per l’Iraq: “Stiamo affrontando un’altra importante migrazione di cristiani”. Pax Christi Italia invita tutto il mondo a prendere in considerazione il ‘segno di Giona’: “Ancora una volta l’Iraq, la terra di Abramo e dell’antica Ninive vive giorni drammatici. Centinaia di migliaia di sfollati, profughi, esecuzioni sommarie, violenze di ogni genere".
Pax Christi conosce molto bene quei luoghi e in particolare Pax Christi Italia ha visitato molte volte il Paese durante e dopo la recente guerra, dialogando con i responsabili di sunniti e sciiti, curdi e turcomanni, riscontrando sempre desiderio di pace, attenzione alle iniziative di incontro e rispetto reciproci. Quanto sta succedendo è la tragica conferma che  ‘la guerra è avventura senza ritorno’, innesca dinamiche che diventano dannose per la convivenza e incontrollabili…
Non prevalga l’indifferenza o la rassegnazione. Il patriarca Sako ha più volte affermato: ‘L’Iraq è un mosaico di etnie e religioni distruggere questo mosaico sarebbe come distruggere tutto l’Iraq’. Chiediamo anche alla comunità internazionale, all’Europa in particolare, di non essere ‘assente’, ma di farsi promotrice di passi concreti di pace, per evitare che sul territorio gli unici segnali di una presenza internazionale siano le armi, vendute in abbondanza da USA, RUSSIA e Unione Europea…
La tragedia dell’Iraq, insieme alle tante altre guerre, più o meno dimenticate, ci invita alla riflessione e alla ‘conversione’. Ci può aiutare la lettura del testo biblico del libro di Giona. L’invito alla conversione rivolto da Giona agli abitanti di Ninive (l’attuale città di Mosul) è un invito oggi rivolto a noi, alle nostre responsabilità e alle nostre scelte. Come abbiamo ricordato molte volte anche in passato: rifiutiamo la guerra, gridiamo la speranza.
Nel frattempo Amnesty International ha raccolto informazioni su una serie di esecuzioni extragiudiziali di detenuti, da parte delle forze governative e di milizie sciite, nelle città irachene di Tal’Afar, Mosul e Ba’quba. Le testimonianze di detenuti sopravvissuti e dei parenti di quelli uccisi suggeriscono che le forze irachene abbiano agito prima di ritirarsi da Tal’Afar e Mosul, ora controllate dall’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) così come a Ba’quba, dove le forze governative e le milizie sciite stanno contrastando il tentativo dell’Isis di conquistare la città.
Donatella Rovera, alta consulente per le crisi di Amnesty International, che nei giorni scorsi è stata nel nord dell’Iraq, ha dichiarato: “Le notizie di numerosi detenuti sunniti uccisi a sangue freddo mentre erano in custodia delle forze di sicurezza sono profondamente allarmanti. Pare emergere un terrificante schema di attacchi contro i sunniti in rappresaglia per le conquiste territoriali dell’Isis…
Anche nel mezzo di una guerra ci sono regole che non vanno mai trasgredite. Uccidere prigionieri è un crimine di guerra. Il governo deve ordinare immediatamente un’indagine indipendente e imparziale sulle uccisioni e assicurare che i responsabili siano portati di fronte alla giustizia… Coloro che si stanno rendendo responsabili di crimini di guerra in Iraq devono sapere che l’impunità di cui stanno attualmente beneficiando non durerà per sempre. Un giorno verranno chiamati a rispondere del loro operato di fronte alla giustizia”.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNCHR) sta intensificando gli aiuti umanitari in Iraq in risposta alla nuova ondata di migrazioni forzate dalla città di Mosul, nel nord del paese, e altre aree. Un responsabile della protezione ha riferito nei giorni scorsi: “Una famiglia in particolare mi è rimasta impressa. Erano in 12, tra cui una nonna di 70 anni, e avevano viaggiato a piedi per due giorni dopo essere fuggiti dalla loro fattoria al di fuori di Mosul.
Una volta raggiunto il checkpoint, non avevano la minima idea di cosa fare. Erano senza soldi e non avevano un posto dove andare… Questi sono i più vulnerabili; e io ho visto e parlato con molti che si trovano in difficoltà simili. Le persone fuggono con i vestiti in spalla, un po’ di soldi in tasca e nient’altro. Dobbiamo fare tutto il possibile per fornire un riparo, cibo, acqua e cure mediche nei giorni a venire”.