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11 settembre 2013

La vita "blindata" del Nunzio Apostolico in Iraq: Monsignor Giorgio Lingua

By Baghdadhope *


Essere Nunzio Apostolico, praticamente Ambasciatore del Vaticano, non è facile. Vuol dire essere voce della diplomazia papale ma anche portatore dei valori religiosi cattolici, ed in questa doppia veste, di conseguenza, essere particolarmente attenti nel muoversi nei diversi ambienti culturali, politici ed economici.
Specialmente se si tratta di paesi “difficili”, in conflitto con altri o in cui imperversa la guerra civile, dominati da regimi dittatoriali o sprofondati nella povertà, piagati da ricorrenti sciagure o in cui la religione cristiana, cattolica o no, è minoritaria, come nel caso dell’Iraq, “liberato” da un tiranno ma non ancora “libero” e soprattutto ancora lontano da qualsiasi parvenza di normalità.
In un ambiente così difficile il Nunzio Apostolico deve raddoppiare la prudenza che il suo ruolo diplomatico già gli impone ed è quello che Monsignor Giorgio Lingua, Nunzio in Iraq ed in Giordania, fa dal giorno del suo arrivo a Baghdad nel piccolo edificio della Nunziatura di Sha’ra Saadoun. Sempre attento a dare ascolto e voce a tutte le parti, nelle interviste fino ad ora concesse ha dimostrato saggezza e prudenza per non urtarne nessuna, e non potrebbe essere altrimenti.

Ma cosa sappiamo noi, in fondo, della vita del Nunzio Apostolico in uno dei paesi più pericolosi del mondo? Possiamo immaginarlo, o addirittura vederlo, mentre incontra capi di stato, ministri, altri ambasciatori o rappresentanti di tutte le religioni ma com’è una sua giornata tipo?
Baghdadhope
ha voluto chiederglielo.


Monsignore, Lei vive nel centro di Baghdad alternando la sua presenza lì con quella in Giordania, può descriverci la vita nella Nunziatura?

“Direi che è una vita molto ritirata anche se, per il ruolo che ricopro, gli incontri istituzionali sono sempre molti. Sono incontri che si svolgono in Nunziatura o nella Zona Verde, la vasta zona blindata istituita dagli americani dove si trovano le sedi delle istituzioni governative irachene.”

Gli incontri istituzionali non sono però l’unica occasione per lasciare la Nunziatura immagino..

“No. Ci sono gli incontri con i capi religiosi, musulmani, cristiani o delle altre due minoranze, quella yazida e quella mandea, le cerimonie religiose cui partecipo, ad esempio le ordinazioni, le consacrazioni di nuove chiese e le celebrazioni del calendario liturgico, e ci sono poi i ricevimenti per le feste nazionali che si tengono nelle circa cinquanta sedi diplomatiche presenti in città.”

A descriverla così però non sembra una vita molto ritirata. A cosa alludeva definendola come tale?

“Al fatto che nonostante sia arrivato a Baghdad da quasi tre anni non conosco ancora molto bene la città visto che mi è impossibile decidere di uscire a fare una passeggiata e respirarne la vera aria, quella che si può apprezzare solo perdendosi tra le sue strade e facendosi guidare da un odore, un rumore, un uomo che cammina davanti a te. Eppure mi piacerebbe farlo. Baghdad è come una donna con il burka che lascia vedere le proprie bellezze solo a chi la ama e per quel poco che ho visto da dietro i vetri dell’auto è una città che varrebbe le pena scoprire ma dove purtroppo la sicurezza è un bene sconosciuto: a giorni di apparente calma seguono giorni in cui l’eco delle esplosioni delle autobomba ed il suono delle sirene sono udibili in vaste aree della città.”

E la Sua, di sicurezza, da chi e cosa è garantita? La maggior parte di noi fa fatica ad immaginare cosa voglia dire vivere blindati.

“Per quanto riguarda la sicurezza dell’edificio della Nunziatura essa è affidata a guardie armate e fino a pochi mesi fa ad un cane che purtroppo è deceduto, temo per l’atroce caldo di luglio. Per quanto riguarda me quando devo uscire devo avvertire il capo delle guardie che organizza la scorta composta in genere da 7 poliziotti armati fino ai denti che scortano, davanti e dietro, la macchina blindata della Nunziatura su due fuoristrada pick-up. Per disposizione del Ministero degli Esteri non posso uscire senza questa scorta che in caso di visite fuori città viene più raddoppiata ed organizzata con almeno 72 ore di anticipo.
In tre anni mi è stato consentito di uscire a piedi soltanto in pochissime occasioni, ad esempio per la visita alle tombe dei sacerdoti uccisi nella cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso che si trova a soli 400 metri dalla Nunziatura. Per ottenere il permesso di farlo ogni anno faccio presente alle autorità che tale pellegrinaggio, compiuto nel giorno dei defunti, è un obbligo della mia religione ed allora esse non si oppongono. La prima volta, però, fui accompagnato da 5 guardie in divisa, elmetto e kalashnikov e chi mi vide lasciare la nunziatura così scortato disse che sembravo un arrestato condotto in prigione. Da allora ho richiesto, e le autorità hanno sensatamente accettato, di essere accompagnato da guardie in borghese.
A volte la questione della sicurezza ha anche dei risvolti surreali: un giorno sono andato a comprare una pianta ornamentale e ne ho trovata una bella ma troppo grande per entrare nella nostra macchina. Ho chiesto così di caricarla sul pick-up della polizia che ci scortava e gli agenti hanno gentilmente accettato di aiutarmi: uno di essi ha così fatto tutto il viaggio in piedi (circa 5 km attraverso Baghdad!) reggendo con una mano il kalashikov e con l'altra la mia pianta!

Neanche lasciare Baghdad è facile. L’autorizzazione alla compagnia incaricata della sicurezza all’aeroporto  deve essere richiesta almeno 24 ore prima della partenza. Una volta ottenuto il numero di autorizzazione lo si deve esibire al primo check-point che si trova a circa 4 km dall’aeroporto dove chi non ha un pass speciale deve lasciare il veicolo su cui ha viaggiato e prendere un taxi. Quello è il punto in cui la scorta mi lascia. Dopo circa 500 metri i cani anti esplosivo ispezionano l’auto  e dopo altri 2,5 km si trova l’ultimo check point che è gestito da una compagnia di sicurezza diversa da quella che controlla il primo punto di controllo e passato il quale si arriva finalmente allo scalo.

Ritiene che queste misure di sicurezza siano sufficienti?

“Le ritengo un po’ eccessive dato che riducono al minimo i movimenti e la libertà di spostamento. C’è però da dire che tutto ciò è vantaggioso per la salute: una vita regolare, quasi monastica, fa senz’altro bene.”

Ma così non si muove mai, in Nunziatura non c’è una palestra e la mancanza di movimento non fa bene..

In questo mi aiuta la tecnologia. Al pomeriggio se non ci sono visite in Nunziatura o uscite in programma mi dedico allo sport con una corsetta di circa 40 minuti sul tapis roulant. Certo correre al chiuso è piuttosto monotono e così lo faccio guardando in TV qualche partita di calcio o tennis ed illudendomi di star correndo su quei campi. Si fa quel che si può!”

Allora: visite, uscite e sport. Che altro? A che ora comincia la giornata?
“Alle 6 in punto quando il mio smartphone mi annuncia l’ora, mi informa sulla temperatura esterna, mi ricorda gli impegni della giornata e soprattutto il motivo per cui anche quel giorno mi sveglio: vivere per amare Gesù e cercare di essere un’altra Maria. I miracoli della tecnica! Un piccolo aggeggio, se programmato a dovere, può fare molte cose ed il mio smartphone serve anche quando, soprattutto d’inverno, i  generatori sono ancora spenti e manca la luce elettrica, ed io lo uso come breviario alle 6.30.
Tra il momento della sveglia e quello delle preghiere c’è però un momento speciale. Scrollandomi di dosso la pigrizia tipica delle ore mattutine mi trascino giù dal letto molte volte già tutto sudato, visto che nei mesi caldi a quell’ora nella stanza ci sono già 30 gradi, e vado in bagno dove la sera precedente ho provveduto a riempire la vasca di acqua così da darle il tempo di “raffreddarsi” durante la notte visto che con una temperatura esterna che a volte supera i 50 gradi e le cisterne sul terrazzo l’acqua al mattino sarebbe ancora troppo calda.
Dopo la lettura del breviario mi reco nella piccola cappella della Nunziatura dove recito l’Ufficio e dove mi raccolgo in meditazione fino alle 7.30 quando con il Segretario della Nunziatura, Mons.
George Panamthundhil, celebriamo la Santa Messa con le Lodi mattutine alla quale assistono anche due suore
caldee dell’ordine delle Figlie di Maria Immacolata: Suor Hanan e Suor Clara .                     
Lei, il Segretario e due suore. Chi altri vive in Nunziatura?

“Una brava signora di nome Shamiran che si occupa delle pulizie ed un giardiniere con il quale comunico a gesti e che sebbene capisca bene i rimproveri ha l’abitudine, comunque, di fare di testa sua. Una partita persa. Sul retro della Nunziatura c’è un piccolo giardino affidato alle sue cure in cui, dopo la colazione che consumo con Mons. George, faccio una passeggiata per controllare lo stato delle piante ed eventualmente raccogliere qualche fiore per dare il benvenuto agli ospiti; se ho fortuna raccolgo anche qualche uovo fresco dal piccolo pollaio allestito vicino ad un orticello che non definirei proprio florido e se ho tempo incoraggio le papaie nella crescita e guardo con commiserazione i pomodori che non vogliono saperne di spuntare. Alle 9.00 inizia la vera e propria giornata lavorativa con il Segretario e la suora irachena che, visto che parla perfettamente anche l’italiano è costretta a fare di tutto. Due volte alla settimana un sacerdote iracheno viene ad aiutarci con le traduzioni.
I primi impegni sono quelli di controllare la posta elettronica e l’agenda per distribuire le incombenze a seconda delle urgenze e delle competenze ma prima di ciò, per ricordare che la cosa più importante è mettere in pratica la Parola della Scrittura, leggiamo il cartello che la riporta in arabo ed in italiano che abbiamo affisso in cappella e che cambiamo ogni mese. Come ha detto Papa Francesco noi non siamo una ONG e neanche un’ambasciata come le altre: siamo consacrati e deve essere prioritario per noi vivere la Parola che dà senso a tutte le nostre attività, al nostro lavoro ed ai nostri incontri.
Dopo questo incontro organizzativo in genere mi affido ad internet per controllare le notizie nazionali ed internazionali e metto mano alle pratiche che mi aspettano: bozze da correggere, risposte da dare, bilanci da controllare, lettere da firmare, discorsi da preparare, informazioni da comunicare, telefonate da fare e dossier da studiare: la normale amministrazione di una Nunziatura. Al lunedì, quando in genere arriva il corriere diplomatico da Roma, il Segretario si affretta ad aprirlo – non so se per autentico zelo o pura curiosità – per registrare la corrispondenza ufficiale, ordinarla e portarmela. Verso le 11.00 Shamiran “spezza” le mie attività con del thé e qualche biscotto e, se previsto, dopo questa pausa incontro qualcuno, ma solo fino a 12.00 perché a quell’ora il mio Segretario, indiano ma puntuale come uno svizzero, suona la campanellina che ci richiama in Cappella dove recitiamo l’Angelus e preghiamo per la pace nel mondo, specialmente per i paesi in guerra.
Dopo un’ora pranzo con il Segretario con ciò che le brave suore ci preparano ed approfittiamo di quei momenti per fare il punto sull’andamento delle attività. Alle 14.00 circa mi ritiro nel mio studio dove accendo la Tv per seguire le notizie dall’Italia o su Al Jazeera anche se, complice la digestione ed il caldo, al terzo o quarto servizio in genere mi appisolo per risvegliarmi quando sento il telecomando scivolare a terra dalle mie gambe. Verso le 15.00 mi reco in Cappella per la recita dell’ora nona e dopo, devo dire con estremo sforzo di volontà, provo a fare qualche esercizio di arabo per non farmi trovare impreparato quando, al lunedì sera, mi collego tramite Skype com Ahmed, il mio insegnante.
Dopo l’arabo riprendo il lavoro che termina alle 19.30 per la cena che condivido con il Segretario e le suore. Visto che non posso uscire mi concedo una passeggiata in  giardino approfittando così per dare la buona notte alle guardie che vegliano su di noi. Un altro incontro in Cappella per i Vespri e la serata termina con un’accanita sfida tra me e Mons. George a ping-pong simulato dalla Wii. Nessuno di noi due vuole perdere perché la posta in gioco è alta: un cioccolatino, ma non mi chieda chi vince di solito, per rispetto del mio avversario non lo rivelerò!”
Una giornata lunga…

“Che non finisce però con il ping-pong. C’è qualche buona lettura, c’è internet ed i contatti con gli amici sparsi nel mondo, c’è la corrispondenza personale da evadere. Di solito concludo la giornata in terrazzo dove salgo per recitare il Santo Rosario e da dove, di nascosto dalle guardie che non lo permetterebbero, contemplo quel poco di Baghdad che posso vedere. In quei momenti affido la città, i suoi abitanti e tutto il Paese alla protezione della Madonna e guardo, a soli 400 metri, la grande croce della cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. Con la recita della compieta, in terrazzo o in Cappella, do la buona notte anche a Gesù chiedendo perdono per le mancanze della giornata che, nonostante i buoni propositi, ho l’impressione siano sempre più numerose delle buone azioni che avevo intenzione di compiere. A quel punto c’è ancora un’unica cosa da fare: riagganciare al caricatore lo smartphone che l’indomani mattina mi sveglierà annunciando implacabilmente che “Sono le sei e zero minuti” e che un’altra giornata sta per iniziare per me a Baghdad.”

















* Le foto di Baghdadhope sono state scattate nel 2002 e mostrano la Nunziatura Apostolica recante ancora i simboli del suo status: la targa sull'esterno dell'edificio che ora è nascosta dal muro di protezione, la bandiera vaticana che si intravvede sul tetto e soprattutto lo stemma di Papa Giovanni Paolo II, pontefice in quell'anno, sulla facciata. Simboli che ora, come è chiaro dalla foto scattata da Mr. Zaia, sono nascosti o scomparsi. Nell'altra foto Monsignor Giorgio Lingua ed uno dei soldati di guardia alla Nunziatura.