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31 ottobre 2012

Padre Albert Hisham Naoum: "Siamo smarriti, Signore"

By Baghdadhope *

Baghdadhope
pubblica il testo (italiano ed arabo) della preghiera scritta da Padre Albert Hisham Naoum, parroco della chiesa caldea di San Paolo a Baghdad, in occasione della ricorrenza della strage compiuta due anni fa nella chiesa siro cattolica della stessa città.

 
Padre Albert Hisham Naoum (al centro) con i due sacerdoti uccisi il 31 ottobre 2010
 
 
O Padre dei martiri, Nostro Padre che hai accolto gli spiriti dei martiri che professavano la loro fede nella chiesa di tua Madre e Nostra Signora del perpetuo soccorso. Essi sono stati uccisi difendendo la loro fede, irrigando la terra della nostra fede e la nostra speranza in te.
O Padre, abbiamo perso i nostri fratelli Thair e Waseem, dà a noi la fiducia di avere amici che pregano sempre per noi dal cielo.
O Padre, siamo stanchi delle menzogne e dei mali del mondo e non abbiamo nessuna speranza, aiutaci a riporre tale speranza solo in te.
O Padre, abbiamo odiato tutto e il buio ha spento i nostri occhi, semina in noi di nuovo il tuo amore senza fine.
Siamo tristi Signore, insegnaci che la gioia viene solo da te, insegnaci ad impararla dai nostri martiri.
Abbiamo paura Signore, concedici il coraggio dei nostri martiri puri che hanno affrontato la morte.
Siamo smarriti Signore, guidaci sulla strada giusta e nel percorso ci aiuti lo spirito dei nostri martiri.
In queste circostanze abbiamo bisogno di te Signore, trasforma il nostro bisogno in una preghiera permanente rivolta a te come figli.
Vogliamo essere fedeli a te, ai nostri fratelli, al mondo. Compi la tua missione in noi tutti i giorni perché possiamo testimoniare il tuo amore soprattutto ai nostri nemici.
O Padre, cercheremo di vivere ancora la tua vita in noi, così da continuare ad annunciarti a tutte le genti senza mai smettere.
Ci fidiamo di te, Signore, ti amiamo, speriamo in te, abbiamo bisogno di te e non abbiamo altro che te Signore. Amen.
 




صلاة مستوحاة من مجزرة كنيسة سيدة النجاة
الأحد 31 أكتوبر 2010
 الأب البير هشام نعوم  


 يا أبَ الشهداء وأبانا جميعًا
يا مَن استقبلتَ أرواحَ شهدائك الذين اعترفوا بإيمانِهم وسطَ كنيسةِ والدتِك وأمِّنا سيدة النجاة
وقُتِلوا وهم يدافعون عن إيمانِهم وعن بعضِهم البعض، فرَووا بدمائهم أرضَ إيمانِنا ورجائنا بكَ.
لقد خسرنا يا ربُّ أبوينا ثائر ووسيم، فاجعلنا نؤمنُ بأنّ لنا صديقان في السماء يصلّيان لأجلِنا دومًا
لقد تعبنا يا ربُّ من كذب العالم وشرِّه وفقدنا الأملَ فيه، فساعدنا ألاّ نضعَ رجاءَنا إلا بكَ وحدَك
لقد كرهنا كلّ شيء يا ربُّ وحجبتْ الظلمةُ عيوننا، فازرع فينا من جديد محبّتك التي لا يحدّها الكون
نحنُ حزينون يا ربُّ، فعلّمنا أن الفرحَ هو من عندِك فقط وأن نتعلّمه من شهدائنا في سمائك
نحنُ خائفون يا ربُّ، فامنحنا شجاعةَ شهدائنا الأبرار الذين وقفوا بوجه الموت وكسروه
نحنُ تائهون يا ربُّ، فارشدنا إلى الطريق الصحيح ولتقوّنا أرواحُ شهدائكَ
نحنُ بحاجةٍ إليكَ يا ربُّ وسطَ هذه الظروف، فحوِّل حاجتنا هذه إلى صلاةٍ دائمة نوجّهها كأبناءٍ لكَ
نريدُ أن نبقى أمينين لكَ ولإخوتنا وللعالم كلّه، فكمِّل معنا رسالتك طولَ الأيام لنشهدَ حتّى لأعدائنا بمحبتِك
نسعى أن تستمرَ حياتُك فينا وألاّ تتوقف، لنبقى ننادي باسمِك وبمحبتِكَ لكلّ الناس.
نؤمنُ بكَ، نحبُّكَ، نرجو من خلالك، نحتاجُ إليكَ وليس لنا سواك ... يا ربُّ. آمين

 

Chi siamo, noi cristiani dell’Iraq? La strage nella chiesa di Baghdad, 31 ottobre 2010

by Baghdadhope
 
Due anni fa degli spietati assassini scatenarono l'inferno in una chiesa di Baghdad. Decine di fedeli riuniti per la Santa Messa ed i due sacerdoti presenti in chiesa furono barbaramente uccisi.
Donne, uomini, bambini ed anziani vissero per ore in un incubo. Alcuni si salvarono fingendosi morti, altri perchè rimasero nascosti dai cadaveri, altri ancora per il puro capriccio degli assassini che dopo averli minacciati li risparmiarono. Molti furono feriti più o meno gravemente ma nessuno potrà mai dimenticare cosa successe quel giorno.
Per ricordare le vittime dell'attacco alla chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza Baghdadhope ha scelto di far rileggere le parole di un sacerdote caldeo molto amico dei sacerdoti uccisi quella sera pubblicate il 9 novembre 2010 da Zenit, Padre Albert Hisham Naoum.
Sono parole intense che  commuovono e che, anche se riferite ad un episodio passato, devono farci riflettere sulla sorte dei nostri fratelli iracheni cristiani.
La strage del 31 ottobre 2010 è stato l'episodio più cruento di cui gli iracheni cristiani siano stati vittime ma la violenza nei loro confronti, che sia fisica o verbale, che sia fatta di discriminazioni in ambito lavorativo o della costante sensazione di minaccia che vivono, non è mai finita. Ricordiamocelo.  


 
 

di padre Albert Hisham Naoum

ROMA, martedì, 9 novembre 2010 (ZENIT.org).- I martiri della chiesa di Nostra Madre “Signora del Perpetuo Soccorso” hanno mostrato al mondo, ancora una volta, chi siamo noi, cristiani dell’Iraq, e si sono uniti ai martiri della nostra Chiesa, coloro che hanno sacrificato la loro vita, per offrirla a Cristo, nostro Signore, che ci ha insegnato a testimoniare per la risurrezione, per la vita, per il perdono, per la speranza, per l’amore, per la fede, per la gioia. Il sangue dei nostri eroi caduti, grida al mondo e a tutta l’umanita, e spinge noi cristiani dell’Iraq, ovunque siamo, a “predicare” al mondo il Cristo sofferente e risorto che vive nella nostra terra ferita.
Sì, dico “predicare” perché la nostra fede “è una buona novella”, lo era e così sarà per sempre. Chi ha orecchi per udire, che ci senta adesso, e che conosca il Cristo vissuto dai cristiani dell’Iraq. E’ una testimonianza che viviamo e che continueremo a vivere. E se vi è qualcuno che non sente la sua importanza nella vita, ci limitiamo a dire, a lui e al mondo intero, che per noi è la “vita” intera. Quello che il mondo chiama “il niente”, per noi e’ “il tutto”!
I cristiani dell'Iraq ben conoscono il Cristo risorto cha ha vinto la morte, non perché sono fedeli battezzati, ma piuttosto perché, con Lui, hanno sperimentato parecchie volte la morte sulla croce, e perché come Lui hanno bevuto l’amaro calice e hanno vissuto l’abbandono degli altri. E fianco a fianco con Lui hanno percorso la via della sua croce, e sono caduti sotto il peso della loro croce, una volta nell’attacco alle loro chiese, e un’ altra con la morte, e un'altra ancora col massacro di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, e nonostante ciò, continuano ad alzarsi e a vivere la loro fede come hanno sempre fatto lungo la storia, camminando lungo la via della sofferenza.
Per i cristiani dell’Iraq, il 31 ottobre non è stata la prima volta che hanno sofferto, e nessun essere umano, e specialmente coloro che pretendono di volere la pace ma in realtà non la vogliono, può pretendere che questa sarà l’ultima volta. Ma loro non ci interessano, perché la nostra speranza non è mai stata e mai lo sarà in loro, ma in Colui che ha portato la sua croce e ha camminato sulla via della morte per garantirci che la vita alla fine continuerà e vincerà.
I cristiani dell’Iraq hanno sperimentato in maniera profonda il senso della vita perché ne hanno vissuto le gioie dopo averne gustato l’amaro delle tristezze; ne hanno vissuto la speranza dopo aver sperimentato la potenza della tragedia; ne hanno vissuto il riso dopo aver versato le lacrime; e ne hanno vissuto il sorriso dopo aver visto la volontà rotta dalla violenza. Questi sono realmente i cristiani dell’Iraq con il loro cuore buono, che ama tutti e la patria e la vita; questi sono coloro che perdonano i loro nemici e seminano il bene ovunque si trovino, e diffondono lo spirito della pace che sa del loro profumo. E nonostante le loro tante sofferenze, non hanno mai dimenticato di vivere il loro spirito cristiano in ogni luogo.
Volete un esempio di tutto questo?! Bene, ve lo mostra la chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, che vi parlerà a nome di tutti i cristiani dell’Iraq e vi darà esempi scritti col sangue dei suoi martiri. Avete sentito in che modo sono morti in questo massacro i due preti coraggiosi, Wasim Sabieh e Thaier Saad Abdal?! Sapevate che hanno difeso i fedeli e hanno cercato di salvarli offrendo la loro vita non appena i criminali hanno messo piede in chiesa?! Lo sapevate che un padre ha protetto il suo figlioletto coprendolo totalmente con il corpo mentre erano sdraiati a terra, ed è morto con una raffica di proiettili per far soppravvivere il figlio?! Avete sentito che gli assassini hanno ucciso una bimba di 4 mesi e una giovane che nel giono della sua morte aveva ricevuto la notizia più bella, e cioè che era incinta, e per questo era andata in chiesa per ringraziare il Signore per questo dono?!
O popoli del mondo, questi sono i cristiani dell’Iraq. Udite e testimoniate a tutti!
E voi cristiani dell’Iraq, se la tristezza riempe le vostre anime e non vedete il futuro, guardate lassù, al Dio dei Cieli e della Terra, e ricordatevi bene di chi siete e fatelo sapere al mondo! Cristo non lascerà soli noi che siamo il suo “piccolo gregge” e ci vorrà sempre con Lui, a vivere la nostra fede e il nostro amore per tutti come abbiamo sempre fatto, perché ci dice “da questo tutti sapranno che siete miei discepoli” (Giovanni 13: 35).
Testimoniamo con la nostra vita, affinché le coscienze vedano quanto ci sta accadendo, e affinché sentano coloro che hanno tappato gli orecchi e parlino coloro che hanno serrato le labbra. Noi siamo i cristiani dell’Iraq!
 

29 ottobre 2012

Rogazionisti in Iraq: Intervista a Padre Jalal Yako che si prepara per fare ritorno nel suo sofferente Iraq

dal settimanale diocesano "La Difesa del Popolo" 21 ottobre 2012
by Cinzia Agostini

Padre Jalal Yako, religioso rogazionista di origini irachene, dopo aver servito la nostra diocesi per alcuni anni nella parrocchia del Buon Pastore, è pronto a partire come missionario: destinazione il suo martoriato paese d’origine, l’Iraq. Ecco la sua testimonianza in occasione della Giornata missionaria mondiale. «Sono nato a Ninive, nella zona nord dell’Iraq – esordisce – La mia è una vocazione maturata grazie alla testimonianza della mia famiglia e del mio parroco, anche se determinante è stata l’esperienza del servizio militare, negli anni 1992-94. Lì ho conosciuto la durezza della vita e l’assurdità dell’uso delle armi e della guerra; confrontandomi con ragazzi musulmani che la pensavano come me, unico cristiano, ho capito che tra gli uomini è possibile un dialogo allargato, in cui si possono utilizzare le parole e la logica della ragione. Era da poco terminata la disastrosa guerra contro l’Iran, una guerra durata otto anni, senza motivo, che ha causato un milione di morti; di recente c’era stata l’invasione del Kuwait con l’intervento degli Stati Uniti, che hanno regalato al mio popolo altri lutti e sofferenze.
Subito dopo ho conosciuto i padri rogazionisti e mi sono innamorato dell’idea del servizio alle vocazioni, alla tutela e alla promozione della vita nella sua massima realizzazione ed espressione e dell’apostolato caritativo tra poveri e giovani in difficoltà. Ho coronato il sogno della mia vita il 29 dicembre del 2005, diventando sacerdote rogazionista»
Come si è trovato nella nostra diocesi?

«Dopo l’ordinazione presbiterale sono arrivato in qualità di vice parroco nella parrocchia del Buon Pastore dell’Arcella, dove ho svolto il mio ministero fino allo scorso agosto. Sono rimasto affascinato dalla testimonianza di fede di una comunità cristiana diocesana matura e aperta alla solidarietà, alla missione e all’approfondimento della liturgia e della spiritualità. La diocesi di Padova raccoglie come in uno scrigno il meglio della tradizione teologica e pastorale sia dell’occidente che dell’oriente. Ho potuto constatare anche una ricchezza ministeriale e la collaborazione attiva dei laici che rende più partecipata e corale l’azione apostolica e pastorale: sono elementi che caratterizzano la polifonia e la varietà di una chiesa locale attenta a tutte le moderne problematiche».
Qualche elemento da migliorare?

«Chi è sempre e in maniera incontrastata il “primo della classe” non pensa che ci possa mai essere uno migliore di lui: se nella chiesa di Padova si possono individuare dei limiti, questo citato, a mio parere, potrebbe essere uno. Credo sia necessario rimettersi sempre in gioco, pensando di essere gli ultimi e con la grinta per poter diventare primi; ma senza mai illudersi di esserlo veramente».
Come ha vissuto la tragedia che ha investito il suo paese?

«Le guerre rimangono ferite aperte nel mio cuore e offendono la mia sensibilità umana e sacerdotale, ispirata ai valori evangelici che sono di segno nettamente opposto. Ancora non riesco a capacitarmi dello smembramento del mio popolo, dell’umiliazione di culture e tradizioni secolari, delle morti assurde e di vite umane perdute, del tessuto sociale aggravato di lacerazioni, deportazioni, persecuzioni e fughe di massa a cui assistiamo impotenti. La violenza genera violenza ed è difficile riannodare il filo del dialogo e proseguire facendo finta di niente, perché gli odi e le vendette a lungo contratte riesplodono senza controllo, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti, e che le cronache registrano e ci riferiscono quotidianamente».
Ora sta per tornare in Iraq: cosa si aspetta?

«A settembre il papa, a Beirut, ha presentato l’esortazione apostolica che raccoglie i contributi del sinodo per le chiese orientali del 2010: è un documento in cui si sollecitano i cristiani a non abbandonare la propria terra e a essere testimoni dell’amore di Dio in mezzo agli uomini, in un confronto rispettoso delle diversità, costruendo ponti di solidarietà e di pace. È in questo contesto che si situa la decisione della nostra provincia di aprire in Iraq, da dove tutti fuggono: i cattolici nel paese sono passati da un milione nel 1990 a poco più di mezzo milione oggi, e si è preoccupati che chiese così antiche, che vantano tradizioni secolari e risalenti ad ascendenze apostoliche e primitive, rischino di disgregarsi e disperdersi. La nostra nuova comunità vuole essere portatrice di testimonianza e di un lume di speranza per i nostri fratelli nella prova». 


by Rogazionisti del Cuore di Gesù, 29 dicembre 2005

Il 29 dicembre 05, giovedì, nella chiesa dedicata alla Madonna Immacolata, nella città di Karakosh, Mossul, Iraq, il Chierico Jalal Yako verrà ordinato sacerdote per le mani di Sua Eccellenza Monsignor Basile Georges Casmoussa, Arcivescovo di Mossul. Nella stessa chiesa egli celebrerà la sua Prima Messa solenne alla presenza dei suoi famigliari, parenti e alcuni confratelli iracheni giunti dall’Italia, il 1 gennaio 2006.
Il P. Jalal, cittadino iracheno, da diversi anni residente in Italia, è attualmente religioso della comunità locale di Padova dove ha svolto in attesa della sua ordinazione sacerdotale il suo ministero diaconale presso la Chiesa Parrocchiale di Gesù Buon Pastore. Egli entrò a far parte della nostra Congregazione tramite l’opera e l’incoraggiamento delle Suore Domenicane Irachene che risiedono presso la nostra Curia Generalizia in Roma. La sua ordinazione sacerdotale possa essere auspicio di pace in quella nazione martoriata dalla guerra e dal terrorismo.
 

24 ottobre 2012

Mons. Warduni (Baghdad). Santa Messa per la pace presso la tomba di San Pio

By Baghdadhope*


Sua Eccellenza Mons. Shleimun Warduni, vescovo Ausiliare del Patriarca caldeo, accompagnato da Padre Basilio Yaldo e da due monaci francescani ha celebrato la Divina Liturgia del giorno lunedi 22 ottobre 2012 presso la tomba di San Pio a San Giovanni Rotondo.  Il Vescovo ha chiesto ai fedeli che hanno partecipato alla liturgia nel corso della loro visita al santuario di Padre Pio di pregare per la pace nel mondo ed in particolare in Medio Oriente e in Iraq
La Santa Messa e' stata trasmessa in diretta dal canale televisivo di padre Pio.


قداس لاجل السلام عند قبر القديس بيو

By Baghdadhope*



احتفل سيادة المطران شليمون وردوني المعاون البطريركي الكلداني برفقة الاب باسل يلدو واثنين من الرهبان الفرنسيسكان بالقداس الالهي يوم الاثنين المصادف  22 تشرين الاول 2012 في تمام الساعة 7:30 صباحاً عند قبر القديس بادري بيو (Padre Pio) في بلدة جوفاني روتوندو الواقعة ضمن مدينة فوجا الايطالية.

وقد قدم سيادة المطران شليمون وردوني هذا القداس الذي حضره جمع كبير من المؤمنين اثناء زيارتهم لضريح بادري بيو لاجل السلام في العالم وبشكل خاص الشرق الاوسط والعراق، وطلب من المؤمنين الصلاة لاجل هذه النية.

هذا وقد تم نقل القداس مباشرة في التلفزيون الايطالي قناة الاب بيو.


Mons. Sako: Nell’incontro con Dio e con l’altro, riscoprire la fede in Cristo


Riscoprire il Vangelo "con un vocabolario nuovo, più comprensibile, positivo e attraente", e sviluppare una teologia che "tenga conto del mondo arabo", anche non cristiano. Sono i temi affrontati da mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, nel suo intervento per la XIII Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, dal tema "La Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". A causa di un infortunio, il prelato non ha potuto partecipare all'assemblea.
Al suo posto, mons. Sleimon Wardouni, vescovo ausiliare di Baghdad, ha preso parte al Sinodo.
Di seguito, il testo di mons. Sako.

Vorrei mettere in evidenza due punti:
Il sinodo ha la missione di riscoprire la forza dinamica del Vangelo, e metterla in risalto con un vocabolario nuovo, più comprensibile, positivo e attraente
La fede, come l'amore, è una realtá che si esprime soprattutto in questo: incontrare qualcuno e avere rapporti personali con lui. Questo rapporto diventa una fonte di vita. Ciò che è importante è vivere un'esperienza mistica, di incontro con Dio, non tanto un esercizio di speculazione o una spiegazione verbale. Il rapporto, l'incontro, produce un sentimento, un atteggiamento intimo che contiene tutte le altre profondità dell'uomo e ha il potere di rinnovare e far crescere. Invece, la teologia è piuttosto un sistema oggi molto complesso. In genere, i fedeli non la comprendono, e a volte arrivano a stravolgere la missione dei cristiani e finiscono con lo sminuire la forza e la dinamica della Buona Novella. Nell'incontro con l'altro vi è la passione d'annunciare la Buona Novella di Gesù, che dice che Dio è nostro Padre e noi tutti siamo suoi figli, e quindi fratelli e sorelle che vivono nella grazia di Dio e nella gioia.
Gesù ci dà la possibilità di vivere in una vera libertà! Nel credente ci sono motivi di ferma speranza e di fede positiva in Gesù Risorto. In tal modo, il mistero pasquale non è un evento del lontano passato, ma è ben presente oggi e ci spinge a cercare la Salvezza; è la forza per noi cristiani perseguitati. Solo in questo modo capiamo un po' meglio cosa significhi camminare fino al sacrificio!
Al giorno d'oggi, è necessaria una formazione spirituale e biblica solida per il nostro clero, perché possa scoprire e saper interpretare i segni dello Spirito. Mi chiedo quali siano oggi le ragioni di speranza e di gioia che diamo ai nostri giovani con il nostro insegnamento. Anche nella nostra liturgia, che è la festa della Redenzione, la gioia di celebrare il Signore Risorto e l'impegno per testimoniarlo! Dove è la dimensione kerigmatica? Si impone oggi un nuovo approccio teologico basato sulla vita di grazia e la gioia di essere Cristiano. Sarebbe bene rinnovare in profondità la teologia, liberandola da un razionalismo, un relativismo e un fideismo che impoveriscono il dinamismo del Vangelo.
Necessità di una teologia che tenga conto delle mentalità nel mondo arabo
Oggi è necessario sviluppare una teologia cristiana e una cultura arabo-cristiana, in grado di annunciare la Parola di Dio ai cristiani arabi (o arabofoni) e ai non cristiani, per  aiutarli a scoprire l'amore di Dio e la sua presenza paterna. Ciò potrebbe migliorare il dialogo e rafforzare una coesistenza armonica tra i popoli e le confessioni, nel rispetto della dignità di ogni uomo.
Questo dovrebbe essere un impegno e una missione prioritaria per la Chiesa del Medio Oriente, che affronta oggi numerose sfide, ed è quanto mai minacciata di estinzione.
Una tale teologia, naturalmente, non significa un isolamento dalla teologia della Chiesa universale, o in contraddizione con essa, ma piuttosto è uno strumento di aiuto a scoprire la sua propria identità e la propria missione nel concreto ambito arabo e musulmano, come aiuto a vivere e interagire con gli eventi attuali.
Questo approccio teologico è una necessità e un'aspirazione urgenti. Esso dovrebbe basarsi sulla Bibbia e la tradizione dei Padri, sul vasto campo della letteratura araba cristiana del medioevo, aggiornato secondo la cultura delle persone di oggi e secondo la loro situazione.
Una tale teologia cristiana, con la sua dimensione ecumenica - all'interno del mondo cristiano - guarda anche al mondo musulmano con le sue aspettative. Questo darà a cristiani e musulmani una grande forza per rimanere nelle nostre terre e continuare la nostra presenza, la nostra  testimonianza e la nostra speranza. Era questo lo scopo del Sinodo per il Medio Oriente. Speriamo che l'Esortazione apostolica [Ecclesia in Medio Oriente] aiuti a fare qualche passo in avanti in questo senso, nonostante  le difficoltà dovute all'instabilità generale e al dominio delle culture maggioritarie del Medio Oriente.

23 ottobre 2012

Iraq: Teatro Nazionale Baghdad apre porte a cultura italiana


Il Teatro Nazionale di Baghdad apre le porte all'arte e la cultura italiana: per la prima volta dalla caduta di Saddam Hussein, lo stabile ospiterà un gruppo di artisti italiani che il prossimo 7 novembre saliranno sul palco per dare vita a uno spettacolo di poesia, musica lirica, classica, folk e jazz. Si tratta del progetto “Cultura, Strumento di Pace” promosso da Minerva, insieme all'irachena International Alliance for Justice e all'associazione Legal Aid Worldwide (Law), con il sostegno del ministero degli Esteri e la collaborazione del Teatro Carlo Felice di Genova, della Fondazione Musica per Roma - Auditorium Parco della Musica, di Puglia Sounds, del Ravenna Festival, dei conservatori Niccolò Paganini di Genova e Niccolò Piccinni e di Rai Teche.

Tappe a
Sulaimaniya ed Erbil
L'iniziativa, che verrà presentata venerdì 26 ottobre alla Farnesina, non si fermerà nella capitale irachena ma farà tappa anche nelle città curde di Sulaimaniya ed Erbil (9 e 11 novembre), dove si terranno anche incontri istituzionali e con i giovani universitari e delle scuole d'arte. Lo spettacolo si snoderà attraverso le voci portate dal poeta Davide Rondoni, i ritmi delle musiche popolari rivissute da Ambrogio Sparagna e l'Orchestra Popolare italiana, la grande musica jazz di Roberto Ottaviano e il virtuosismo di Paganini suonato dal violino di Elisabetta Garetti, fino alle celebri arie d'opera di Verdi, Puccini e Donizetti cantate dalla soprano Anna Corvino e dal tenore Cristiano Cremonini, accompagnati dal pianista Francesco Ricci.

22 ottobre 2012

Università cattolica ad Erbil. Mons. Lingua: "Un atto coraggioso e contro corrente"

By Baghdadhope*

All’inizio del 2011 l’Arcivescovo caldeo di Erbil, Mons. Bashar M. Warda, aveva annunciato la creazione di un’università privata cattolica nella regione autonoma del Kurdistan iracheno.
Lo scorso 20 ottobre è stata posata la prima pietra dell’edificio che, aperto a tutti, anche quindi ai musulmani, ospiterà circa 3000 studenti impegnati in corsi umanistici e tecnico-scientifici.
Quando ancora l’università di Adiabene era un progetto sulla carta Mons. Warda ne aveva ampiamente chiarito i fini: una sfida per il futuro che per molti ancora in Iraq è incerto, la possibilità per i cristiani di dimostrare l’intenzione di partecipare attivamente alla rinascita del paese contribuendovi nei campi in cui da sempre è stato riconosciuto loro il primato, sanità ed istruzione, e l’opportunità di offrire lavoro e servizi e conseguentemente frenare la fuga dei cristiani dall’Iraq.
Questi desiderata sono ora realtà.
I lavori che si prevede termineranno nel 2015, come dichiarato da Mons. Warda a Fides qualche giorno fa, sono iniziati con la posa della prima pietra la cui importanza è stata sottolineata da Mons. Giorgio Lingua, Nunzio apostolico in Giordania ed Iraq, presente alla cerimonia.
La posa della prima pietra di una università cattolica, ha detto il Nunzio nel suo discorso, “è un atto di coraggio” “rimarchevole” perché grande è la sfida e perché occorrono enormi risorse materiali ed umane, e tutto questo nonostante il pessimismo a volte prevalga. Oltre che coraggioso un tale progetto è “contro corrente” spiega Mons. Lingua, perché mentre molti, soprattutto giovani, pensano a lasciare l’Iraq c’è chi reagisce offrendo loro una occasione per rimanere ed addirittura contribuire al futuro del paese.
Un progetto, insomma, “che non potrà che fare del bene ai cristiani dell’Iraq e a tutto il Paese.”
L’importanza della fondazione di un’università cattolica però non è solo nei vantaggi pratici che porterà ai singoli ed alla comunità e questo è chiarissimo nel discorso di Mons. Lingua.
Ricordando il Sinodo dei Vescovi che si sta svolgendo proprio in questi giorni a Roma ed il cui titolo è la “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” ma anche l’Esortazione Apostolica “Ecclesia in Medio Oriente” recentemente consegnata in Libano da Benedetto XVI ai cristiani di quell’area che ha come sottotitolo “Comunione e Testimonianza” Mons. Lingua ha infatti sottolineato, citando la Costituzione apostolica Ex corde Ecclesiae di Giovanni Paolo II, come “ogni Università cattolica offre un importante contributo alla Chiesa nella sua opera di evangelizzazione”.
Certo un’università, per “potersi dire cattolica” deve attenersi ad alcuni princìpi: l’ispirazione cristiana per la comunità universitaria in toto e la sua fedeltà al messaggio di Cristo, il desiderio di offrire il proprio contributo al tesoro della conoscenza umana, l’impegno al servizio del popolo di Dio e della famiglia umana.
Possedere queste caratteristiche, per un’università cattolica, però non significa secondo Mons. Lingua che in essa la componente confessionale sia “preponderante ed escludente” perché, al contrario, essa non è settaria dato che è “impegnata a promuovere il dialogo tra fede e ragione, e vuole dimostrare che esse non sono in contrapposizione l’una all’altra ma complementari” così che “la ricerca metodica in ogni ramo del sapere, se condotta in maniera veramente scientifica e secondo le leggi morali, non può mai trovarsi in reale contrasto con la fede. Le cose terrene e le realtà della fede, infatti, hanno origine dal medesimo Dio”. (Gaudium et Spes. N°36).
Per questa ragione quindi, puntualizza Mons. Lingua, non basta che un’università si dica “cattolica” se “non si potranno anche vedere gli effetti pratici di un insegnamento basato sulla formazione integrale dell’uomo, della sua mente e del suo cuore.”

Alla cerimonia della posa della prima pietra dell’Università di Adiabene hanno partecipato diversi rappresentanti religiosi e civili.
Tra essi Mons. Jacques Isaac, rettore del Babel College, l’unica facoltà di filosofia e teologia cristiana in Iraq che nel 2007 per ragioni di sicurezza fu trasferito da Baghdad ad Erbil, e dove gli studenti della facoltà di filosofia dell’università di Adiabene frequenteranno alcuni corsi; l’Abate Tannous Nehme, O.L.M. superiore Generale dell'Ordine Maronita Libanese, Padre Hady Mahfouz, O.L.M. rettore dell'Università Saint Esprit de Kaslik (Libano), Padre Abdo Badawi, O.L.M, direttore dell’Istituto di Arte sacra della stessa università, il governatore di Erbil, Nawzad Hadi, il Ministro dei trasporti e delle comunicazioni del Governo regionale Curdo, Jonson Siyaoosh, Jamal Khader, direttore generale dell’ufficio del governo regionale curdo per le proprietà religiose e Khalid Jamal Alber, direttore del dipartimento per i cristiani dello stesso ente.


Baghdadhope pubblica di seguito il testo integrale (Italiano ed Inglese) del discorso pronunciato da Mons. Lingua per la posa della prima pietra dell’Università Cattolica di Erbil.


Posa della prima pietra dell’Università Cattolica di Erbil
Sabato, 20 ottobre 2012

Intervento del Nunzio Apostolico
S.E. Mons. Giorgio Lingua 



La posa della prima pietra di una Università Cattolica ad Erbil è un atto di coraggio, una scelta controcorrente. Va dato atto a S.E. Mons. Bashar Warda ed ai suoi validi collaboratori e consiglieri per essere riusciti ad iniziare un progetto che non potrà che fare del bene ai cristiani dell’Iraq e a tutto il Paese.
Un atto di coraggio perché la sfida è grande. Occorrono risorse materiali e soprattutto umane non indifferenti. Con il pessimismo che a volte prevale a riguardo della presenza cristiana in Iraq, è tanto più rimarchevole.
È un atto contro corrente, perché mentre molti, soprattutto giovani, pensano di lasciare il Paese in cerca di condizioni di vita migliori, qualcuno prova a reagire ed offre proprio ai più tentati dalla fuga un’occasione per rimanere e dare un qualificato contributo all’Iraq di domani.
Come sapete, la Chiesa cattolica in questi giorni è impegnata a Roma nel Sinodo dei Vescovi dal titolo “la Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Da poco più di una settimana siamo entrati nell’Anno della Fede con il quale vogliamo commemorare il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e il 20° della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Poco più di un mese fa, in Libano, il Santo Padre ha consegnato ai cristiani del Medio Oriente l’Esortazione Apostolica Ecclesia in Medio Oriente, dal significativo sottotitolo Comunione e Testimonianza. In questo contesto, l’evento di questa sera assume un significato particolare. La Costituzione apostolica Ex corde Ecclesiae di Giovanni Paolo II, dedicata a delineare la configurazione ed i criteri distintivi delle Università cattoliche, dice infatti: “Secondo la propria natura, ogni Università cattolica offre un importante contributo alla Chiesa nella sua opera di evangelizzazione. Si tratta di una vitale testimonianza di ordine istituzionale da rendere a Cristo e al suo messaggio, così necessario nelle culture contrassegnate dal secolarismo, o là dove Cristo e il suo messaggio di fatto non sono ancora conosciuti” (ECE 49).Ma quali caratteristiche deve possedere una Università per potersi dire “cattolica”? Le elenca lo stesso documento pontificio appena citato, al N. 13. Esse sono:


1) un'ispirazione cristiana da parte non solo dei singoli, ma anche della comunità universitaria come tale;
2) un'incessante riflessione, alla luce della fede cattolica, sul crescente tesoro della conoscenza umana, al quale cerca di offrire un contributo con le proprie ricerche;
3) la fedeltà al messaggio cristiano così come è presentato dalla Chiesa;
4) l'impegno istituzionale al servizio del popolo di Dio e della famiglia umana nel loro itinerario verso quell'obiettivo trascendente che dà significato alla vita.


Sono caratteristiche esigenti, che potrebbero far pensare ad un esclusivismo eccessivo, come se la componente confessionale fosse preponderante ed escludente. In realtà, una Università cattolica non è settaria, poiché è impegnata a promuovere il dialogo tra fede e ragione, e vuole dimostrare che esse non sono in contrapposizione l’una all’altra ma complementari, “in modo che si possa vedere più profondamente come fede e ragione si incontrino nell'unica verità”, dice ancora la ECE, n. 17. Mentre ciascuna disciplina accademica mantiene la propria integrità e i propri metodi, il rapporto tra fede e ragione deve evidenziare che la «ricerca metodica in ogni ramo del sapere, se condotta in maniera veramente scientifica e secondo le leggi morali, non può mai trovarsi in reale contrasto con la fede. Le cose terrene e le realtà della fede, infatti, hanno origine dal medesimo Dio» come afferma il documento conciliare Gaudium et Spes, al n. 36.
Se può essere impegnativa la costruzione e l’organizzazione di un centro educativo tanto importante ed esigente, il successo non si misurerà soltanto sulla efficienza delle strutture, sul numero degli iscritti o sulla qualità dei certificati di studio ottenuti. Altrettanto importanti saranno i rapporti che si sapranno creare tra le varie componenti del mondo universitario: tra gli insegnanti stessi, tra docenti ed alunni, tra addetti all’amministrazione e quelli responsabili della manutenzione, etc. Questa rete di rapporti dovrà generare un’atmosfera particolare che dovrà essere percepibile immediatamente da tutti coloro che varcheranno la soglia dell’Università e dovrà dare visibilità alla peculiarità cristiana dell’Istituto: “Da questo – infatti - conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). Non sarà sufficiente pertanto fregiarsi del titolo di “Cattolica” se non si potranno anche vedere gli effetti pratici di un insegnamento basato sulla formazione integrale dell’uomo, della sua mente e del suo cuore. I principi etici ispirati al cristianesimo che dovranno orientare l’insegnamento di questa università dovranno essere subito verificabili nello stile e nella presentazione esterna. Dovrà essere pertanto bandita la rivalità fondata sull’invidia, ma non la sana competizione. Si dovrà infatti gioire delle conquiste e dei successi degli altri come dei propri e ci si stimolerà a vicenda a dare e cercare sempre il meglio.
Gli Statuti, che dovranno essere approvati dalla Conferenza Episcopale irachena, dovranno tener conto di tutto questo. Sarà molto opportuno, inoltre, provvedere quanto prima ad allacciare l’Università alla Federazione Internazionale delle Università Cattoliche, che è composta da circa 200 università Cattoliche e istituti di educazione superiore in tutto il mondo.
La Santa Sede, attraverso la Congregazione per l’Educazione Cattolica, che, tra l’altro, promuove anche corsi di formazione per i Rettori delle Università Cattoliche, sarà sempre a disposizione per qualunque forma di assistenza. Mentre esprimo ancora una volta apprezzamento per la significativa opera che avete intrapreso, affido questa Università a Maria, Sede della Sapienza.


Laying of the cornerstone of the Catholic University of Erbil  
October 20th, 2012

Address of the Apostolic Nuncio
H.E. Msgr. Giorgio Lingua
  

The laying of the cornerstone of the Catholic University in Erbil is an act of courage, an initiative against the current. My sincere acknowledgements go to His Excellency Msgr Bashar Warda and his valuable collaborators and counsellors who succeeded in launching this project which will be an asset for the Christians in Iraq and for the whole Country.
This is an act of courage because the challenge is great. It requires material resources and, even more, not indifferent human resources. With the pessimism that at times prevails regarding the Christian presence in Iraq, it is all the more remarkable.
This is also an act against the current because while many, above all the youth, think to leave the country in search of a better life, somebody is trying to react offering to those who are most tempted to flee an opportunity to remain and to give a qualified contribution to the Iraq of tomorrow.
As you know, the Catholic Church is currently holding in Rome the General Assembly of the Synod of Bishops on the topic: “The New Evangelization for the Transmission of the Christian Faith”. A little more than a week ago we entered the Year of the Faith by which we commemorate the 50th Anniversary of the opening of the Second Vatican Council and the 20th anniversary of the publication of the Catechism of the Catholic Church. Just over a month ago, in Lebanon, the Holy Father delivered to the Christians in the Middle East the Apostolic Exhortation Ecclesia in Medio Oriente, which has a significant subtitle: Communion and Witness. In this context, the event of this evening acquires a special meaning. The Apostolic Constitution of Pope John Paul II, Ex corde Ecclesiae, dedicated to delineate the configuration and the distinctive characteristics of the Catholic Universities says: “By its very nature, each Catholic University makes an important contribution to the Church's work of evangelization. It is a living institutional witness to Christ and his message, so vitally important in cultures marked by secularism, or where Christ and his message are still virtually unknown” (ECE 49).
But what are the essential characteristics which a University should possess in order to be called “Catholic”? The same Papal document which I quoted above enumerates it in N. 13. They are:

1.  “a Christian inspiration not only of individuals but of the university community as such;
2.   a continuing reflection in the light of the Catholic faith upon the growing treasury of human knowledge, to which it seeks to contribute by its own research;
3.   fidelity to the Christian message as it comes to us through the Church;
4.   an institutional commitment to the service of the people of God and of the human family in their pilgrimage to the transcendent goal which gives meaning to life".

These characteristics are demanding. They could suggest an excessive exclusivism as if the confessional component of the University would be prevalent and restrictive. In fact, a Catholic University is not sectarian, because it is committed to promoting the dialogue between faith and reason, and wants to prove that they are not in opposition but rather complementary to each other, so “that it can be seen more profoundly how faith and reason bear harmonious witness to the unity of all truth”, reiterates the Apostolic Constitution (ECE, n. 17). While retaining the own integrity and methods of each academic discipline, this dialogue between faith and reason should evidence that the “methodical research within every branch of learning, when carried out in a truly scientific manner and in accord with moral norms, can never truly conflict with faith. For the things of the earth and the concerns of faith derive from the same God” as asserted by the conciliar document Gaudium et Spes n. 36.
If it can be a hard task to build and to organize a Centre for education, soimportant and demanding, its success will be measured not only by the efficiency of its structures, by the number of its students or by the quality of the certificates issued. Equally important will be the web of relationships that will be created between the various components of this University: among professors themselves, between teachers and students, between the administrative personnel and the maintenance staff, etc.…
This network of relationships should generate a special atmosphere that will be immediately perceptible to all who will be crossing the threshold of this University and the Christian identity of this Institute should be immediately visible, that is: “By this everyone will know that you are my disciples, if you have love for one another” (Jn 13, 35).
So, it will not be enough to be entitled to be called “Catholic” unless you can also see the practical consequences of an education based on the integral formation of the human person, both its mind and its heart. Ethical Christian principles which will guide the training of this University should be immediately verifiable in its style and external appearance. Therefore the rivalry based on envy should be banned, but not the healthy competition. Everyone should rejoice at the achievements and success of others as their own and should encourage each other to give and search always the best.
The statutes, which must be approved by the Episcopal Conference of Iraq, should take into account these guidelines. It will be very appropriate to link as soon as possible this University to the International Federation of Catholic Universities, which is made up of 200 Catholic Universities and Institutions of Higher Education throughout the world.
The Holy See, through the Congregation for Catholic Education, which, by the way, also offers regular courses of formation for the Rectors of the Catholic Universities, will always be available for assistance. While praising you for this remarkable endeavour, I entrust this University to Mary, Seat of Wisdom.

18 ottobre 2012

Il Nunzio Apostolico in Iraq consegna all'Ayatollah Ali Al sistani la lettera apostolica "Ecclesia in Medio Oriente"

By Baghdadhope * 

Nella giornata di ieri una nutrita delegazione di sacerdoti e vescovi cristiani con a capo il Nunzio Apostolico, Mons. Giorgio Lingua, ha visitato la città santa sciita di Najaf.


Una volta arrivata nella città dell'Iraq meridionale la delegazione, di cui faceva parte anche il vescovo armeno cattolico Emmanuel Dabbaghian e Raad Kachaci, presidente dell'ufficio governativo per i cristiani e le altre religioni,  ha subito incontrato la sua figura religiosa più in vista, l'Ayatollah ʿAlī al-Sīstānī.
Un incontro durante il quale ambo le parti hanno tenuto a sottolineare quanto i cristiani siano parte integrante ed antichissima del tessuto sociale iracheno.
“Lo scopo della visita a Najaf era quello di visitare i luoghi cristiani scoperti in quella città” sono le parole di Mons. Lingua a Baghdadhope.
“Al Sistani ci ha concesso una visita di cortesia durante la quale gli ho consegnato la Lettera apostolica “Ecclesia in Medio oriente ed abbiamo commentato il recente viaggio del papa in Libano risultato molto significativo anche per il dialogo  interreligioso.” A questo proposito, sono sempre le parole di Mons. Lingua, il clerico sciita “ha ricordato ai giovani che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana." Vale la pena ricordare come questo non sia il primo incontro di Mons. Lingua con l'Ayatollah Al Sistani che il Nunzio aveva già visitato sempre a Najaf nel giugno dello scorso anno.
In mattinata la delegazione ha visitato anche la biblioteca di Al-Haidariyah ed il santuario dell'Imam ʿAlī, il terzo luogo sacro in termini di importanza per gli sciiti del mondo, dopo Mecca e Medina, perché luogo di sepoltura di ‘Alī ibn Abī Tālib, cugino di Maometto, quarto califfo per la tradizione sunnita ma primo Imam per quella sciita.
Nel pomeriggio, invece, è stata la volta della visita ai resti archeologici della città di Hira, a pochi chilometri da Najaf dove sono stati rinvenuti delle rovine di chiese ed altre testimonianze della presenza cristiana in quelle zone in tempi antichissimi.
Circa tre anni fa, infatti, nel sito di espansione del nuovo aeroporto di Najaf furono rinvenuti i resti dell’antica città di Hira, la capitale dell’impero dei Lakhmidi, una tribù di origine yemenita che si pensa emigrò nell’attuale Iraq ed il figlio del cui capostipite, Imru Al Qais, si fece cristiano. Nel 266 i Lakhmidi trasformarono l’accampamento militare di Hira nella loro capitale. La città rimase tale fino al 663 quando il generale Khalid bin al-Walid la conquistò per ordine di Abu Baqr, immediato successore del profeta Maometto.
L’area archeologica, quindi, come dichiarò Shakir Abdulazahra Jabari, che guidò gli scavi dal 2007 al 2010 “ ha importanza storica perché ricca di antichità, inclusi resti di chiese, monasteri e palazzi.” Una presenza cristiana confermata anche da Yahya Kadhim al-Sultani docente all’università di Kufa, secondo il quale: “I cristiani hanno vissuto nella regione di Hira per lungo tempo e formavano circa un terzo della popolazione della città.”  Tra i reperti rinvenuti durante gli scavi si ricorda un pezzo di marmo con l’incisione “Benedizioni di Dio, Dio perdona i seguaci di Cristo”, ma soprattutto i resti di una chiesa all’interno della quale è stata ritrovata la tomba di un monaco, Abdul Masihi bin Baqeela, riportante l’iscrizione “La misericordia di Dio su Abdul Masihi” secondo quanto affermato dal direttore dell’ufficio provinciale per le antichità, Mohammed al-Mayali.
Le dimensioni della chiesa, secondo il Direttore del Dipartimento per le Antichità ed il Patrimonio Archeologico di Najaf, Shaker Abdul Zahra, sono di circa 60m x 60m. In essa sono stati ritrovati i resti di 4 grandi sale, camere per i monaci, due cucine, locali di servizio e due cortili, il tutto in un’area assicurata dalle eventuali aggressioni da mura di cinta, torri di argilla e mattoni  e due robusti cancelli.  


Per ulteriori informazioni sul sito archeologico di Hira:

17 ottobre 2012

Libertà religiosa nel mondo, «nuove preoccupazioni»

By Avvenire, 16 ottobre 2012
by Mimo Muolo

Le primavere arabe rischiano di diventare altrettanti "autunni" per i cristiani che vivono in quelle regioni. È uno dei dati che maggiormente saltano agli occhi leggendo il Rapporto 2012 sullo stato della libertà religiosa nel mondo, presentato ieri a Roma dall’Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). La maggior parte delle violazioni, infatti, riguardano i Paesi a maggioranza musulmana e a farne le spese sono nella quasi totalità dei casi le minoranze, in special modo quelle cristiane.
In particolare, è stato affermato durante la presentazione del rapporto, destano oggi preoccupazione Paesi che, invece, nel recente passato godevano di una relativa calma, come Tunisia, Libia (dove si teme l’introduzione della sharia), Egitto (con la minoranza copta mai così sotto pressione) e Siria. «I cristiani – ha detto l’islamologo padre Samir Khalil Samirchiedono l’uguaglianza con gli altri e il rispetto della loro fede». Ma secondo il gesuita egiziano, docente all’Università Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale, «in seguito alle rivolte, l’affermarsi di gruppi integralisti (come i Fratelli musulmani o i salafiti) ha riacceso i timori di vedersi sottoposti alla legge della legge islamica. Chi può – ha aggiunto il religioso – va via. Con il risultato che la presenza cristiana in tutti questi Paesi è destinata ad assottigliarsi, come è già avvenuto in Iraq, dove i pochi rimasti continuano a soffrire.Un ulteriore campanello d’allarme è costituito da alcuni fatti recenti in Egitto, ad esempio l’arresto di due bambini copti di otto e dieci anni accusati di aver profanato dei fogli di carta riportanti versetti del Corano. «Stiamo prendendo una direzione pericolosa – ha affermato padre Samir – e rischiamo di tornare ad un’epoca che ormai non conoscevamo più: quella del fanatismo religioso».Purtroppo, però, il Rapporto 2012 evidenzia un forte aumento della pressione dell’estremismo islamico anche in alcune nazioni africane – Kenya, Mali, Nigeria, Ciad e persino la Tanzania – che rischia di destabilizzare importanti aree del continente. Christine du Coudray Wiehe, responsabile internazionale per l’Africa di Acs, ha raccolto numerose testimonianze. «Nella Repubblica Democratica del Congo – ha detto – sono i soldati indonesiani e pachistani a servizio dell’Onu, che invece di garantire la sicurezza della popolazione, finanziano con i loro soldi la costruzione di moschee. In Ciad, invece, è stato l’ambasciatore saudita a vantarsi, prima di andar via, di aver costruito un centinaio di moschee».Simbolo della violenza fondamentalista nel continente è comunque in questo periodo la Nigeria dove la setta dei Boko Haram ha compiuto numerosi attacchi a istituzioni e Chiese, col dichiarato obiettivo di cancellare la presenza cristiana. L’incapacità governativa di garantire sicurezza ai cittadini è stata più volte messa in luce dall’episcopato locale che continua senza sosta ad invitare al dialogo e alla convivenza pacifica. «L’arcivescovo di Jos sogna un centro di riconciliazione e pace – ha riferito du Coudray –. La Chiesa in Africa è attore principale del dialogo interreligioso e non smette di promuovere la formazione dei giovani: fattore cruciale per estirpare l’odio e le tensioni».
Violenze di gruppi islamici contro i cristiani si registrano anche in Sudan, Eritrea e Somalia. Per quanto riguarda l’Asia, forti restrizioni alla libertà religiosa (sempre da parte musulmana) si hanno in Pakistan e Afghanistan. L’isola filippina di Mindanao è terreno di attacchi contro i cristiani, mentre in India è lunghissima la lista delle violenze anticristiane commesse dai nazionalisti indù: 170 attacchi di grave o media entità nel solo 2011 secondo il Global Council of Indian Christians (Gcic). «In Stati come Karnataka, Rajasthan, Gujarat, Madhya Pradesh and Chattisgarh vengono commesse ogni anno circa mille violenze contro i cristiani», ha detto John Dayal, segretario generale dell’All India Christian Council. Alle nuove violenze anticristiane si aggiunge la mancata giustizia per i pogrom del 2008 avvenuti in Orissa. «È stato il più devastante attacco alla comunità cristiana degli ultimi tre secoli. Eppure è stata emessa una sola condanna su 30 accuse di omicidio. Tutte le altre sono cadute».La seconda faccia delle violazioni alla libertà religiosa è quella di natura politica. Non siamo più ai tempi del comunismo imperante, ma le persecuzioni "di Stato" non certo sono finite (anche in Paesi come il Venezuela, dove si sono verificati numerosi casi di oltraggio a simboli religiosi cattolici o addirittura negli Usa dove fa discutere la riforma sanitaria varata da Obama, che obbliga i datori di lavoro a fornire ai dipendenti assicurazioni sanitarie comprensive di servizi quali contraccezione e aborto).
In Cina mai come nel 2011, afferma il Rapporto di Acs, è stata lunga la lista degli arresti di cristiani (cattolici e protestanti), islamici e buddhisti (tibetani); la maggiore durezza del governo si deve probabilmente al crescente interesse verso la religione, in particolare di quella cristiana. Ad aumentare le tensioni anche le nuove ordinazioni illecite e i numerosi casi di arresti, torture e «rieducazioni tramite il lavoro» subiti da chi, fedele al Papa, rifiuta di aderire all’Associazione Patriottica. È inoltre ancora aperta la questione delle proprietà confiscate alla Chiesa dopo la presa di potere di Mao Zedong.
Ispirato dall’esperienza cinese, anche il governo del Vietnam sta tentando di realizzare una Chiesa patriottica. La persecuzione si esprime anche con interruzioni di celebrazioni, arresti, distruzione di edifici religiosi, confische di terreni, aggressioni contro i fedeli.
In Myanmar le persecuzioni anti-cristiane hanno una connotazione politica e l’avvio di riforme volte ad accreditare il Paese con la comunità internazionale non ha scalfito l’ostilità del governo nei confronti delle religioni cristiane, socialmente considerate "straniere". Drammatica è la situazione della minoranza musulmana Rohingya e prosegue la decennale e violenta persecuzione ai danni della minoranza etnico-religiosa degli Hmong.
Sistematiche violazioni alla libertà religiosa si verificano in Laos, in particolare nel Nord, dove si levano proteste contro il rigido controllo delle autorità sulle attività di culto. Le restrizioni interessano anche la Chiesa cattolica che tuttavia nel gennaio 2011 ha celebrato un evento storico: la prima ordinazione sacerdotale in 40 anni nell’area settentrionale. Permane la negazione assoluta della libertà religiosa in Corea del Nord, dove la persecuzione ha avuto inizio del 1953 con la divisione della penisola. Come confermano le testimonianze degli esuli, è comune che chi pratica attività religiose sia internato nei campi di prigionia, dove sono applicate tortura e pene detentive severissime.
Europa patria della libertà religiosa? Non sempre l’assioma è vero. E così, mentre la Ue viene insignita del Nobel per la Pace, anche il Vecchio Continente conosce le sue eccezioni. Le violazioni sono in prevalenza di carattere sociale e ideologico. Ma non mancano quelle più dirette. In Austria, ad esempio, si verificano con sempre maggiore frequenza casi di aggressioni e atti di intolleranza. Episodi di vandalismo associati ad atti d’intolleranza nei confronti delle convinzioni religiose cristiane si sono registrati in diverse città della Germania e continuano ad aversi nel Regno Unito dove, secondo un rapporto del governo scozzese, nel periodo 2010-2011 vi sono state 693 imputazioni «aggravate da pregiudizio religioso». E numerosi sono i casi d’intolleranza in Spagna, comprese campagne pubblicitarie offensive. Gli episodi più vistosi hanno avuto luogo in occasione della GMG di Madrid, alla presenza del Papa.
In molti Paesi dell’Est non è stata ancora risolta l’annosa questione della restituzione delle proprietà e dei beni confiscati alle varie comunità religiose dopo la Seconda guerra mondiale. Tra questi, Ucraina, Romania, Slovacchia, Slovenia, Montenegro e Repubblica Ceca, dove tuttavia è stato raggiunto un accordo Stato-Chiesa sulla proprietà della cattedrale di San Vito a Praga.
Preoccupa, infine, in Albania la diffusione di un islam più intollerante, rappresentato da giovani imam formati in Turchia e in Arabia Saudita. Così come non va sottaciuta la progressiva islamizzazione di alcune aree della Bosnia-Erzegovina, a causa degli ingenti investimenti compiuti da Iran e Arabia Saudita.

16 ottobre 2012

The current situation of Christianity in the Middle East, especially Syria, after the Synod of the Middle East's Final Declaration (September 2012) and the Papal visit to Lebanon: Antoine Audo SJ Chaldean bishop of Aleppo

By Heythrop College


Centre for Eastern Christianity
 
Special Guest Lecture

The current situation of Christianity in the Middle East, especially Syria, after the Synod of the Middle East's Final Declaration (September 2012) and the Papal visit to Lebanon

Antoine Audo SJ
Chaldean bishop of Aleppo
 

Friday 19 October 2012
11.30-13.30

Marie Eugenie Room




Open to all
There is no charge for admission and no need to register in advance

For further information, please contact j.flannery@heythrop.ac.uk


Heythrop College, University of London, Kensington Square, London W8 5HN.
 

Antoine Audo sj, Chaldean Bishop of Aleppo, Syria. Born in Aleppo in 1946 he entered the Jesuits in 1969 and was ordained to the priesthood in 1979. He commenced his academic formation with a ‘licence de letters arabes’ from the University of Damascus, 1972, followed by a doctoral thesis at Paris III, Sorbonne, 1979. He completed his philosophical and theological formation with biblical studies at the Pontifical Biblical Institute (Rome). and was for a time professor in biblical exegesis at Université Saint-Joseph and Université Saint-Esprit (Kaslik, Lebanon).
Bishop Audo has lectured at the Centre for Eastern Christianity, Heythrop College on a number of occasions in recent years, with papers published as ‘Eastern Christian Identity: A Catholic Perspective’, in The Catholic Church in the Contemporary Middle East, (eds), A.O’Mahony & J.Flannery, London, Melisende, (2010), pp. 19-38; ‘Isaac of Nineveh, John of Dalyatha and Eastern Spirituality’, One in Christ: a catholic ecumenical review, Vol. 44, 20.2, (2010), pp. 29-48. Other notable publications include: Zakî al-Arsouzî un arbe face a la modernité Université Saint-Joseph, Faculté des letters et des sciences humaines, Collection Hommes et Sociétés du proche-Orient, Beyrouth, Dar el-Machreq, 1988; ‘Approches théologiques du récit de Joseph dans Gn 37-50 et Coran sourate 12’ Proche Orient Chrétien (Jersualem) , Vol. 37, 1987, pp. 268-281; ‘Storia e prospettive dei cristiani in Iraq’, La Civiltà Cattolica (Rome) 2008, (issue 3787) no. II, pp. 85-93; ‘Les chrétiens d’Iraq: Histoire et perspectives’, in: Études (Paris), Vol. 40, no.8, 2008, pp. 209-318; ‘Isaac de Ninive, Jean de Dalyatha et la spiritualité orientale’, in: Mélanges en mémoire de Mgr. Néophytos Edelby (1920-1995), Édités par PP. Nagi Edelby & Pierre Masri, Collection: Textes et Études sur l’Orient chrétien, Vol. 4, Beirut, Université St. Joseph, CEDRAC, 2005, pp. 43-62; ‘The Synod of Bishops: The Catholic Church in the Middle East’, One in Christ: a catholic ecumenical review, Vol. 44, 20.2, (2010), pp. 196-200; ‘Between Christians and Muslims a Pathway of Communion’ in: The Restless Middle East. Between political Revolts and confessionalTensions, Oasis 13 (2011)  http://www.oasiscenter.eu/node/7149.