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19 aprile 2011

Mons. Sako: Primavera del modo arabo possibile solo se tutti i cittadini hanno uguali diritti

By Asia News

In Medio oriente gli ideali di libertà e democrazia, che hanno caratterizzato la primavera del mondo arabo rischiano di essere soffocati da settarismi religiosi ed etnici, con un grave rischio per le minoranze, soprattutto cristiane. Mons. Louis Sako, arcivescovo di Kiruk (Iraq), spiega ad AsiaNews che “non ci può essere democrazia senza l’integrazione di tutta la popolazione in un’unica cittadinanza”. Il prelato sottolinea che a tutt’oggi in nessun Paese arabo vi è un vero progetto per creare un sistema che rispetti i diritti e le particolarità di ciascun gruppo. Il rischio è che molti Paesi diventino come l’Iraq, dove dominano estremismo islamico e settarismi etnici e religiosi, come dimostrano i continui attentati contro la popolazione. L’ultimo è avvenuto questa mattina a Baghdad, dove una bomba è esplosa in mezzo alla folla in coda ai check-point di accesso alla zona verde, uccidendo nove persone. Mons. Sako, spiega che per cambiare la situazione occorre diffondere una cultura aperta e pluralista all’interno di famiglie e scuola. Da parte loro i governi devono prendersi le proprie responsabilità e difendere i diritti di tutti cittadini, mentre i leader religiosi musulmani devono adeguare la religione alle sfide della modernità.
Secondo il prelato chi può aiutare a mettere in atto questi cambiamenti sono i cristiani, che sono un esempio di apertura e testimoni degli ideali di libertà e uguaglianza. Lo scorso 17 aprile in occasione della Domenica delle Palme, migliaia di fedeli hanno affollato le chiese di Baghdad, per pregare per l’Iraq e la sua resurrezione.


Non ci sarà nei Paesi arabi stabilità e democrazia senza l'integrazione di tutta la popolazione in un’unica cittadinanza. I Paesi arabi sono formati da un miscuglio di etnie, culture, lingue, religioni e dottrine. Arabi, curdi, assiro-caldei, turcomanni, schebeks, copti, armeni, sciiti, sunniti, cristiani di diverse denominazioni, yaziti, drusi e molte altre. Il modo di pensare e di vivere è in genere patriarcale, tribale e settario. I programmi d'educazione e d'insegnamento vengono in genere stabiliti dall'alto e quindi sono giudicati infallibili, non permettono di pensare e analizzare le cose. Non ammettono altre conoscenze e possibilità.
A tutt’oggi nei Paesi arabi non vi è un progetto per integrare la popolazione in un’unica cittadinanza, che tenga però conto e rispetti le particolarità di ciascun gruppo. Pluralismo e diversità non significano divisioni e caos, ma portano con sé la capacità di progredire e di cooperare nella creatività.
Dai primi del ‘900 fino agli anni’70 si sviluppa fra i popoli arabi il concetto di nazione "Umma" per combattere il colonialismo occidentale, che avevano occupato e creato Paesi, tracciandone i confini senza considerare la mappa etnica. La lotta contro l’imperialismo è stata per anni la causa della "nazione araba", sostenuta dall’opera di poeti e scrittori che hanno esercitato un impatto importante nel sollecitare il nazionalismo fra la popolazione. Per anni il nazionalismo ha unito tutti i popoli delle varie denominazioni dell’islam ed etnie, ma ha creato una duplice "appartenenza " fra le minoranze.
Nella seconda metà del XX secolo nei Paesi si assiste all’ascesa di regimi caratterizzati da un potere unilaterale e autoritario, esercitati da un’unica famiglia o tribù. Per mantenere il potere essi hanno utilizzato il controllo sull’educazione e sui media. Tali regimi hanno adottato la convivenza forzata. Il popolo è il gregge, e guai a chi esce dalla stalla.
Nel XXI secolo, soprattutto dopo le invasioni di Iraq e Afghanistan, iniziano a formarsi movimenti di giovani che desiderano un cambiamento nel mondo arabo, ma essi non hanno una visione concreta e sono senza una "leadership chiara". Questi giovani non sono coscienti che la strada per la democrazia e libertà è una strada lunga e difficile.
Dietro alcuni movimenti si nasconde l'islam politico che cerca di realizzare un regime confessionale e settario, sunnita o sciita a seconda del Paese, come alternativa alla nazione. Movimenti confessionali e sette sono spesso organizzati secondo una logica militare e dispongono di milizie armate. Dopo l’invasione del 2003 e la caduta di Saddam Hussein, l’Iraq è stato il principale esempio di queste differenze settarie, ma ora anche in altri Paesi (Egitto, Yemen, Libia, Siria) stanno crescendo. Noi cristiani iracheni abbiamo sofferto molto e pagato un prezzo pesante. Questo fenomeno dell'intolleranza basato sull'identità etnica e religiosa non aiuta la co-esistenza e diventa nella maggior parte dei casi, più ostile che amichevole .

Alcuni suggerimenti per un cambiamento positivo:

1- Cercare i mezzi efficaci per correggere questi errori. Riconoscere l'altro diverso da me e accettarlo come una persona eguale a tutti e non di seconda classe. Creare una vera convivenza. Applicare in modo eguale il principio di giustizia. Questo progetto è necessario per qualsiasi cambiamento positivo e pacifico.
2 – Adottare all’interno della famiglia una formazione aperta e pluralista per orientare i bambini verso il rispetto del dialogo e di chi che è diverso, senza puntare sulla superiorità etnica o religiosa.
3 – Inserire nella scuola un metodo d'istruzione basato sulla ragione e non sull'emozione. Considerare la diversità, il pluralismo come una ricchezza, piuttosto che lamentarsi sulla loro esclusione .
4 – Il governo deve ritenersi responsabile di quanto sta accadendo. Essendo alla guida dei Paesi, gli esponenti devono saper creare uno Stato con istituzioni civili. L'unico criterio possibile è la cittadinanza, che non deve dipendere dall'origine etnica, religiosa o settaria . Tutti devono avere gli stessi diritti e doveri ed essere uguali di fronte alla legge.
5 –
I capi religiosi musulmani devono scegliere una forma di Islam giusto (Wassatia) e moderato e aggiornato secondo le circostanze attuali e il contesto contemporaneo.
6 - Questi Paesi dovrebbero rendersi conto che gli altri Stati della regione e la politica internazionale non sono enti di beneficenza, ma ognuno cerca il proprio tornaconto economico e influenza con la sua politica i governi.

I cristiani orientali, che oggi sono costretti a emigrare, possono aiutare il Medio oriente a cambiare attraverso la loro apertura e gli ideali di libertà. Essi sarebbero in grado di proporre una valida alternativa a un regime, contribuendo alla costruzione di Stati più civili e laici, diminuendo gli elementi estremisti. I cristiani hanno bisogno di una leadership politica e religiosa, che difenda non solo i loro diritti, ma quelli di tutti i cittadini e che aiuti alla riconciliazione e alla cultura del dialogo e della pace.
In questi giorni di Settimana Santa e di Pasqua, dobbiamo pregare e sperare che questo cambiamento civile e pacifico si realizzi.