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23 febbraio 2011

Il governo iracheno afferma di voler proteggere i manifestanti da possibili attacchi da parte dei sunniti.

By Baghdadhope*

La manifestazione di protesta che venerdì 25 dovrebbe riunire in Piazza Tahrir a Baghdad i cittadini iracheni che oramai da settimane manifestano non tanto a favore di riforme politiche sostanziali quanto per protestare per la mancanza di servizi basilari sta cambiando il volto della città.
L'intera area che circonda la piazza infatti è stata quasi interamente sigillata da un cordone di sicurezza che secondo il governo dovrebbe impedire pericolose infiltrazioni terroristiche tra i manifestanti, 15 dei quali sono stati arrestati stamani dai soldati che procedono con la perquisizione di veicoli e persone.
Per il giorno della manifestazione è stato annunciato il blocco totale delle auto nell'area, il rafforzamento della protezione degli edifici governativi e della Zona Verde, ed il divieto alle televisioni di trasmettere i filmati degli eventi in diretta in un tentativo neanche troppo celato di imbavagliare l'informazione irachena che proprio oggi ha denunciato un grave episodio di intimidazione.

Ziad Alajili
, direttore dell'Osservatorio per la libertà di stampa, ha infatti riferito dell'irruzione nella sede del centralissimo quartiere di Karrada di uomini appartenenti alle forze di sicurezza statali che avrebbero sottratto degli importanti documenti, materiale d'archivio cartaceo e digitale e vari computer.
Irruzione e furto che sono stati condannati anche da Ibrahim Alsarraj, presidente dell' Associazione irachena per la difesa dei diritti dei giornalisti.

Con l'approssimarsi della data della manifestazione si alzano anche i toni dello scontro politico. Ad essere accusati di progettare attentati nei confronti dei manifestanti sono, per bocca del responsabile delle operazioni di sicurezza a Baghdad, il maggior generale Qassim Atta, sia esponenti del disciolto partito Baath sia della Association of Muslim Scholars (sunnita) nei confronti del cui segretario generale, Harith Sulaiman al Dhari, e di altri alti esponenti, come riferisce l'agenzia kuwaitiana KUNA, il ministero degli interni starebbe preparando dei mandati di arresto.

Come riferito da Radiovaticana
le proteste che stanno infiammando molti paesi del nord africa e del medio oriente sono state commentate anche dal Consiglio dei patriarchi e dei vescovi cattolici conclusosi lo scorso 19 febbraio nella sede patriarcale maronita di Bkerke in Libano nel cui documento finale si legge l'invito alla classe politica a ricordare il proprio dovere di assicurare ai cittadini lo sviluppo sociale ed economico e la sicurezza, e l'avvertimento che il non rispetto di tale dovere è causa di sfiducia da parte dei cittadini e di perdità di legittimità del ruolo dei politici.
Il documento finale non poteva però mancare di denunciare anche la situazione delle comunità cristiane in Medio Oriente con un appello alle autorità islamiche a dire la verità sui movimenti fondamentalisti che attaccano i cristiani a causa della loro fede.
Alla riunione consiliare iniziata il 14 hanno partecipato il patriarca maronita
Mar Nasrallah Boutrous Sfeir, il patriarca della chiesa melkita Gregorio III Lahham, il patriarca della chiesa sira Mar Ignatius Joseph Younan III, il patriarca della chiesa armena Nerses Bedros XIX Tarmouni, Mons. Gabriele Giordano Caccia, nunzio apostolico in Libano ed altri vescovi cattolici della regione.