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29 novembre 2010

Arrestati i terroristi dell’attentato alla chiesa di Baghdad


“Solo bugie, operazioni di facciata” per far credere ai cittadini e alla comunità internazionale che il nuovo governo iracheno stia lavorando per garantire la sicurezza delle comunità religiose di minoranza, mentre la gente è costretta ancora a emigrare per la mancanza di sicurezza. Da Baghdad a Mosul, è questa la reazione della comunità cristiana alla notizia dell’arresto di una dozzina di terroristi responsabili dell’assalto alla chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso nella capitale il 31 ottobre.
Lo scorso 27 novembre è stata ufficializzata la cattura da parte delle forze di sicurezza irachene di un leader di al-Qaeda e di undici suoi uomini, implicati in diversi attacchi nella capitale. Si tratta di Hudhaifa al-Battawi, comandante militare di al-Qaeda a Mansour, nell'area occidentale di Baghdad. A darne notizia è stata la tv di stato Iraqiya, che ha citato il generale Ahmed Abu Rgheif.
L’operazione, ha precisato l'emittente, è stata condotta il 24 novembre, anche se è stata rivelata solo dopo tre giorni. I 12 arrestati hanno ammesso la loro responsabilità per una serie di attentati, tra cui la presa di ostaggi nella chiesa di Baghdad, conclusasi con la morte di 57 persone. Tra gli altri attentati imputati al gruppo ci sono quelli dei mesi scorsi contro la Banca Centrale, contro gli uffici della tv satellitare al-Arabiya e contro alcuni negozi di gioielleria.
Nell’operazione sono stati scoperti anche quattro edifici in cui si preparavano autobombe, mine e giubbotti esplosivi e sono state sequestrate sei tonnellate di esplosivo e alcuni barili di sostanze tossiche.
La notizia,dell'arresto però non ha tranquillizzato la comunità cristiana, che da tempo chiede protezione e giustizia al governo centrale. “Si tratta di una messa in scena, avevano detto che i terroristi erano stati tutti uccisi durante il raid per liberare gli ostaggi nella chiesa!”, commentano alcuni cristiani emigrati dalla capitale, dopo l’ultima escalation di violenza contro la comunità di minoranza.Intanto continua a crescere il numero di famiglie che dopo le esplosioni mirate davanti alle loro case nei quartieri abitati dai cristiani, e le minacce di al-Qaeda di eliminare i cristiani dall’Iraq, si rifugiano nel nord del Paese. Ormai sono 85 quelle arrivate dalla capitale a Sulaimaniya, cifra raddoppiata in appena una settimana.