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19 agosto 2010

Iraq: amb. in Santa Sede, non solo cristiani oppressi, Islam non e' terrorismo


Roma, 19 ago. - (Aki) - "Legare il terrorismo all'Islam è un preconcetto sbagliato e un giudizio illogico che i mass media occidentali alimentano, sottolineando solo l'operato dei gruppi fondamentalisti", senza fare parola dei tanti musulmani "che vivono pacificamente tra non musulmani". E' il passaggio di una nota inviata alla stampa dall'ambasciatore dell'Iraq presso la Santa Sede, Habeeb Mohammed Hadi Al-Sadr, in cui si affronta il problema delle persecuzioni da parte di "baathisti e fondamentalisti" che hanno spinto molti cristiani a fuggire dall'Iraq. "I terroristi hanno capito che il sangue dei musulmani iracheni, che hanno lasciato scorrere come fiumi, non è poi così interessante per i mass media occidentali", scrive l'ambasciatore, sostenendo che è per questo motivo che "sono giunti a colpire i cristiani in maniera sistematica". Al-Sadr non risparmia quindi critiche alla stampa, affermando che, "senza volerlo, mass media e organizzazioni occidentali hanno retto il gioco dei terroristi, interessandosi ai cristiani" e "accendendo i riflettori sulle opere terroristiche". L'ambasciatore spiega tuttavia che non si deve fare l'errore di credere che l'intera popolazione irachena di fede musulmana perseguiti i crisitiani. "I primi a condannare tutti gli attentati contro i cristiani sono sempre stati gli iracheni di tutte le comunità che compongono il paese - ricorda - e tale posizione non sgorga solo da una posizione nazionale, ma anche dalla stessa religione islamica, che proibisce l'uccisione ingiustificata di un innocente". Al-Sadr apre quindi uno spiraglio di speranza per il futuro, affermando che "si sta registrando un cambiamento nella situazione del paese verso il meglio". Per questo, l'ambasciatore spiega di aver "chiesto a Sua Santità (papa Benedetto XVI, ndr) di spronare i cristiani affinché facciano ritorno nel loro paese con animo pronto alla sua ricostruzione". "Da parte sua, il governo - aggiunge - si è impegnato con quanti faranno ritorno, a ridare loro un lavoro, un terreno per ricostruire la casa e un milione e mezzo di dinari".