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5 marzo 2010

Iracheni in Europa: Il voto della diaspora

Fonte: SIR

Urne aperte il 7 marzo per gli espatriati nel vecchio continente Domenica 7 marzo l'Iraq torna al voto per eleggere la nuova assemblea nazionale, una grande opportunità per favorire la riconciliazione nazionale. Le parole di Benedetto XVI, domenica all'Angelus, lo hanno ribadito: "nella delicata fase politica che sta attraversando l'Iraq mi appello alle Autorità civili, perché compiano ogni sforzo per ridare sicurezza alla popolazione e, in particolare, alle minoranze religiose più vulnerabili. Mi auguro che non si ceda alla tentazione di far prevalere gli interessi temporanei e di parte sull'incolumità e sui diritti fondamentali di ogni cittadino". Il voto sarà monitorato dalla comunità internazionale attraverso 120 osservatori dell'Ue, sotto l'egida dell'Onu. A votare non saranno solo gli iracheni residenti nel Paese ma anche tutti quelli che sono riparati all'estero e nei Paesi vicini, Giordania, Siria e Libano in particolare. Ad aiutarli a partecipare alle elezioni, accogliendo una richiesta della Commissione elettorale irachena (Ihec), è l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr). Fino al dicembre 2009 l'Unhcr aveva registrato circa 300.000 iracheni che dovrebbero ancora trovarsi nella regione (compresi 210.000 in Siria), 190.000 dei quali hanno l'età per votare. Tuttavia secondo le fonti dei governi ospitanti, il numero totale di iracheni nella regione è più alto dato che migliaia di loro non si registrano con l'Unhcr per vari motivi.
Iracheni al voto in Europa.
Si voterà, dunque, anche in Europa: "la Commissione elettorale irachena - spiega a SIR Europa Omar Taha, dell'ambasciata della Repubblica d'Iraq presso la Santa Sede - ha stabilito che si potrà votare solo in quei Paesi in cui la comunità irachena supera il numero di 5 mila unità. In Italia gli iracheni non potranno votare, per farlo dovranno recarsi in un altro Paese dove sono allestiti dei seggi come, per esempio, in Svezia, Germania, Svizzera, Olanda. Gli iracheni che vivono in Norvegia, sebbene siano un numero elevatissimo, voteranno nella vicina Svezia. Per votare basta avere 18 anni ed un documento iracheno valido. Sarà un voto importante e speriamo che il tutto possa avvenire senza problemi, e senza violenze".
Non è facile arrivare ai seggi.
Le attese per il voto degli iracheni della diaspora sono elevate, a sentire padre Philip Najim, procuratore caldeo presso la Santa Sede e visitatore per l'Europa. "Gli iracheni residenti nel Vecchio Continente - dice a SIR Europa - sono circa un milione, ma il dato è approssimativo e non abbiamo cifre precise a riguardo. Di questi circa centomila sono caldei, cui vanno aggiunti cristiani di altre denominazioni, ma la stragrande maggioranza è di fede musulmana". Tutti coloro hanno diritto al voto, aggiunge il procuratore caldeo, "potranno recarsi nei seggi elettorali fatti allestire dalla Commissione elettorale irachena in varie nazioni europee, in particolar modo in quelle dove è più nutrita la presenza irachena, ovvero in Inghilterra, Svezia, Germania, Austria, Grecia, Olanda e Francia". "Purtroppo - rivela padre Najim - sto ricevendo alcune lamentele da parte di iracheni poiché le sezioni elettorali, per decisione della stessa Commissione, sono state allestite piuttosto lontano dai centri maggiormente abitati dagli iracheni i quali per andare a votare saranno costretti a sobbarcarsi viaggi piuttosto lunghi, con un certo esborso di denaro". Va detto, infatti, che del milione di immigrati iracheni in Europa, la metà è giunta solo da pochi anni, dal 2003 e 2004, e quindi non ancora perfettamente integrata, con un lavoro stabile e remunerato tale da consentire queste spese. "A Stoccolma, tanto per fare un esempio, - continua il visitatore per l'Europa - vive la gran parte della comunità cristiana irachena, circa 2000 famiglie (per 10 mila fedeli in totale); chi di loro vorrà andare a votare dovrà recarsi a Malmoe che è vicino a Copenaghen".
Una grande attesa.
Per padre Najim, "l'organizzazione dei seggi potrebbe non favorire una grande affluenza. E sarebbe un male perché esiste il diritto al voto e il cittadino deve essere messo in grado di esercitarlo". "Le parole del Papa, domenica all'Angelus, - ribadisce - invitano noi cristiani ad 'essere fermento di bene per la patria a cui, da secoli, apparteniamo a pieno titolo', e ci chiamano ad essere responsabili e a partecipare alla vita politica e sociale del nostro Paese. Una lista unica di cristiani a queste elezioni sarebbe stata una grande cosa, un segno forte di unità, purtroppo non è stato possibile". Nonostante le difficoltà sul territorio, conclude il sacerdote caldeo, "mi attendo una grande affluenza alle urne, anche qui in Europa. L'immigrazione irachena nei Paesi dell'Ue è ancora relativamente giovane, molti sono rimasti legati alla propria patria e vedono nel voto uno strumento per promuovere un Iraq diverso, migliore, dove poter tornare a vivere. Ma questo non sarà possibile fino a quando anche la comunità internazionale non avrà un piano chiaro per l'Iraq". Secondo un recente sondaggio del National Media Center, un'agenzia governativa, andrà a votare il 63% degli sciiti, il 58% dei sunniti. Percentuale alta fra i curdi, 67%, molto elevata tra i cristiani e i turcomanni, entrambi con l'80%. Sui circa 6.200 candidati complessivi, sparsi in 306 liste, vi sono 48 candidati cristiani che concorreranno per occupare i 5 seggi che, secondo la Costituzione vigente, sono riservati alle minoranze cristiane.