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27 febbraio 2009

I cristiani fuggono dalle persecuzioni in Iraq

Fonte: Newsmax

Di Kenneth R. Timmerman

Tradotto ed adattato da Baghdadhope

Beirut, Libano - I cristiani fuggono dall'Iraq a causa della persecuzione religiosa, anche se alcuni leaders religiosi iracheni chiedono ai loro compatrioti di tornare a casa. I responsabili della chiesa temono che il quartiere di Daura (Dora - Baghdad) sarà svuotato dei cristiani se l'esodo dovesse continuare ed alcuni di loro si appellano perchè ritornino. Ma le loro sollecitazioni hanno indispettito alcuni rifugiati che temono per la loro sicurezza. Il quartiere di Daura è stato teatro di persecuzioni di massa nei confronti dei cristiani a partire dalla liberazione dell'Iraq a guida USA iniziata nel 2003. Alcune chiese sono state oggetto di attentati, delle case sono state bruciate ed ai cristiani alcuni gruppi musulmani hanno ordinato di abbandonare le proprietà e fuggire per salvarsi loro vita o convertirsi all'Islam. Nonostante il modello di violenza musulmana il vescovo caldeo di Baghdad, Mons. Andraos Abouna sostiene che la situazione della sicurezza è cambiata radicalmente grazie all'aumento delle truppe statunitensi e la recente apparizione nel suo quartiere di truppe irachene. "I musulmani di Daura chiedono che i cristiani ritornino" ha dichiarato in un'intervista rilasciata a Newsmax. "All'inizio c'era il caos", ha ammesso. "Dopo l'arrivo degli americani non c'era governo, esercito, polizia. Le frontiere erano aperte. Chiunque fosse forte abbastanza avrebbe potuto uccidere chiunque altro". Recentemente, tuttavia, il governo iracheno ha permesso alla sua diocesi di assumere guardie private per proteggere le chiese di Baghdad. "Sono tutti i cristiani e controllano gli accessi. Sono pagati dal governo. Sono come le normali forze di polizia ma non ne fanno parte."
Mons. Abouna ha detto di sperare che coloro che sono fuggiti recentemente possano decidere di tornare visto il miglioramento della sicurezza: "Ci auguriamo che scelgano di farlo."
Mentre Mons. Abouna era in visita in Libano un sacerdote caldeo del patriarcato nel paese ha trasmesso una messaggio più duro ai fedeli di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso nel quartiere Boushriqeh di Beirut, un povero quartiere in cui i cristiani iracheni vivono ammassati in piccoli appartamenti per i quali pagano un affitto di 200$ al mese.
"Dovete tornare in Iraq", ha detto il sacerdote la domenica prima della Quaresima, "non avreste mai dovuto venire qui. Dei sacerdoti sono morti per l'Iraq. Avreste dovuto rimanervi".
Rana Ramzi al-Sayigh, 30 anni è la madre di tre bambini piccoli e la vedova di una delle guardie del corpo uccise quando i terroristi islamici hanno attaccato il convoglio di un vescovo, Farraj Rahho di Mosul, nel febbraio scorso. "Ero arrabbiata quando l'ho sentito. Tutti erano arrabbiati ", ha detto a Newsmax nel suo minuscolo appartamento non lontano dalla chiesa.
"Ho perso mio marito. Quel prete vuole fare di tutte noi delle vedove?" Il governo iracheno, ha spiegato, le dava una pensione di 85$ al mese, appena sufficiente per pagare l'affitto in un complesso per i rifugiati ma non per il cibo. Con tre figli da crescere non poteva lavorare fuori casa. "Quel prete voleva forse dire che la chiesa ci aiuterà?" ha chiesto. Rana si ritiene una fortunata, aveva appena saputo che le autorità degli Stati Uniti avevano approvato la richiesta di visto per l'immigrazione per la sua famiglia e si stava preparando a partire per gli Stati Uniti dove ha uno zio a Detroit.
Majid Slaiwa Karomeh, 36anni è stato meno fortunato. E' recentemente arrivato a Beirut con la moglie e sei figli piccoli dopo essere stato ferito alla spalla da un colpo di arma da fuoco nel mese di settembre. Con il fratello lavorava a Baghdad come autista di camion da trasporto dei liquami per la Kellogg Brown Root, una società americana, ed erano caduti in un'imboscata mentre lasciavano una zona protetta. Il fratello di Majid è stato ucciso sul colpo. Per aiutare Majid e la sua famiglia il vescovo gli diede personalmente dei soldi e gli disse di tornare dopo due giorni per la riunione settimanale della commissione diocesana di carità.
"Ho 1200 famiglie di cui occuparmi" ha affermato un vescovo, "sono circa 6.000 anime. Abbiamo poche risorse ma è nostro compito fare tutto il possibile ".