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5 novembre 2008

Usa2008. Papa a Obama: Occasione storica, promuovere pace mondo


Giunta a conclusione l'intesa politica e umana con George W. Bush, il Papa, con un tempestivo messaggio di congratulazioni, ha salutato l'elezione di Barack Obama come "un'occasione storica" che può contribuire a costruire "un mondo di pace, di solidarietà e giustizia".
Segno dell'attenzione di Benedetto XVI nei confronti degli Stati Uniti d'America - un modello di "laicità positiva", come ha detto egli stesso - il telegramma pone le basi per un rapporto che è già significativamente mutato con l'arrivo di Joseph Ratzinger sul soglio pontificio. Se Giovanni Paolo II aveva criticato apertamente l'intervento americano in Iraq, Benedetto XVI ha lasciato alle spalle gli attriti. L'impegno di Bush per quelli che Ratzinger chiama i 'principi non negoziabili' - e i suoi 'no' a ricerca sugli embrioni, aborto, matrimoni gay - hanno, poi, cementato l'intesa. Al punto che, in occasione del suo viaggio Oltreatlantico, il Papa è stato accolto dal presidente Usa con una festa alla Casa bianca per il suo compleanno con tanto di coro gospel e spari di cannone. Ratzinger, il metodista Bush e la 'first lady' Laura hanno anche pregato insieme per la famiglia. La cordialità è stata ricambiata poche settimane dopo quando, con un analogo strappo al protocollo, Benedetto XVI ha ricevuto Bush nei giardini vaticani.
L'arrivo del democratico Obama cambia la situazione. In Curia non pochi monsignori avrebbero preferito - nonostante sia un 'maverik', un cane sciolto - un'affermazione di John McCain. Un sentimento che filtra dalle colonne dell''Osservatore romano', che oggi saluta il candidato repubblicano come "un vero statista" e sottolinea che "l'affermazione di Obama è stata netta, anche se non si è avuto quell'effetto valanga che alcuni presagivano". Non mancano, poi, motivi di attrito. Anche se Obama ha ricevuto, per le sue moderate posizioni 'pro-choice', l'appoggio di alcuni gruppi 'pro-life' statunitensi, la posizione sull'aborto dei democratici - e, in particolare, quelle del vice di Obama, il cattolico Joe Biden, e della 'speaker' Nancy Pelosi - hanno suscitato l'apprensione di vari vescovi Usa.
Un altro banco di prova sarà l'Iraq. Benedetto XVI ha più volte richiamato l'attenzione di Bush per la critica situazione dei cristiani. Preoccupazioni alimentate dal paventato piano di ghettizzarli nella piana di Ninive, rinverdite dalla recente legge elettoratorale sfavorevole ai cristiani nei consigli provinciali e acuite dal piano di ritiro delle truppe prospettato da Obama in campagna elettorale. "Difficile dire adesso se Obama sarà migliore di altri che lo hanno preceduto", commenta oggi mons. Jean Sleiman, vescovo di Baghdad dei latini, "certo che gli Usa hanno una strategia a lungo termine qui in Iraq, e dunque legata alla ragion di Stato e non semplicemente ad affari di singole persone. 'Wait and see', aspettiamo e vediamo".