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27 novembre 2008

Iraq: Sako (Kirkuk) "Fuga dei cristiani destabilizzante per tutto il medio oriente"

Fonte: SIR

“L’Iraq senza cristiani è un Paese più povero. Sarebbe disastroso per la convivenza, per la tolleranza e questo non solo per l’Iraq ma per tutto il Medio Oriente”. A ribadirlo con forza è stato l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako, intervenuto oggi alla giornata conclusiva del convegno nazionale Cei dei delegati diocesani per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. L’arcivescovo ha ricordato la situazione in cui versano attualmente le comunità cristiane, “metà della quali ormai rifugiate all’estero, sottoposte a violenze, stupri, omicidi e rapimenti con false motivazioni religiose. L’Iraq è un paese in preda ai terroristi i cui capi non sono iracheni ma di paesi stranieri, la classe culturale è dispersa. I cristiani - ha aggiunto - sono presi come capro espiatorio, da eliminare, da cacciare via, in vista della istituzione di uno stato islamico. Sono considerati ‘dhimmi’, ovvero cittadini di seconda classe”, con tutto quello che ne consegue in termini di diritti e libertà.
“Possiamo celebrare i nostri culti ma non possiamo annunciare il Vangelo. Ci sono musulmani che in segreto vengono a chiedere il battesimo, ma poi sono costretti a fuggire. Non esiste libertà di coscienza, dunque non sono ammesse conversioni ad altre religioni”. Tutto ciò non impedisce il dialogo: “con l’islam c’è il dialogo della vita. Ai nostri fratelli musulmani testimoniamo la nostra fede in Dio con la fedeltà, la morale cristiana, la pazienza, il perdono, l’umiltà. Testimoniamo Dio con la carità. I cristiani - ha poi precisato mons. Sako - sono in Iraq da prima dell’Islam, sono i pionieri della civiltà irachena, hanno tradotto i testi di medicina, di giurisprudenza, di letteratura, di filosofia, hanno sempre difeso l’integrità territoriale, agendo con fedeltà, lealtà e onestà verso il loro Paese. Ecco perché un Iraq senza cristiani è un Iraq più povero e non più la culla della convivenza”.