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23 ottobre 2008

Iracheni cristiani: preghiere, incontri e promesse

By Baghdadhope

Baghdad, 22 ottobre. La chiesa caldea del Sacro Cuore di Baghdad ha visto raccogliersi in preghiera per la pace in Iraq e specialmente a Mosul i rappresentanti ed i fedeli di diverse confessioni cristiane. Dopo la lettura di alcuni brani della Bibbia il vescovo siro cattolico di Baghdad, Monsignor Matti Shaba Matoka ha indirizzato il suo pensiero e le sue preghiere a ciò che è avvenuto a Mosul nell’ultimo mese ricordando gli assassinii, le minacce e la conseguente fuga di una buona parte della popolazione cristiana della città, ed augurandosi che le famiglie che ora vivono dove hanno trovato rifugio possano presto tornare alle proprie case ed alla propria vita. Il prelato si è inoltre appellato a tutte le componenti del paese perchè operino insieme per il suo bene ed il suo sviluppo. Alla giornata di digiuno e preghiera organizzata dal Patriarca Vicario caldeo, Monsignor Shleimun Warduni, oltre ai molti fedeli che hanno riempito la chiesa hanno partecipato il vescovo latino di Baghdad, Monsignor Jean B. Sleiman, il Nunzio apostolico in Iraq e Giordania, Monsignor Francis A. Chullikat, ed il direttore dell’ufficio governativo per gli affari dei non musulmani, Mr. Abdallah Al Naufali.
Di quanto è successo a Mosul si è anche parlato in una cornice più istituzionale durante l’incontro tra il Primo Ministro iracheno, Nouri Al Maliki, ed una delegazione dei capi religiosi cristiani di Baghdad guidata da Monsignor Shleimun Warduni, questa volta accompagnato da Monsignor Andraous Abouna, Patriarca Vicario caldeo per gli Affari del Clero, da Monsignor Jean B. Sleiman e da Monsignor Matti Shaba Matoka.
Secondo una nota dell’ufficio del Primo Ministro, Al Maliki si è impegnato a scoprire e punire i responsabili delle violenze contro i cristiani di Mosul – un insulto all’intera popolazione irachena, come li ha definiti – ed a dare alle vittime tutto il sostegno del governo impegnando in ciò direttamente il Ministero che si occupa dell’emigrazione e degli sfollati
Durante l’incontro il Primo Ministro ha anche ribadito la sua contrarietà alla cancellazione dell’articolo 50 dalla legge elettorale approvata dal Parlamento a regolazione delle prossime elezioni dei consigli provinciali che avrebbe assicurato la rappresentatività politica delle minoranze in sei province del paese, e il suo impegno alla sue reintegrazione.
Sempre secondo la nota diffusa dall’ufficio ministeriale la delegazione dei capi cristiani ha ribadito la propria ferma contrarietà all’ipotesi di un’enclave cristiana nella provincia di Mosul legata alla provincia autonoma curda affermando che i cristiani vogliano continuare a vivere con i loro fratelli dovunque in Iraq, dal nord fino a Bassora, e vogliono rimanere sotto il controllo del governo centrale così come è sempre stato, e non vivere in una gabbia.
Una posizione, questa, che se difesa dalla chiese cattoliche che rappresentano la maggior parte degli iracheni cristiani non trova molto appoggio nelle chiese non legate a Roma, quella Assira e quella Siro Ortodossa ad esempio, che proprio nei giorni scorsi hanno avuto voce con le parole di Mor Gallo Shabo, vescovo siro ortodosso in Scandinavia che, proprio ricordando gli avvenimenti di Mosul, ha richiesto la creazione di una “unità amministrativa” per le minoranze non musulmane nella Piana di Ninive controbbattendo all’accusa di voler creare un “ghetto cristiano” come era stata definita l’idea da Monsignor Louis Sako Arcivescovo caldeo di Kirkuk, con la constatazione che appartenenti a tutti i gruppi etnici e religiosi iracheni vivono nella Piana e che di conseguenza parlare di ghetto cristiano è impossibile.


* Nella foto da sinistra a destra: Mons. Warduni, Mons. Chullikat, Mons. Matoka, Mons. Sleiman