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25 ottobre 2008

Cardinale di Baghdad spera che la tragedia di cristiani a Mosul risvegli l’attenzione del mondo

Fonte Catholic News Service
By Carol Glatz
Tradotto ed adattato da Baghdadhope

Il Cardinale Emmanuel-Karim Delly di Bagdad, in Iraq, ha detto di sperare che la tragedia della violenza e delle minacce contro i cristiani di Mosul stimoli i leaders mondiali a lavorare insieme per portare la pace nel suo paese. Il patriarca cattolico caldeo, che ha partecipato dal 5 al 26 di ottobre al Sinodo dei Vescovi sulla Bibbia, si è detto grato per la maggiore attenzione e preoccupazione per la difficile situazione dei cristiani del suo paese.
"Ma avrei preferito che questa si fosse avuta prima” ha detto in un’intervista del 23 ottobre al Catholic News Service. Forse i recenti avvenimenti a Mosul sono stati opera della "divina provvidenza per svegliare le persone dal loro sonno profondo", ha detto. Il cardinale ha espresso tristezza per ciò che considera come una cronica mancanza di attenzione e di azione concreta per fermare la violenza e proteggere tutti i cittadini iracheni. Dicendo che si riferiva "non solo agli americani ma all'intera comunità internazionale" il cardinale ha aggiunto che: "fino ad ora siete stati in silenzio e non avete parlato di noi nonostante tutte le sofferenze che abbiamo dovuto sopportare negli ultimi tre o quattro anni e per più di mezzo secolo". L'Iraq è uno dei paesi più poveri del Medio Oriente, ha detto, pur essendo ricco di risorse naturali come acqua e petrolio.
Il cardinale ha invitato a non essere "avari verso i fratelli e sorelle che vivono in un paese straniero come l'Iraq", ed i politici e le persone di buona volontà ad unirsi per il bene di tutta l'umanità. Il patriarca ha detto che l'Iraq non ha bisogno solo di aiuti materiali ma anche di un concertato "sostegno morale" da parte di tutti i leaders mondiali per garantire che la pace e la normalità siano ristabilite al più presto possibile. Maggiore attenzione e pressione sono necessari perché il governo iracheno "sia giusto e compia il suo dovere verso i suoi cittadini", ha detto. I diritti di tutti gli iracheni, compresi quelli della minoranza cristiana, devono essere rispettati, ha detto. "Noi cristiani non vogliamo privilegi ma i nostri pieni diritti che sono quelli di vivere in pace e tranquillità", e di avere gli stessi diritti dei "nostri concittadini, le nostre sorelle ed i nostri fratelli musulmani, arabi e curdi". Il governo iracheno "vuole fare la cosa giusta", ma è debole e incapace di mantenere le sue promesse, ha detto il cardinale Delly. Il governo "deve essere sostenuto", non solo da parte degli Stati Uniti, ma da tutto il mondo, anche la più piccola o la più povera della nazioni potrebbe fare qualcosa, ha aggiunto. Proprio come è più probabile che un edificio abbandonato possa essere vandalizzato così l'Iraq ha bisogno di essere tenuto sotto l’occhio vigile del mondo, e che il suo futuro abbia un posto prioritario. Purtroppo, ha affermato, ci sono persone in Iraq che non hanno a cuore gli interessi del paese ma che questa situazione potrebbe cambiare "se vedessero che il mondo intero ama l'Iraq, perché anche loro potrebbero amare i concittadini con cui hanno vissuto per molti anni". Il Cardinale Delly ha riferito che il Primo Ministro iracheno Nouri al-Maliki
ha incontrato il suo ausiliario, il vescovo caldeo Shlemon Warduni di Baghdad, e altri leaders cristiani per dei colloqui a Baghdad il 22 ottobre. Per quanto riguarda le violenze e l'emigrazione di massa dei cristiani di Mosul, il primo ministro ha promesso alla delegazione cristiana "di fare tutto il possibile, perché egli stesso ha detto che l'Iraq non può vivere senza il suo cristiani", ha detto il cardinale. Il Cardinale Delly ha detto che pur partecipando al sinodo ha manifestato le sue preoccupazioni attraverso lettere spedite ai leaders in Iraq, tra cui la principale autorità religiosa sciita, il grande ayatollah Ali al-Sistani.
Monsignor Warduni ha incontrato l'ayatollah il 21 di ottobre, ha riferito il cardinale aggiungendo che il leader sciita ha promesso di spiegare ai suoi seguaci che gli iracheni cristiani e musulmani "sono fratelli e sorelle in questo Paese".