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8 aprile 2008

Colpire i cristiani dell’Iraq

Di Mona Eltahawy, 7 aprile 2008

Used with permission of Agence Global. Copyright 2008, Mona Eltahawy.

Tradotto da Baghdadhope

NEW YORK – Gli assassini hanno usato armi con i silenziatori quando hanno ucciso il sacerdote assiro ortodosso (siro ortodosso, nota di Baghdadhope) Youssef Adel davanti a casa sua a Baghdad sabato scorso. Ma il loro messaggio è stato forte e chiaro: la sempre più ridotta minoranza cristiana irachena è l'obiettivo di un crudele massacro.
Può sembrare insensibile simpatizzare per un solo gruppo nell’Iraq odierno, ma le stime secondo le quali metà degli iracheni cristiani sono fuggiti dal paese stanno a dimostrare chiaramente gli orrori da essi subiti a partire dall’invasione a guida americana del 2003.
Padre Youssef è stato il primo sacerdote ad essere ucciso a Baghdad dopo l'invasione, il secondo a morire in circostanze violente in Iraq in meno di un mese. Il corpo di Monsignor Paulos Faraj Rahho, uno dei più alti prelati cattolici caldei in Iraq, è stato trovato in una fossa poco profonda il 13 marzo, circa due settimane dopo il suo rapimento a Mosul.
Non sappiamo se l'Arcivescovo Paulos, che era anziano ed in terapia per problemi cardiaci, sia morto a causa dello stress legato al suo rapimento o se sia stato torturato e ucciso.
Egli può essere considerato fortunato. Nel 2006 anche il sacerdote ortodosso Boulos Iskander fu rapito a Mosul, ed anche se la sua famiglia pagò un riscatto per la sua liberazione il gruppo che lo aveva sequestrato lo decapitò e gli amputò braccia e gambe.
Molti laici cristiani in Iraq si lamentano del fatto che gruppi radicali musulmani abbiano dato loro una scelta: convertirsi all'Islam, partire o morire. Le donne cristiane sono state obbligate ad indossare velo.
Gli iracheni cristiani sono presi di mira sia dai radicali sunniti che da quelli sciiti. A differenza di queste sette islamiche i cristiani non hanno milizie o grandi tribù a proteggerli e ciò li rende particolarmente vulnerabili ai rapimenti ed alle richieste di riscatto da parte di bande criminali che possono farsi passare per radicali islamici - o da parte di veri radicali che attaccano i cristiani a causa del loro credo.
Come musulmana condanno la ferocia scatenata contro i cristiani dell’Iraq, e non solo per altruismo. Io difendo la libertà di culto, ma è indispensabile difendere i diritti dei cristiani iracheni (e di altri, come gli Yezidi) perché coloro che li attaccano sono nemici giurati di tutti noi che ricadiamo al di fuori delle loro strette linee di ortodossia. Così come altrove, le minoranze nel mondo arabo sono sempre state i proverbiali canarini in miniera. La loro sofferenza è un primo segno di male politico. Il mio paese di nascita, l’Egitto, fiorì quando le sue minoranze vi vivevano bene durante i primi decenni del secolo scorso. Il declino cominciò quando esse furono perseguitate e fu simboleggiato più acutamente dall'espulsione degli ebrei egiziani da parte di Gamal Abdel Nasser nel 1950.
Io mi ero opposta all'invasione dell’Iraq, come molti sono disorientata per le motivazioni addotte dall'amministrazione Bush e sconvolta dal disastroso risultato che quella invasione ha causato. Ma l'invasione non ha creato il problema dei diritti delle minoranze nel mondo arabo. Durante gli ultimi anni del regime di Saddam i cristiani dell’Iraq si sentivano già minacciati dal suo flirtare con il fondamentalismo islamico la loro
situazione oggi il più temibile esempio di un crescente disagio che i loro correligionari stanno vivendo in tutto il mondo arabo.
La politica islamista ha messo radici sulla tomba del nazionalismo arabo che una volta era un porto sicuro sia per gli arabi musulmani laici desiderosi di separare la moschea dalla politica, sia per i cristiani desiderosi di sottolineare maggiormente i legami etnici rispetto a quelli religiosi.
Nei fatti fu il siriano cristiano Michel Aflaq il padre ideologico del Baathismo, l’ideologia secolare sposata da Saddam.
Il dispotismo, la corruzione e la sconfitta del 1967 contro Israele assestarono un colpo fatale al nazionalismo arabo e spianarono la strada allo sviluppo dell’Islam politico ed alla sua ostilità nei confronti dei diritti delle minoranze.
Con Hamas a Gaza e con la crescente influenza dei Fratelli Musulmani in Egitto - e variazioni sul tema in tutta la regione – è un periodo difficile per i cristiani. Gli arabi cristiani di oggi devono guardare con inquietudine e vera e propria paura l'aumento di potere e di influenza della politica islamista e la successiva islamizzazione da essa ispirata - anche tra i cosiddetti dittatori laici.
Sia che si tratti di assassini di al-Qaeda in Iraq o del pregiudizio islamista in altre parti del mondo arabo la difesa delle minoranze nel mondo arabo non deve essere lasciata solo al Vaticano o ai leaders della chiesa occidentale. In questo modo si incoraggia la pericolosa idea che i cristiani dei Paesi arabi siano in qualche modo estranei alla regione che ha dato i natali alla loro fede (e la sua legittima affiliazione alle altre due religioni abramitiche).
Il rispetto dei diritti delle minoranze è, ovviamente, eticamente giusto, ma è anche essenziale in un momento in cui le proteste contro l’islamofobia dei musulmani nel mondo arabo aumentano sempre più. È ipocrita pretendere che l'Occidente rispetti le sue minoranze musulmane mentre le minoranze nel mondo arabo vengono attaccate.
Ed è per questo che l'omicidio di Padre Youssef ha dei riflessi che vanno ben al di là della porta della sua casa di Baghdad dove è stato ucciso.