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21 gennaio 2008

Roma: Messa in rito caldeo per la Settimana dell’Unità dei Cristiani

By Baghdadhope

L’inizio della settimana che la Chiesa dedica all’unità tra le sue diverse componenti è stato celebrato nella suggestiva cornice della cappella Mater Misericordia all’interno del Pontificio Collegio Urbano di Roma con una Santa Messa in rito caldeo. (Vedi foto post precedente)
A guidare la celebrazione sono stati Monsignor Philip Najim, Procuratore del Patriarcato di Babilonia dei Caldei presso la Santa Sede e Visitatore Apostolico in Europa, e Don Remigio Bellizio uno dei vice rettori del Collegio, coadiuvati, come è tradizione per il rito caldeo, da un diacono, Robert Said, e da suddiaconi che hanno accompagnato i diversi momenti della messa con i canti tipici dello stesso rito.
La presenza tra i cantori di suddiaconi appartenenti a diverse tradizioni delle chiese orientali presenti nei paesi arabi (caldei, ma anche siro cattolici e copti cattolici) e tra i fedeli di seminaristi di diverse nazionalità e tradizioni ha non solo rispecchiato la storia del
Pontificio Collegio Urbano "De Propaganda Fide" che nei secoli ha accolto e preparato alla missione evangelizzatrice migliaia di seminaristi, (tra cui ricordiamo l’attuale Patriarca della Chiesa Caldea, il Cardinale Mar Emmanuel III Delly, quello che l’ha preceduto, Mar Raphael I Bedaweed, Monsignor Shleimun Warduni, vescovo di Baghdad e Monsignor Sarhad Y. Jammo, vescovo dell’eparchia della California) ma ha soprattutto sottolineato l’importanza dell’unità dei cristiani in un mondo che appare sempre più secolarizzato e diviso.
Il rito, caratterizzato dall’uso dell’italiano ma soprattutto dell’aramaico, lingua liturgica ed ancestrale di molti cristiani originari del Medio Oriente, ha avuto momenti di sentita partecipazione specialmente quando, dopo la lettura del Vangelo, ha preso la parola Monsignor Najim che, come voce delle sofferenze degli iracheni cristiani, ha tracciato un excursus storico della Chiesa Caldea, quella che in Iraq accoglie il maggior numero di fedeli.
“Chiesa dei martiri” ecco la definizione usata da Monsignor Najim per descriverla. Martiri tuttora venerati da quella tradizione tra cui proprio la particolare occasione della Settimana dell’Unità dei Cristiani ha imposto di ricordare Yohanna Sulaka, l’abate del Monastero di Rabban Hormizd, nel nord dell’Iraq, che, dopo l’unione con Roma nel 1553 fu ucciso al suo ritorno in patria e che quindi viene definito “il primo martire dell’unità” e l’ultimo sacerdote che ha offerto la vita per la sua fede, Padre Ragheed Ghanni che il 3 giugno 2007 fu brutalmente ucciso insieme a tre suddiaconi, Basman Yousef Daoud, Ghasan Bidawid e Wahid Hanna, di fronte alla Chiesa del Santo Spirito di Mosul.
Una chiesa che, nonostante le difficoltà, è ben viva nel presente con i suoi sacerdoti, i suoi monaci, le sue suore, i suoi fedeli in patria ed in diaspora, non solo nel paesi limitrofi all’Iraq ma anche in altri continenti. Negli Stati Uniti dove le diocesi sono due, in Australia sede dell’ultima diocesi creata, ed in Europa dove si contano ben 20 tra chiese e missioni, e dove agli inizi del prossimo marzo verrà consacrata la prima chiesa interamente dedicata al rito caldeo in Germania. Una presenza viva, seppur sofferente, come lo stesso
Pontefice Benedetto XVI ha sottolineato lo scorso novembre in occasione della nomina del Patriarca di Babilonia dei Caldei, Sua Beatitudine Mar Emmanuel III Delly, a primo Cardinale della Chiesa Caldea e dell’Iraq.
Una chiesa per la quale Monsignor Najim ha auspicato un futuro di pace e convivenza in Iraq ed all’estero con tutte le altre confessioni cristiane e le diverse religioni.

Baghdadhope ha chiesto a Monsignor Najim un commento sull’avvenimento.
“E’ stato un momento di letizia, di comunione. Con parole semplici ma piene di calore Don Remigio Bellizio ha sottolineato come la mia stessa presenza in qualità di Procuratore Caldeo presso la Santa Sede fosse segno della profonda unità e comunione della Chiesa Caldea con quella cattolica universale. La bellezza della Chiesa è proprio in questo: la capacità di accogliere ed unire le sue diverse tradizioni ognuna delle quali è portatrice di valori di fede dai quali il Cristiano non può prescindere.
A questo proposito voglio ricordare le parole di Giovanni Paolo II che disse: “Non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone; bisogna avere
due polmoni, cioè quello orientale e quello occidentale”.
L’unità dei cristiani è nostro dovere, ma anche riconoscimento delle nostre radici comuni. Se consideriamo le chiese presenti in Iraq esse sono le chiese di un solo popolo, con la stessa storia, liturgia, sofferenze e progressi. E’ per questa ragione che il dialogo, finalizzato all’unità, è di fondamentale importanza. Così ad esempio è quello tra la Chiesa Caldea e la Chiesa Assira d’Oriente che deve procedere in una forma non solo teologica ma soprattutto costruttiva, per il bene delle nostre popolazioni in patria ed all’estero e perché è proprio nell’unità che risiede la nostra forza."