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7 giugno 2007

Sacerdote Ucciso - Najim, Procuratore caldeo “I cristiani stanno morendo”







Fonte: SIR

"Chiese chiuse, autobomba, conversioni forzate, rapimenti: in Iraq i cristiani stanno morendo, la chiesa sta scomparendo sotto i colpi di persecuzioni, minacce e violenze da parte di estremisti che non danno scelta: o la conversione o la fuga".
E' il grido che si è levato oggi durante la messa in suffragio di padre Ragheed Aziz Ganni, il sacerdote caldeo, ucciso domenica 3 giugno a Mosul, in Iraq, insieme a tre suoi aiutanti diaconi e celebrata da padre Philip Najim, procuratore caldeo presso la Santa Sede. Nella chiesa del Pontificio collegio irlandese, a Roma, dove padre Ganni aveva studiato per diversi anni, piena di studenti, fedeli e religiosi caldei e non, padre Najim ha ricordato come "da tempo la comunità cristiana irachena è soffocata da rapimenti, ricatti e intimidazioni, ormai senza più protezione né da parte del governo né da parte delle forze di coalizione. Gli attacchi su base confessionale avvengono ormai dappertutto e i cristiani sono presi di mira come un capro espiatorio, da sfruttare o da eliminare. Non possono professare la loro fede liberamente, alle donne viene imposto il velo e le croci vengono tolte dalle chiese."
"In questo Iraq" ha proseguito nella sua omelia padre Najim "dove le autobomba si moltiplicano, dove i rapimenti di sacerdoti sono sempre più frequenti, dove i cristiani sono costretti a pagare tasse se vogliono rimanere nelle loro case o nella loro fede pena la confisca da parte dei miliziani, dove continua a mancare l'acqua e l'elettricità, l'unica alternativa è rinunciare alle proprie radici e lasciare la propria patria incrementando quell'ondata migratoria sempre più intensa". Dopo l'embargo "imposto e ingiusto" e quattro anni di “occupazione americana”, ha affermato il procuratore caldeo, resta "solo un Iraq settario e confessionale dove i cristiani non hanno alcun sostegno, dove non esiste un gruppo che si batta per la loro causa, dove sono stati lasciati completamente soli. Questa è una grande ingiustizia storica, politica e umana". Padre Ganni “è martire di questa chiesa caldea oggi sofferente e insanguinata che Papa Benedetto chiama chiesa dei ‘martiri viventi’. Il suo martirio deve essere un'alba nuova per la vita e per la pace futura dell'Iraq. Abbiamo bisogno che la Sede Apostolica incoraggi la chiesa irachena e tutti i cristiani all'unità. Il sacrificio di padre Ganni sia come linfa nuova e vitale per la sua comunità, per la sua chiesa irachena e per tutta la chiesa universale".
Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, il cardinale irlandese Desmond Connell, il Cardinale Bernard Francis Law dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, l'Arcivescovo Mikhail Jamil, Procuratore per il Patriarcato dei Siri di Antiochia presso la Santa Sede e Visitatore Apostolico in Europa, ed il Cardinale Ignace Moussa Daoud, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali che ha dato la benedizione finale. La diplomazia era rappresentata dagli ambasciatori presso la Santa Sede di Iraq - Albert Yelda - Irlanda - Philip McDonagh - Gran Bretagna - Francis Campbell, e da due rappresentanti degli Stati Uniti. Un messaggio di cordoglio è stato inviato dal presidente della Repubblica d'Irlanda Mary McAleese.


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MESSAGE FROM THE PRESIDENT OF IRELAND, MARY McALEESE,
ON THE OCCASION OF THE REQUIEM MASS
FOR FR. RAGHEED GANNI
AT THE PONTIFICAL IRISH COLLEGE, ROME
THURSDAY, 7TH JUNE, 2007



I was in Rome last weekend when the tragic news came through that Fr. Ragheed Ganni, someone I first met in Lough Derg some years ago and a former student of the Irish College had been killed with three of the deacons who worked with him - one of those deacons his cousin.
Fr. Ragheed’s father and mother, and all his family, must suffer great pain at this time. Their loss is all the more terrible for the suddenness and evil manner of his death. May Fr. Ragheed’s dear parents be sustained by their deep faith.
The manner of Fr. Ragheed’s death will be mourned in particular by the people of Iraq — and as his funeral mass in northern Iraq demonstrated - by the people of the whole region. Fr. Rag heed returned to live and minister in the ancient city of Mosul, in the parish of the Holy Spirit, in full consciousness of the risks. There had been a bomb attack on the parish church as recently as Pentecost Sunday. Let us recognise Fr. Ragheed’s sacrifice for what it was. Equally, we should reflect in truth on the sequence of events that has brought so many communities in Iraq to the edge of survival. As we follow the daily tragedies of Iraq, we should pray, as Pope Benedict said, that this ‘costly sacrifice will inspire.. .a renewed resolve to reject the ways of hatred and violence.”
In the middle of the forced exodus to Connaught in the 1 650s, a Gaelic poet (Fear Dorcha O'Mealláin) wrote about the possibility of faith even under dire circumstances of persecution and social dislocation (An Duanaire. He spoke too of God’s oneness:
“People of my heart, stand steady,
don’t make play of your distress.
Moses got what he requested,
religious freedom, even from Pharaoh.

Identical Israel’s God and ours,
One God there was and still remains.
Here or Westward God is one,
One God ever and shall be...”
Fr. Ragheed Ganni’s death challenges us to work for reconciliation between faiths and to create a world where each human life is revered. The process of our own island’s reconciliation that began so promisingly in Belfast a few short weeks ago, may hold out hope for Fr. Ganni’s beloved, but troubled, homeland.
These are days of sorrow for a caring family, for a lacerated country, and for so many others. But Fr. Ragheed lived his life by a commandment to love. In our sorrow we remember, on this feast of Corpus Christi, his sacrifice, his willing sacrifice in service of his faith.
I thank God today for the blessing that has been given us in Fr. Ragheed Ganni.
Ar dheis Dé go raibh a ainm dílis.
Mary McAleese
President of Ireland