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27 marzo 2007

Vivere da cristiani a Bagdad

Fonte: Manfredonia.net

Toccante testimonianza in Cattedrale del Vescovo ausiliare di Bagdad, Shlemon Warduni

di Michele Illiceto

"Grazie per la vostra fratellanza cari fedeli della diocesi di Manfredonia-Vieste-S.Giovanni Rotondo. Conosco il vostro vescovo da più di tre anni il quale sempre si è mostrato attento ai problemi della nostra diocesi”.
Così ha esordito, con un perfetto italiano, il vescovo ausiliare di Bagdad, Shlemon Warduni, rivolgendosi ai fedeli accorsi in Cattedrale per il quaresimale del mercoledì alla presenza dell’Arcivescovo Mons. Domenico D’Ambrosio.

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"L’iraq - ha affermato il vescovo - è una terra di martiri, dove l’80% dei cristiani sono caldei cattolici. Abbiamo un patriarca e venti vescovi. I nostri fratelli però sono dispersi. Forse è giusto dire che stiamo assistendo ad un vero complotto contro i cristiani del Medioriente. E questo sta accadendo proprio laddove è stato fondato il cristianesimo. Infatti, in Iraq, i cristiani sono presenti dal I sec. d.c. la cui comunità è stata fondata da S. Tommaso Apostolo, che ha lasciato S.Efrem come suo successore e pastore. Quindi la chiesa caldea è una delle più antiche chiese cristiane, che per i primi secoli è stata avamposto da cui sono state poi intraprese alcune missioni in India. Con l’avvento dell’Islam poi le cose hanno iniziato a cambiare”. L’Iraq, terra dove si trovano Babilonia e Ninive la città del profeta Giona, è anche la patria delle tre religioni, ebraismo, cristianesimo e islamismo, perché Abramo il nostro comune patriarca era di Ur dei Caldei.
Analizzando la situazione di oggi, il vescovo di Bagdad ha ricordato il dramma degli ultimi avvenimenti. “Da trent’anni - ha continuato - siamo in guerra: prima la guerra con l’Iran, poi la guerra del Golfo, poi ancora la guerra delle sanzioni che ci ha lasciati senza medicine e senza tanti altri beni di prima necessità, e da ultimo la guerra che ha portato alla caduta di Saddam. L’hanno chiamata ‘guerra di liberazione’ ma non so di quale liberazione si tratti, visto che da quattro anni non si riesce a trovare una via di uscita che porti alla pace il nostro paese. Noi vescovi prima della guerra ci siamo opposti a questo intervento e abbiamo scritto uno opuscolo dal titolo ‘Dio non vuole la guerra”.Per quanto riguarda i cristiani, il vescovo ha asserito che vivono in una costante paura, “non si può nemmeno uscire di casa perché ci sono i rapitori e i kamikaze”. Ha raccontato alcuni episodi raccapriccianti come quello del rapimento di sei sacerdoti, picchiati, torturati e poi uccisi. Uno, addirittura l’hanno impiccato ad un albero. Per questo motivo, ora, molti sacerdoti hanno paura perché sanno di rischiare la vita. A Dora, vicino Bagdad c’era un Seminario che ora per motivi di sicurezza è stato spostato e tutti i sacerdoti sono scappati. “Mi chiedo - ha proseguito - se i sacerdoti si scoraggiano, come potranno i fedeli trovare la forza di testimoniare la loro fede? Molte volte rispondo ai miei fedeli che noi siamo nella fase della passione, che dobbiamo attraversare questo momento di croce per gustare e vedere il giorno della resurrezione. Un segnale di questo clima di paura è il fatto che alle messe la gente si è ridotta di 1/3. Ho celebrato la messa di Natale e Capodanno perché la gente mi aspettava, la Chiesa era piena. Ma all’Epifania non ho potuto celebrare perché siamo venuti a sapere che stavano organizzando un sequestro nei confronti della mia persona. Sono aumentati gli orfani e le vedove. Andare al mercato a fare la spesa, cosa per noi del tutto normale, in Iraq diventa rischioso. Si esce di casa senza essere tanto sicuri di poterci fare ritorno. Continuo a domandarmi perchè non si riesce a trovare una via di pace e di dialogo. Noi cristiani siamo per la pace e l’unità. Abbiamo chiesto ai musulmani di lasciarci vivere in pace. E questo perché prima di essere musulmani o cristiani noi siamo iracheni. Purtroppo, c’è da dire che le altre nazioni non ci aiutano perché pensano che sei un ‘cannibale’ per il semplice fatto che tu sei iracheno. Ed è per questo che molti fuggono via dal paese andandosi a consegnare il più delle volte nelle mani degli scafisti e con le barche vengono qui da voi”.Non ha mancato di fare delle denunce molto forti il vescovo ausiliare di Bagdad nel dichiarare che l’Iraq è una nazione ricchissima, tra le più ricche del mondo che può far vivere tutto il Medioriente, e ora invece costringe la sua gente a mendicare. Al nord le case costano moltissimo. “Per quanto riguarda il petrolio c’è da dire che prima della caduta del governo di Saddam, alcuni anni prima della guerra, andava a 25 dollari al barile, ora invece le quotazioni viaggiano tra i 60 e i 65 dollari. Chi ci ha guadagnato? Non certo il popolo iracheno. Inoltre, parlano di giustizia e seminano ingiustizia, parlano di diritti fondamentali dell’uomo e poi li calpestano. Perché una mamma deve avere paura di comprare il pane? Durante la giornata l’elettricità ci è data solo per pochissime ore. Lo sapete che in Iraq non c’è gasolio e si fanno tre ore di fila per fare benzina? Hanno mandato tutto il terrorismo in Iraq perché altri paesi ne fossero risparmiati. Che vengano i capi di Stato e camminino cinque minuti per le strade di Bagdad! Pensate che hanno addirittura lasciato aperti i confini dell’Iraq per quattro anni. Cosa accadrebbe in Italia se lasciassero aperti i confini per pochi giorni?”.Durante il racconto del prelato, i volti dei presenti in Chiesa si sono fatti più pensierosi perché spiazzati da questa incredibile testimonianza, parole, che, come pietre, venivano a scomodare le tranquille coscienze di chi come noi è abituato ad assistere come spettatore al bollettino di morti che ogni giorno i media ci offrono sul piatto delle nostre tavole. Parole che rattristano la nostra sensibilità, ma che tuttavia sono un monito e un appello a fare qualcosa per questa martoriata nazione. Tuttavia, a conclusione del suo racconto, il vescovo di Bagdad ha lanciato un messaggio di speranza “non voglio seminare la disperazione, ma la speranza e l’amore. Io penso che il mondo abbia bisogno di Dio, della santità perchè senza di essa non c'è nè perdono e nè giustizia e senza la giustizia non c'è vera pace. Ma la santità comincia da noi. Vi chiediamo perciò di pregare per l’Iraq perché venga la pace, quella vera che rende fratelli anche chi ha fedi e religioni diverse”.Nelle sue riflessioni conclusive Mons. D’Ambrosio ha ringraziato il gradito ospite per la sua testimonianza e ha annunciato che le offerte raccolte durante la quaresima saranno donate alla Chiesa di Bagdad nella speranza che un nostro piccolo gesto possa contribuire a far scoppiare la pace in Iraq.