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27 gennaio 2007

Porte chiuse per gli iracheni che fuggono dal paese

Fonte: BBC NEWS

24 gennaio 2007
By Jon Leyne

Non siedono nei campi, né vagano nel deserto. In effetti gli occidentali in visita in Giordania potrebbero anche non vederli.
Eppure questo paese ospita circa un milione di iracheni fuggiti dalla violenza nel loro paese. Un altro milione è fuggito in Siria ed un altro grosso numero verso gli altri stati vicini.
Dopo quasi quattro anni di guerra essi sanno che non torneranno presto a casa, e la crisi fino ad ora poco nota sta cominciando a chiedere l’attenzione del mondo.

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Al posto di confine con l’Iraq, nel deserto giordano, si possono vedere arrivare le famiglie irachene. I loro averi sono stipati nelle GMC, le grosse auto americane a dieci posti che attraversano l’Iraq occidentale.
Gli iracheni qui arrivati parlano del sollievo provato dopo essere sfuggiti alla morsa dei soldati americani, degli insorti iracheni e dei molti banditi che ha fatto di questa la strada più pericolosa del mondo. Il ventoso posto di confine, a molti chilometri dalla città più vicina, è per loro un porto sicuro, un rifugio.
Ma la Giordania ora ne fa entrare solo una minima parte rispetto al passato, solo 10/15 macchine al giorno.

Famiglie divise
Un uomo anziano incontrato al confine ed arrivato qui per delle cure mediche è furioso perché al nipote che viaggia con lui è stato negato l’ingresso dal personale giordano.
Quasi tutti gli iracheni con cui si parla possono raccontare storie di quanto sia difficile entrare in Giordania ora rispetto a soli pochi mesi fa. “E’ molto difficile far uscire qualcuno dall’Iraq” ci ha spiegato Lutfi, un medico iracheno che è da poco riuscito a far espatriare suo padre. “Di solito non avevo difficoltà a venire in Giordania, non c’erano problemi, ma sono cambiate molte cose. Alla maggior parte degli iracheni è proibito venire qui a meno che non possano dimostrare di avere motivi di studio o di affari”
Il governo Giordano afferma che non c’è stato nessun cambiamento, ma un portavoce ha affermato che ci sono state delle restrizioni, dovute specialmente a ragioni di sicurezza.

Passaporti preziosi
Kasra Mofarah
lavora in Giordania e coordina le agenzie di aiuto che operano in Iraq. “La maggior parte dei confini dei paesi confinanti con l’Iraq è molto difficile da passare. Ci sono problemi amministrativi, questioni di passaporti, e non sono più i benvenuti” spiega Mofarah che aggiunge: “Anche i paesi occidentali, i paesi ricchi fanno sempre più difficoltà a concedere i visti o a permettere l’ingresso agli iracheni. Sembra che le porte si stiano chiudendo loro in faccia una ad una.”
E’ persino più difficile lasciare la Giordania. La Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno da poco introdotto nuove regole invalidando la maggior parte dei passaporti iracheni.
Persino gli iracheni che erano riusciti ad avere uno dei preziosi nuovi passaporti della serie G potranno considerarsi fortunate se riusciranno ad avere un visto.
Ashraf ha lavorato per una compagnia americana Baghdad ed ha deciso di espatriare dopo essere stato rapito due volte. Ora è bloccato in Giordania: “Ho chiesto il visto per la Gran Bretagna e per gli Stati Uniti ed ambedue i governi hanno più volte rigettato la mia richiesta.” Eppure, aggiunge “essi hanno la responsabilità di aiutare la gente come me che ha lavorato per i soldati o per gli americani.”

“Mandato a morire”
Lina e Nasir
sono due medici iracheni che si sono trasferiti in Gran Bretagna per approfondire le proprie conoscenze nel campo delle sepolture nelle fosse comuni dove sono seppellite le vittime del regime di Saddam Hussein. Dopo essere stati identificati dagli insorti entrambi hanno iniziato a ricevere emails di minacce. Eppure è stato rifiutato loro persino il prolungamento del visto britannico, ed è stato anche detto loro che richiedere l’asilo politico sarebbe inutile. “E’ incredibile” dice Nasir, “se mi rimandano a casa mi mandano a morire. E’ una questione di vita o di morte, in mezzo non c’è nulla.”
Il numero degli iracheni cui è stato concesso lo status di rifugiato o l’asilo politico in Gran Bretagna è diminuito dall’invasione del paese nel 2003. Nel 2005 il governo britannico ha riconosciuto come rifugiati solo 5 (cinque) iracheni, e questo è il più chiaro esempio della poca importanza che il mondo da a questa crisi che invece sta peggiorando.

Scivolando nella povertà

La Giordania è stata più volte lodata per la tolleranza dimostrata garantendo l’accesso a così tanti iracheni, ma Andrew Harper, dell’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, avverte che è una situazione destinata a finire.
“Bisogna chiedersi quanto questa generosità possa durare prima di arrivare al livello di saturazione e prima che i confini vengano chiusi. Una volta chiusi cosa succederà a coloro che vorranno fuggire dall’Iraq?”
In Giordania alla maggior parte degli iracheni non è permesso lavorare, ed ad eccezione di qualche ricco uomo d’affari, essi stanno lentamente scivolando nella povertà, ed a ciò si aggiungono i problemi legati al difficile accesso all’istruzione ed alle cure mediche.
Il dottor Lutfi cerca di aiutare la sua famiglia trasferita qui ma non riesce a guadagnare nulla. Dopo il rifiuto del visto da parte degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Svezia ha deciso che l’unica scelta è quella di tornare in Iraq e cercare lavoro lì.
Un estremo rimedio per una situazione sempre più disperata.

Tradotto ed adattato da Baghdadhope