"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

10 gennaio 2019

Sacerdote caldeo: un nuovo anno di rinascita per Mosul


Se il 2014 è stato “l’anno nero” con la fuga del vescovo, dei sacerdoti, dei fedeli in seguito all’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis), il 2019 che è appena iniziato sarà l’anno “della rinascita, delle sfide, pastorali e sociali, del ritorno dei profughi”. È quanto racconta ad AsiaNews don Paolo Thabit Mekko, responsabile della comunità cristiana a Karamles, nella piana di Ninive, nel nord dell’Iraq, a conclusione delle “gremite e partecipate” celebrazioni di Natale. “Bisogna far rinascere la comunità - spiega il sacerdote - dare un senso alle loro vite, garantire un lavoro e andare oltre le preoccupazioni”. 
Le festività natalizie “si sono svolte con regolarità”, perché “ormai la regione ha raggiunto un certo grado di stabilità” a un anno e mezzo dalla sconfitta (almeno militare) del movimento jihadista. “Sono elementi - aggiunge don Paolo - che infondono ottimismo, mostrano che il momento buio è alle spalle. Le chiese a Karemles, Qaraqosh, in molte zone della piana di Ninive erano addobbate, per certi versi si respirava un’atmosfera ancora più bella del periodo precedente Daesh [acronimo arabo per l’Isis]”. 
“La nascita di Cristo - prosegue il sacerdote caldeo - è un momento di pace, di gioia e l’augurio è che si possa rappresentare un nuovo inizio. Certo, le preoccupazioni restano, ma la nomina di un nuovo vescovo a Mosul [il padre domenicano Najib Mikhael Moussa] proprio in occasione delle feste di Natale rappresenta un elemento di forza, di rinascita pastorale e spirituale”. 
Dopo anni di violenza e terrore, nella metropoli del nord dell’Iraq la vita sta tornando a una lenta normalità. “Avrei voluto celebrare una messa in città - confessa il sacerdote - ma per problemi organizzativi e di tempo non è stato possibile. Troppe celebrazioni, troppe famiglie nella piana di Ninive che attendevano di partecipare alle funzioni. Inoltre, diverse famiglie che sono tornate a vivere di recente in città hanno preferito trascorrere le feste con parenti e amici rimasti nei villaggi”. 
La comunità cristiana vive con attesa e crescente partecipazione la cerimonia di consacrazione del nuovo arcivescovo, in programma il 18 gennaio, cui seguirà una settimana più tardi (il 25) l’insediamento a Mosul. “Il padre domenicano - racconta don Paolo - ha ancora parte del lavoro da concludere, prima di trasferirsi in pianta stabile. In questi anni egli ha contribuito, con la propria opera, a salvaguardare il patrimonio letterario e culturale, cristiano e non, dalla devastazione jihadista dell’Isis”. 
Fra le priorità del prossimo futuro la “sistemazione degli edifici della diocesi, partendo dalle chiese molte delle quali non hanno nemmeno un tetto per ripararle dalla pioggia o una porta per impedire che qualcuno getti l’immondizia al loro interno”. “Sul piano pastorale, si potrebbe cominciare - aggiunge - con alcune messe dal forte valore simbolico, rafforzare le relazioni con le autorità locali, i leader religiosi, i portavoce dei gruppi etnici e della società civile”.
Con il nuovo vescovo, sottolinea don Paolo, si dovrà poi affrontare il tema del lavoro, offrire opportunità di impiego per quanti tornano in città, creare da zero un centro che sia punti di riferimento per i fedeli, pensare a un piano pastorale. Sono passaggi impegnativi, che richiederanno tempo, ma ora bisogna cominciare a raccogliere i frutti di quanto si sta seminando. Dopo la grande fuga del 2014, ora la zona sta tornando a popolarsi e la presenza cristiana è un elemento visibile a Mosul e l’identità cristiana un fattore essenziale per la piana di Ninive.
Anche nei rapporti con i musulmani, la nuova Mosul potrebbe segnare una rottura rispetto al passato. “La città - spiega don Paolo - è stata liberata non solo fisicamente, ma anche sul piano dell’ideologia. Molti di quelli che promuovevano l’oscurantismo sono andati via. Le persone vogliono respirare aria nuova, chiedono dialogo e modernità. Ne è prova il fatto che alle celebrazioni per il capodanno [il sacerdote ha pubblicato alcuni video sulla propria pagina Facebook] hanno partecipato famiglie cristiane e musulmane, che si sono riunite attorno all’albero nella pubblica piazza, un Babbo Natale ha distribuito doni a tutti, trascorso alcune ore in allegria”.