"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

12 maggio 2017

Iraq: giovani cristiani, musulmani e yazidi semi di dialogo nella terra devastata dall’Isis


Per superare la follia omicida dello Stato islamico, che ha insanguinato una terra già martoriata da anni di guerre e violenze, bisogna ripartire “da un progetto di dialogo e incontro a livello locale”. Coinvolgendo, prima di tutto, i bambini e i ragazzi, le nuove generazioni, “alle quali sarà affidato il compito di costruire una convivenza comune” che vada oltre la fede professata. Partendo da queste premesse, p. Samir Youssef, parroco della diocesi di Amadiya (nel Kurdistan irakeno), da tempo in prima fila nell’emergenza profughi, ha promosso un progetto per trasformare “giovani cristiani musulmani e yazidi” in "semi di dialogo” per dare nuova vita a Mosul, alla piana di Ninive, e a tutto l’Iraq.
Parlando con AsiaNews, il sacerdote racconta una iniziativa che è alle fasi iniziali, ma ha già raccolto “la partecipazione entusiasta” di una trentina fra ragazzi e ragazze di tutte le fedi, di età compresa fra i 10 e i 16 anni. “Abbiamo cominciato con un gruppo di circa 30-35 persone - spiega p. Samir - ma per l’estate il desiderio è di aumentare questi gruppi, coinvolgendo anche i giovani delle superiori e gli universitari”. L’obiettivo è di individuare ragazzi “desiderosi di parlare, di comunicare, di testimoniare” che la convivenza è possibile e da qui può nascere “un modello” che può essere applicato in tutto il Paese, e anche oltre. “Abbiamo già iniziato gli incontri - prosegue - anche se per ottenere i primi risultati ci vorrà del tempo. Al momento è stato individuato il primo gruppo, la base sulla quale impostare il lavoro: esso è composto da una decina di cristiani, otto musulmani e sette yazidi. Ci sono anche sabei e turkmeni”.
P. Samir è parroco della diocesi di Zakho e Amadiya (Kurdistan), che cura 3500 famiglie di profughi cristiani, musulmani, yazidi che hanno abbandonato le loro case e le loro terre a Mosul e nella piana di Ninive per sfuggire ai jihadisti. Il sacerdote è in prima linea sin dall’estate del 2014, da quando è iniziata l’emergenza. Con lui e con i vescovi irakeni, AsiaNews ha rilanciato nelle scorse settimane la campagna "Adotta un cristiano di Mosul"  per aiutarli ad avere cherosene, scarpe, vestiti per l’inverno, e sostegno per la scuola ai bambini.
In questa prima fase il gruppo si è già incontrando un paio di volte, per gettare le basi del lavoro per il futuro, che proseguirà per tutta l’estate. “Attraverso questa esperienza - sottolinea p. Samir - questo gruppo può diventare il sale e la luce di questa terra, coinvolgendo tutta la popolazione. Dialogare prima di tutto all’interno delle proprie case, spiegando i temi e gli argomenti trattati durante gli incontri. Un modo per far conoscere alle proprie famiglie le altre religioni, creando una base comune di dialogo. Spesso cose grandi nascono da cose piccole”.
Molte le idee, i progetti che il parroco intende promuovere in occasione degli incontri: dalle testimonianze di bambini “speciali”, che hanno vissuto nelle mani dello Stato islamico (SI), o che hanno perso il padre o la madre per mano dei jihadisti, E ancora, organizzare uno o più campi estivi aperti anche ad altri giovani di tutte le fedi, dove sviluppare ancor più questi elementi di confronto e dialogo. “Vorremmo inoltre - continua p. Samir - proiettare dei film durante gli incontri, che abbiano come tema Dio, le religioni, la spiritualità. Il primo di questi potrebbe essere ‘Una settimana da Dio’ di Jim Carrey, in cui il protagonista pensa di sostituirsi a Dio risolvendo tutto, ma poi scopre i propri limiti. E che serve pazienza per ottenere dei risultati duraturi”.
Con i frutti del lavoro di questo primo gruppo di giovani, che poi si vorrebbe ampliare, l’idea è quella di “dare vita a un sito web che racconti gli incontri, i viaggi, le testimonianze”. Una pagina che, a dispetto dei social troppo spesso veicoli di odio e divisioni, sia un “un luogo virtuale di incontro e confronto, una testimonianza del vivere insieme”. “Bisogna partire dalle nuove generazioni - prosegue il sacerdote - di questo Paese, che è attraversato da quattro grandi fiumi: il Tigri, l’Eufrate, il fiume del petrolio e quello delle grandi religioni. Un fiume di potenza e di vita, che possa portare la pace nel mondo partendo da una terra che, fin dall’antichità, è sempre stata un faro della civilizzazione”. Per portare compimento questo progetto “che parte dalla mia parrocchia”, conclude p. Samir, è necessario guardare “alla testimonianza e agli insegnamenti di papa Francesco, partendo proprio dall’ultimo viaggio apostolico in Egitto. Una visita che è stata seguita con attenzione e che ha fornito una grande testimonianza nel cammino del dialogo e dell’incontro. Per me Francesco è un grande insegnante ed è sempre più apprezzato e seguito anche da famiglie musulmane e yazide. Spesso quando mi vengono a trovare, loro che non sono cristiani, mi chiedono di riferire loro gli ultimi discorsi, le ultime testimonianze del pontefice”.