"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

7 novembre 2016

Don Karam Shamsha. La situazione dei cristiani in Iraq, una testimonianza che ha ”toccato” il cuore

By Patti 24
Nicola Arrigo

"In Occidente avete più sfide del pensiero e della mente; in Medio Oriente la sfida è la scelta tra la vita e Gesù, cioè la vita senza Gesù o la vita con Gesù e senza altro”. 
 Don Karam Shamsha, sacerdote iracheno della fondazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, ha “toccato” il cuore di quanti hanno avuto modo di ascoltare la sua testimonianza – che è poi quella del suo popolo – nei due giorni di permanenza nelle parrocchie “Sacro Cuore di Gesù” e “San Michele Arcangelo”, (Patti -ME) guidate da don Giuseppe Di Martino. Una fede “saggiata” dalla persecuzione, una fede messa costantemente a dura prova “e mantenuta – ha sottolineato don Karam – dalla grazia di Dio che ci ha dato la forza di scegliere”.
"Nell’agosto 2014 – ha raccontato, con l’ausilio di immagini, – siamo stati cacciati dalla nostra terra, nella piana di Nineveh, dall’Isis: case bruciate, chiese distrutte, 5000 famiglie costrette ad andare via, bambini senza scuole, il governo che non ha dato e non dà niente. Scappando, la gente ha portato via prima di tutto un crocifisso o una statuetta della Madonna, a cui ci siamo affidati. La preghiera ci ha dato il coraggio di affrontare la nuova situazione e fatto capire che non siamo soli. Purtroppo, ci sono interessi nel mondo che vogliono cancellare la presenza dei cristiani in quella terra”.
“L’Isis – ha rimarcato il sacerdote iracheno, che da due anni studia, a Roma, Teologia Morale – è, purtroppo, una mentalità. L’altro non esiste, se non si converte non deve vivere”. Poi, una constatazione che suona “molto dura” per l’Occidente, in primis l’Italia: “In Iraq, i ragazzi non sono liberi ma vanno verso la Chiesa; qui in Europa sono liberi ma non vanno verso la Chiesa”.
In uno scenario di morte, di distruzione, privo di certezze, “sono state – ha concluso don Karam – tre le fondamenta per continuare e non arrendersi: la fede, l’unità della famiglia e l’unità con la Chiesa”.
Davvero una testimonianza forte, toccante, di una fede genuina e “vera”, così come quella della piccola Maryam, che, come tutti, ha dovuto lasciare il proprio paese, proposta da don Karam attraverso un video. Un “trattato” spicciolo e semplice di vangelo vissuto, che la porta a dire:  “Io non odio quelli dell’Isis; prego per loro perché si convertano”. “Devo ringraziare le mie due parrocchie – evidenzia il parroco don Giuseppe Di Martinoper la loro generosità a sostegno della Chiesa che soffre. Padre Karam ci ha fatto sperimentare fattivamente cosa significhi una fede vissuta, più forte di tutto. Una fede che dovrebbe rimotivare la nostra, spesso languida e poco convinta”.