"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

11 giugno 2015

In Iraq allarme umanitario senza precedenti


L’Iraq alle prese con una crisi che rischia di essere senza ritorno. Allo scontro tra sciiti e sunniti si è aggiunta l’avanzata del sedicente Stato Islamico. I jihadisti hanno conquistato la città di Mosul, da un anno nelle loro mani, e altre zone nel nord del Paese. Decine di migliaia i civili in fuga dalle violenze; tra questi la minoranza cristiana, spesso privata anche delle sue chiese e dei simboli della fede. Il patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Raphael Sako, si rivolge con un messaggio ai profughi costretti a fuggire dalla loro città, esprimendo vicinanza nella preghiera, insieme con la speranza di un ritorno nella terra dei padri. In questa situazione molte Ong parlano di tragedia umanitaria senza precedenti. Giancarlo La Vella ha sentito Marta Petrosillo, portavoce di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS):
 Sì, è davvero un dramma quello vissuto ad un anno dalla presa di Mosul. Sono oltre due milioni gli sfollati interni. Tra loro, ovviamente, le minoranze religiose sono sempre quelle più vulnerabili: sono oltre 120 mila i cristiani, che sono fuggiti prima da Mosul e poi dalla Piana di Ninive. Ora la maggior parte di loro si trova nel Kurdistan iracheno grazie agli aiuti forniti anche dalla nostra fondazione. I cristiani ora godono tutti di un alloggio più o meno dignitoso, per quanto sia possibile, ma purtroppo dopo un anno i cristiani e anche le altre minoranze, ricordiamo anche la minoranza yazida, versano in condizioni difficili. Non sanno ancora quale futuro li attenda.
In Iraq, come del resto anche in Siria, si è innescata poi una guerra nella guerra con l’entrata in campo dello Stato Islamico, che ha cominciato a colpire anche i cristiani…
Sì, proprio ieri ho parlato con un sacerdote della diocesi siro-cattolica di Mosul e lui mi ha detto: “Per noi è un’ulteriore ferita a un cuore già trafitto”. Lo Stato Islamico ha voluto cambiare, ad esempio, la Chiesa siro-ortodossa di Sant’Efrem, a Mosul, in moschea proprio per festeggiare il tragico anniversario della presa della città. E questo per i cristiani è un ulteriore dolore, un’ulteriore umiliazione. Tantissimi i testi sacri che sono stati distrutti e per la comunità cristiana questa è un’ulteriore ferita.