"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

19 febbraio 2015

Erbil, in un tendone la forza di ricominciare

Luca Geronico

È un sole pallido, non scalda ancora, ma nel primo pomeriggio nei due tendoni ad Ashti, filtra pure un po’ di luce: è una delle sei tensostrutture che Unicef a fine gennaio ha affidato al team della Focsiv. Tutto attorno, finanziato dalla Chiesa locale, sta nascendo un villaggio di container. Sono nove metri per tre: 27 metri quadrati in tutto. Un sogno per chi sinora aveva una tenda nel giardino di una parrocchia ad Ankawa, il sobborgo cristiano di Erbil, o aveva rimediato una baracca in qualche cantiere dismesso.

Alla fine, nel giro di un paio di mesi, saranno mille i container montati: numeri importanti, decisioni non facili. Qualcuno teme che in futuro – nessuno può dire lungo quanto – potrebbe trasformarsi in un ghetto, ma adesso per molti è un sogno: significa semplicemente ricominciare.

Così i due tendoni azzurri da sei metri per dodici, montati in uno spiazzo centrale, al primo appello di padre Jalal Jako, si sono riempiti di donne: scrivere assieme al direttore del campo le regole, discutere le priorità, elencare urgenze e avere una piazza in cui incontrarsi. Presto si eleggerà un comitato, per indicare un volto noto anche agli ultimi arrivati, e vigilare fino all’ultimo vialetto dietro i container.

Altri due tendoni sono stati montati a Kaznazan per lavorare con il Jesuirt Refugee Service, a 20 chilometri da Erbil, nel villaggio di Ozal: un enorme cantiere di 5.000 case in costruzione, interrotto un anno fa, e riadattato per circa 10mila famiglie: una per stanza senza intonaco e piastrelle. Un nuovo tendone è stato montato nel cortile della scuola “Ashtar”. Un segno concreto di una collaborazione sottolineata dalle visite costanti di funzionari Unicef nei pomerigi di ricreazione: il team Focsiv si è ormai affermato come lo specialista nell’animazione per i ragazzi, intervento ormai ritenuto essenziale. Dai magazzini delle Nazioni Unite sono arrivati pure palloni e set di giochi, assieme a teloni da usare come pavimento e oggetti per la ricreazione dei bambini. E con questo un finanziamento dell’Unicef di 20mila euro che si aggiunge ai 266mila raccolti in Italia dalla sottoscrizione «Emergenza Kurdistan: non lasciamoli soli» promossa in collaborazione con Avvenire.
Una collaborazione scandita da un calendario settimanale con interventi che, in quattro o cinque pomeriggi alla settimana in posti diversi, raggruppa complessivamente in un mese più di 1.500 bambini al mese dai 4 ai 12 anni. La proiezione di un film, ormai, è divenuta parte integrante del programma di ricreazione, assieme ai balli e ai canti iniziati già a fine settembre. Sta pure per ricominciare, in collaborazione con il Jesuit refugee service, il torneo di calcio per i ragazzi più grandi in un campo da calcetto che Focsiv affitta per l’occasione. La scorsa settimana cinque animatori del team ha iniziato un primo corso di formazione con una psicologa locale.
Intanto, mentre durante il giorno pare tornare un certo tepore, continua la distribuzione di latte in polvere, pannolini e calze: alla fine dell’anno erano dieci i punti di raccolta raggiunti e inseriti nel programma di distribuzione, ma il nuovo anno ha aggiunto alla lista altre comunità che finora nessun tipo di assistenza o autorità aveva raggiunto. «La scorsa settimana – spiega Terry Dutto, direttore del progetto Emergenza Kurdistan – abbiamo distribuito oltre 50 pacchi di pannolini e latte in polvere per i bambini, pannolini per le donne, 6 calze per nucleo familiare, un fornello a gas a tre fuochi a famiglie provenienti dalla Siria tra cui molte da Kobane». La scoperta di questa comunità, a Erbil, è avvenuta durante un trasferimento dietro un muro della strada a sei corsie "100 metri": un gruppo di famiglie fuggita da Kobane viveva in baracche nascoste sotto i teli. Altri 40 pacchi sono stati consegnati ad una nuova comunità di yazidi, pure questa scoperta recentemente mentre, attraverso un donatore, sono stati assicurati abiti per neonati e 40 kit sanitari a dieci yazide incinte. Gli ultimissimi, appena contattati, sono armeni ortodossi per i quali si sta organizzando una distribuzione di pannolini e la consegna di una piccola somma per le prime necessità a ciascuna delle circa 60 famiglie: sono accampate nelle aree delle minuscola comunità armena che vive ad Erbil dagli anni 80.
La primavera è come una luce in fondo al tunnel, ma mentre si intravede la fine del freddo, è sempre più evidente il logoramento psicologico soprattutto dei bambini: «Sempre più aggressivi nei comportamenti, con la perdita pesante dell’attenzione».

Sono le donne che nei campi riescono a gestire ancora la quotidianità. Aspettando la primavera: ma tra marzo e aprile, dopo quella a Kirkuk, si teme una nuova offensiva a Tikrit e verso Dohuk, il distretto con più campi di tutto l’Iraq. Corrono anche voci di una reazione imponente delle forze curde e irachene. Filtra nel tendone, ma è ancora poca luce.