"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

20 novembre 2014

L'appello dei cristiani in Iraq: "Europei svegliatevi"

By Il Giornale
Fausto Biloslavo

VIDEO: I RIFUGIATI CRISTIANI DIMENTICATI
VIDEO: LA BAMBINA RAPITA DAL CALIFFO

I rifugiati che si trovano a Erbil: "Qui stiamo morendo. Aprite le porte e concedeteci i visti per emigrare da questo Paese orribile". La stragrande maggioranza dei 120mila cristiani fuggiti nel Kurdistan iracheno vuole andarsene 

“Europei svegliatevi! - esorta Douglas Bazi, prete in trincea - I vostri fratelli cristiani in Iraq stanno morendo. Aprite le porte e concedete alla mia gente i visti per emigrare e andarsene da questo Paese orribile”.
La stragrande maggioranza dei 120mila cristiani rifugiati nel Kurdistan iracheno vogliono andarsene dall’inferno che si sono lasciati alle spalle con l’avanzata dello Stato islamico, che li ha cacciati dalle loro case a Mosul e nella piana di Ninive.
La chiesa caldea di Sant’Elia si trova ad Ainkawa, il sobborgo cristiano di Erbil, la capitale della regione autonoma dei curdi, dove si è riversata una fiumana di profughi cristiani. Nell’ampio giardino, in mezzo alle case, padre Bazi organizza come può la tendopoli, che ospita 522 anime. Hana Petros è scappata da Karakosh, a piedi, in mezzo ai combattimenti fra i peshmerga curdi ed i tagliagole dello Stato islamico. Ci fa vedere la tenda dove vivono in sette, compresi i bambini che dormono sui letti a castello. “Vorrei tanto tornare a casa nostra, ma se non sarà possibile accoglieteci voi - sussurra a denti stretti con un piccolo crocefisso di legno in mano - In Iraq, per noi cristiani, non c’è speranza”.
I nostri fratelli in fuga vivono come bestie nel centro commerciale in costruzione di Ainkawa dove gli “alloggi” sono dei loculi con teloni azzurri al posto del soffitto. Il girone dantesco assomiglia molto ai miseri campi per i profughi istriani, che fuggivano dalle foibe di Tito alla fine della seconda guerra mondiale.
Nel centro commerciale sono stipati 1650 rifugiati.
Nel loculo A 203, quattro metri per quattro, sopravvive la famiglia di Cristina Khader Ebada, una bimba di tre anni. Il padre, cieco, si fa il segno della croce quando entriamo. La madre Aida è disperata: “Sono arrivati a Karakosh urlando Allah o Akbar e che i cristiani dovevano andarsene. Il 22 agosto ci hanno caricato su degli autobus. Prima siamo stati derubati e poi un uomo vestito di nero, lo sguardo da diavolo ed i capelli bianchi, si è preso la mia bambina, senza spiegazioni. Non l’ho più vista e non so dove sia”.
La chiesa di San Giuseppe è il quartier generale del vescovo caldeo di Mosul, Amil Nuna, costretto alla fuga con i suoi fedeli.
“L’Occidente ci ha dimenticato - denuncia il prelato, che parla italiano - Abbiamo bisogno di case per l’inverno, ma il progetto di 5mila abitazioni presentato all’Unione europea è rimasto lettera morta”.