"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

22 luglio 2014

L'ISIS è peggio dei Mongoli che rasero al suolo Baghdad

L'assedio di Baghdad da parte dei soldati di Hulagu Khan

By Baghdadhope*

Domenica scorsa il Patriarca della chiesa caldea, Mar Louis Raphael I Sako, ha celebrato la Santa Messa nella chiesa di San Giorgio a Baghdad dove è stato raggiunto da un gruppo di uomini e donne musulmane che hanno voluto così testimoniare la loro solidarietà agli iracheni cristiani soggetti a persecuzioni nella zona di Mosul dove a governare è lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL) che li ha praticamente cacciati dalla città.
Secondo quanto riportato dalla Reuters uno dei commenti del Patriarca agli avvenimenti di Mosul è stato: “Una cosa mai successa nella storia cristiana o islamica. Persino Gengis Khan o Hulagu non erano arrivati a tanto.”
A cosa si riferiva Mar Sako? Le figure di Gengis Khan e Hulagu non sono note in Occidente quanto lo sono in Asia, ed il riferimento è probabile fosse all’assedio di Baghdad segnò la fine del califfato abbaside che aveva fondato e regnato sulla città dall’VIII secolo.
Nella sua marcia verso ovest il condottiero mongolo Hulagu Khan assediò Baghdad nel 1258 e la distrusse completamente. Ecco come descrive l’arrivo dei mongoli nella capitale abbaside lo storico persiano del XIV secolo 'Abdallah ibn Faḍlallah Sharaf al-Din Shīrāzī: 
"Sono piombati sulla città come falchi affamati che attaccano un volo di colombe, o come lupi feroci che attaccano le pecore, con redini sciolte e visi sfrontati, uccidendo e seminando il terrore ... letti e cuscini d’oro e decorati di gioielli  furono fatti a pezzi con i coltelli e ridotti a brandelli. Coloro che si erano nascosti dietro i veli del grande Harem furono trascinati…. per strade e vicoli come fossero giocattoli…. la popolazione morì per mano degli invasori.”*
La distruzione della città fu totale, a migliaia morirono e pochi poterono raccontarne gli orrori. Tra essi, secondo il giornalista americano Ian Frazier, i cristiani. Hulagu, afferma Frazier, era stato educato da un sacerdote cristiano nestoriano, Sorkhakhtani, nestoriana era sua madre ed anche la sua prima moglie Dokuz-khatun, discendente da uno dei Magi che avevano reso omaggio a Gesù nella mangiatoia, che lo aveva convinto ad essere clemente verso i cristiani che avrebbe incontrato nelle terre da lui conquistate. Per queste ragioni nei giorni della presa di Baghdad Hulagu disse ai cristiani di rifugiarsi in una chiesa che dichiarò interdetta ai suoi stessi soldati. 
Se fosse vero che i cristiani di Baghdad furono risparmiati da Hulagu vorrebbe dire davvero, come ha detto Mar Sako, che il “condottiero” dell’ISIL, il “califfo” Abu Bakr al Baghdadi, è peggio, molto peggio del suo omologo mongolo.
Anche i cristiani di Mosul non sono stati uccisi dall’ISIL, è vero, o almeno non ancora, ma certo è che lo sono stati in senso figurato, perché si uccide una persona quando la si priva di tutto, dei beni, di un tetto, persino dell’acqua, quando le si toglie il passato recidendo le sue radici, quando la si terrorizza e la si fa sentire impotente ed indifesa, quando la si caccia nel deserto e le si dice: “Vai, cammina e non tornare”.
Da anni ormai gli iracheni cristiani subiscono questa sorte, ed i crimini dell’ISIL sono solo gli ultimi di cui sono stati vittime. Pensando al loro recente passato non si può fare a meno, infatti, di pensare nuovamente ad Hulagu perché egli non si limitò ad uccidere, ma distrusse la cultura che da secoli aveva trovato in Baghdad uno dei suoi massimi centri. I preziosissimi testi conservati nella Casa della Conoscenza (in arabo Bayt al Hikma) fondata nell’VIII secolo dal califfo Harun Al Rashid, e che già il secolo dopo era la biblioteca più fornita del mondo, furono gettati nel Tigri dai soldati di Hulagu.
Molto si narra di quel delitto: che i libri nel fiume fossero così tanti che un uomo a cavallo avrebbe potuto attraversarlo passandoci sopra, che le acque del Tigri si annerirono per l’inchiostro che vi si era sciolto, o che lo diventarono dopo essere diventate rosse per il sangue degli intellettuali che i soldati di Hulagu avevano ucciso e gettato in acqua.
Questa è la sorte che i despoti prevedono sempre per gli intellettuali, e questa è infatti la sorte degli iracheni cristiani che a migliaia sono passati da essere l’intellighenzia del paese ad un popolo di profughi in patria ed all’estero.            
Comunque le si consideri le parole di Mar Sako appaiono come un paragone storico purtroppo veritiero, segno di un’escalation di cui gli iracheni cristiani sono prigionieri da anni, soli nell’essere, con le altre minoranze etniche e religiose irachene, vittime deboli, indifese e dimenticate : le guerre, il regime, la “liberazione” americana, la guerra civile, l’ISIL.
Arrivare a paragonare, addirittura in positivo, le azioni di Hulagu Khan a quelle dell’ISIL è segno però della gravità del momento. Già in passato migliaia di cristiani avevano dovuto fuggire, ad esempio dal quartiere di Dora, a Baghdad, che per la loro alta concentrazione era soprannominato il “Vaticano d’Iraq” ma mai una intera città era stata svuotata completamente della sua componente cristiana. 

* Cited in The Mongols by David Morgan, Blackwell, 2007. Trad. it. di Baghdadhope