"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

20 dicembre 2012

Presidente e nuovo Patriarca: timori e speranze, nel Natale dei cristiani irakeni


La Chiesa irakena si avvicina al Natale fra timori di possibili violenze, ansia per le condizioni di salute del presidente Jalal Talabani e la speranza per un futuro di pace in una nazione ancora oggi sconvolta da tensioni, attentati e guerre di potere. Il capo di Stato oggi è stato trasferito in Germania per nuove cure, dopo l'inctus che lo ha colpito il 17 dicembre scorso. Ad alimentare la situazione di incertezza le dimissioni - accolte ieri da Benedetto XVI - del cardinale Emmanuel Delly dall'ufficio di Patriarca di Babilonia dei Caldei, la comunità più popolosa e rappresentativa in Iraq. Al successore, eletto nel sinodo dei vescovi convocato dal papa a Roma per fine gennaio 2013, il compito di condurre una Chiesa segnata da divisioni e paure, ridando fiducia a una comunità più che dimezzata dall'invasione statunitense del 2003, che ha portato alla caduta di Saddam Hussein.
Mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, spiega ad AsiaNews che "i cristiani irakeni sono preparati" alle difficolta, che "sono costretti a subire da anni". Il prelato auspica che il Natale alle porte sia occasione "per avverare quanto hanno detto gli angeli: pace in terra". Pace e sicurezza in Iraq, aggiunge, sono infatti l'augurio più sentito e sincero fra i cristiani, con l'auspicio che siano estesi "al Medio oriente in generale e a tutto il mondo".
Le chiese della capitale, continua mons. Warduni, "stanno allestendo presepi, alberi di Natale" e i sacerdoti preparano la messa, che "non si terrà a mezzanotte, ma alle 7 di sera per facilitare la presenza dei fedeli e garantire maggiore sicurezza". Per quanto concerne la situazione politica, il prelato conferma che "persistono divisioni fra nord, centro e sud, acuite dalla malattia del presidente", ma "noi tutti speriamo che le cose andranno meglio". Infine un accenno al nuovo, futuro leader della Chiesa caldea irakena: "Vogliamo un Patriarca - conclude mons. Warduni - che faccia la volontà di Dio per il bene della sua Chiesa. Tutti dovremo collaborare con lui, all'insegna dell'unità e dell'amore di Dio, rafforzando gli elementi di cooperazione e dialogo".
Sul futuro dell'Iraq e le responsabilità del nuovo Patriarca interviene anche mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, nel nord, secondo cui sarà fondamentale la scelta di "un buon pastore, che lavora per l'unità dei cristiani". Il nuovo leader, aggiunge, dovrà "guardare anche alle riforme pastorali, liturgiche, mettere mano alla struttura delle diocesi, soprattutto quelle piccole". Egli sarà chiamato a fornire segnali di "rinnovamento a tutti i livelli, anche per ciò che concerne la formazione dei seminaristi, i laici, i religiosi, la spiritualità". A livello nazionale, continua il prelato, deve giocare "un ruolo positivo nella riconciliazione" e dar vita anche a una "curia patriarcale: un lavoro che fa paura, per questo servirà qualcuno che viene dal cielo".
Mons. Sako si augura infine che i fedeli possano vivere un Natale di "fiducia e di speranza" nel futuro, nonostante le tensioni e le incertezze che contraddistinguono la realtà odierna, "Preghiamo per il Paese - conclude - perché gli irakeni possano vivere assieme senza violenze, paura. La nazione deve svilupparsi e non può più permettersi di perdere nuove occasioni".