"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

15 maggio 2012

Mons. Lingua (Nunzio Apostolico in Iraq): "Unità nell'amore e nel rispetto"

By Baghdadhope*

Il Nunzio Apostolico in Giordania ed Iraq, Mons. Giorgio Lingua, ha compiuto agli inizi di maggio un viaggio nel nord dell'Iraq che lo ha portato dapprima nella città di Mosul dove, accompagnato dall'Arcivescovo caldeo della città, Mons. Emil Shimoun Nona, ha incontrato il vescovo siro ortodosso della città, Mor Nicodemus Dawood Sharaf ed il vescovo emerito, ora consigliere patriarcale, Mor Gregorious Saliba Shamoun. Incontro che si è concluso con una preghiera ecumenica nella cattedrale dedicata a Sant'Efrem il Siro. Sempre a Mosul Mons. Lingua ha visitato la cattedrale caldea di Santa Meskinta, il monastero dei monaci caldei, varie comunità religiose, ed il vecchio seminario patriarcale di San Pietro per finire con un incontro pubblico nella chiesa di San Paolo gremita di fedeli.
Da Mosul Mons. Lingua ha raggiunto Telkeif, un piccolo villaggio di lunga tradizione cristiana dove ha visitato la chiesa di Mart Shmona che appartiene alla chiesa Assira dell'Est, chiesa autocefala non cattolica che in Iraq ha molti fedeli, inferiori comunque a quelli che vivono in diaspora, ed ha presenziato all'inaugurazione del centro liturgico delle suore caldee Figlie del Sacro Cuore.
Ad Erbil Mons. Lingua ha invece pronunciato l'omelia durante la Santa Messa celebrata dal vescovo caldeo Mons. Bashar M. Warda dedicata alla ricorrenza dei sette anni di pontificato di Benedetto XVI la cui vita è stata ricordata attraverso una presentazione multimediale preparata da Padre Rayan P. Atto. Ad Ankawa il Nunzio Apostolico ha trascorso una giornata nel seminario caldeo di San Pietro ed infine ad Alqosh ha incontrato un gruppo di sacerdoti caldei.

 

UNITA' NELL'AMORE E NEL RISPETTO
Il breve viaggio di Mons. Lingua nel nord dell’Iraq oltre che a rimarcare l’importanza della celebrazione del VII anno di pontificato di Papa Benedetto XVI a testimonianza del sempre forte legame della chiesa irachena con il soglio pontificio è servito a sottolineare l’importanza dell’unità per i cristiani.
Non solo Mons. Lingua ha visitato chiese cattoliche e non cattoliche quanto ha fatto dell’unità il tema centrale sia dell’omelia da lui pronunciata durante la celebrazione in onore del Papa tenutasi ad Erbil, sia nell’incontro da lui avuto con i sacerdoti caldei nel convento dei Redentoristi ad Al Qosh.
La posizione di Mons. Lingua sul tema è schietta: i cristiani sono “purtroppo” divisi e ciò "dà una testimonianza negativa” perché la preghiera di Gesù fu che “che tutti siano uno, perché il mondo creda”. (Gv 17,21)
Ricordando le diverse tradizioni cristiane che da sempre compongono il mosaico iracheno Mons. Lingua ha ricordato come non sia tale diversità a creare la divisione che invece significa ricchezza, quanto piuttosto “la critica, l’invidia, il sospetto” che devono essere superati dall’amore e dalla stima reciproci.
La chiesa in Iraq potrà “rifiorire” se tutti i suoi figli si ameranno l’un l’altro “come Cristo ci ha amati” e se con “coraggio” metteranno da parte le divisioni che altro non sono che prova di “debolezza”.
Ancora più puntuale è il richiamo all’unità nel discorso ai sacerdoti caldei ai quali, ricordando “ l’alta missione e la grande responsabilità” data loro dalla Chiesa nell’essere “chiamati e consacrati per rappresentare Cristo su questa terra” il Nunzio rammenta come il sacerdozio non significhi potere ma servizio. L’essere sacerdoti è per i cristiani un privilegio, un dono, perché ognuno grazie al Battesimo è chiamato a vivere come Cristo, ma solo alcuni sono scelti dalla Chiesa per continuare la Sua opera nel “dispensare i sacramenti della salvezza.”
Tale dono però vuol dire anche sacrificio. Il sacerdote deve essere capace di gioire anche nella sofferenza ricordando, ogni volta che si propone, come essa nasconda Cristo, e che quindi “ogni volta che ci lamentiamo di quanto dobbiamo sopportare, noi ci lamentiamo di Lui”.
Il sacerdote, “uomo della gioia”, inoltre, “perché scelto a portare Dio agli uomini e gli uomini a Dio” deve essere a “tutti i livelli” “strumento di unità e comunione”, e per farlo deve seguire delle linee guida.
Deve per prima cosa riconciliarsi con il proprio vescovo, una riconciliazione che Mons. Lingua non esita a definire “difficile", addirittura “eroica” ma che visto che essere sacerdoti “significa essere pronti a dare la vita” e che prima di tutto occorre saperla dare “per i propri vescovi” non dovrebbe pesare più di tanto visto che “se uno è pronto a dare la vita deve essere disposto anche a dare tutto quello che è meno della vita!”
Riconciliazione con i vescovi quindi ma anche con i propri confratelli per essere “modelli del gregge” e sacerdote come strumento di riconciliazione nella comunità in tutte le sue componenti: famiglia, parrocchia, società, mondo.
La figura del sacerdote “riconciliatore” è insomma per Mons. Lingua “necessaria oggi in Iraq” per la “ricostruzione morale” del paese.
Il processo riconciliatorio però non riguarda solo i rapporti tra sacerdoti e società civile e gerarchie ecclesiastiche ma anche, soprattutto nel mosaico cristiano iracheno, valore ecumenico e di “comunione all’interno della Chiesa Cattolica.”
Ricordando il messaggio conclusivo dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente tenutasi a Roma nel 2010 Mons. Lingua cita le parole dei Padri Sinodali che hanno parlato di una “stessa strada” da percorrere con le Chiese Ortodosse e le Comunità evangeliche “per il bene dei cristiani” e specifica come “malgrado le diversità delle nostre chiese” solo con l’unità si può “compiere la missione che Dio ha affidato a tutti”.
Certo, spiega Mons. Lingua, “la strada è ancora lunga davanti a noi” ma bisogna fare attenzione a non prendere scorciatoie non rispettose delle proprie identità perché sebbene il non poter condividere la comunione come “culmine della celebrazione” con i “fratelli ortodossi” sia una “sofferenza” è necessario “evitare il falso irenismo e la noncuranza per le norme della Chiesa” (Enciclica Ut Unum Sint). La divisione, è vero, fa soffrire ma “se amata e rispettata porterà i suoi frutti.”
Se ciò vale per i rapporti tra le chiese sorelle ma diverse vale anche per la “varietà dei riti all’interno della Chiesa Cattolica.” Mescolare riti diversi come alcuni sacerdoti fanno in Iraq “non è utile né per salvaguardare la propria identità né per crescere nella comunione” che ha bisogno di “amore reciproco attraverso il rispetto dell’altro nella sua diversità” perché, ancora una volta Mons. Lingua lo sottolinea, “diversità è ricchezza, divisione è povertà.”
Amore e rispetto per l’unità quindi ma nella preservazione della propria identità. Un richiamo forte quello di Mons. Lingua ai sacerdoti che vivono in Iraq “una sfida entusiasmante ed avvincente” ma che non devono dimenticare la scelta operata di dare la propria vita per “il Signore e per i fratelli” ed anzi devono rinnovarla ogni giorno.

Baghdadhope pubblica il testo (Italiano, Inglese ed Arabo) dell'omelia pronunciata da Mons. Lingua durante la celebrazione del VII anno di pontificato di Benedetto XVI (clicca qui) e del suo discorso ai sacerdoti caldei riuniti ad Alqosh (Italiano ed Arabo) (clicca qui)